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Sanità | 08 marzo 2019, 15:00

90 anni e 36 ore su una barella al Pronto soccorso. 26 le persone in attesa di ricovero

Nonostante la validità e disponibilità del personale, impossibile far fronte a tutte le richieste. Asti è l'unico ospedale della provincia, mancano i letti, non si può ricoverare

Affollamento al Pronto soccorso

Affollamento al Pronto soccorso

 

REPORTAGE DI UNA DUE GIORNI DI "PAURA"

Un lunedì qualunque le 10.50 del mattino. Il signor A., 90 anni suonati arriva al Pronto soccorso in codice viola (urgenza). Una polmonite e un’anemia rischiano di minare seriamente la sua vita di cardiopatico tutto sommato “in gamba”. Il  medico di base, in modo illuminato, ha cercato di curarlo a domicilio, attivando le pratiche dell’assistenza domiciliare, ma la saturazione è davvero problematica e allora a malincuore lo invia in Pronto.

Codice viola recita la scheda, e in più, data l’età, codice argento, una buona possibilità data ai pazienti over 75 di poter avere una “corsia preferenziale”.

Alle 14 in realtà non è ancora stato visto, ma almeno ha l’ossigeno già messo in ambulanza. È su una barella appoggiata al muro, e davanti due o tre lettighe in ordine sparso che non permettono neppure di avvicinarsi, i suoi piedi sono a ridosso di un’altra barella quasi sulla testa di una persona che dorme.

Impossibile per un parente entrare per dare un supporto, neppure per pochi minuti. Eppure poter stare vicino ad una persona anziana, debilitata e disorientata, potrebbe aiutare il personale ridotto all’osso e impegnatissimo. Ci sono delle regole, sacrosante se si pensa che a volte si presentano orde di persone pretendendo di entrare. La regola però si interrompe, dato che all’una scatta l’orario visita che vede una folla di 50/60 persone catapultarsi all’interno. Tutte insieme.

Il caos diventa emergenza: personale costretto a slalom incredibili, gente sola che urla la propria disperazione e che non riesce ad avere neppure un goccio d’acqua, aria irrespirabile. Rumore, sconforto, urla.

Davvero operatori, infermieri, medici, lavorano con abnegazione senza sosta, gli oss rispondono alle richieste con gentilezza e professionalità. Ma è impossibile dar retta a tutta questa umanità così variegata. Non c’è posto, il personale è poco, nei reparti non ci sono letti a sufficienza.

Il problema è che lavoriamo in condizioni disumane – si sfoga un infermiere – noi ci mettiamo la faccia e le persone giustamente se la prendono con noi. Rischiamo denunce ogni giorno, botte e (abbassa la voce) a volte si rischia di sottovalutare la gravità di alcune patologie, c’è bisogno di serenità e non c’è”.

La dignità non esiste – sussurra e si sfoga un altro operatore – qui le persone la perdono. Non c’è privacy, le tende non bastano con tutte queste persone. Non c’è la possibilità di appoggiare le proprie cose. Ci sono persone che arrivano con gravissimi problemi e altri che invece arrivano perché vogliono fare gli esami gratis. Certi medici di famiglia poi li mandano con troppa facilità, ma noi abbiamo il dovere di seguire tutti”.

Una dottoressa racconta un episodio che ha del surreale. “Una signora anziana è già venuta un paio di volte lamentando dolore toracico. La seconda volta mentre andava via, candidamente ha ammesso che ‘sa perfettamente che se lamenta dolori al petto, le saranno fatti tutti gli esami con scrupolo’. Creda in casi come questo siamo presi totalmente dallo sconforto. Magari sottovalutiamo qualcuno che avrebbe bisogno di un intervento urgente proprio perché abbiamo perso tempo con chi non ne aveva bisogno”.

Nel frattempo A. continua la sua permanenza sulla barella e dicono che per due giorni non si libererà un letto. Ha 26 persone davanti in attesa di ricovero! Per “fortuna” a fianco c’è un arzillo 80enne, tornato dal volontariato in Africa. Lo tiene allegro con il racconto delle sue 17 pastiglie al giorno, lui è lì dal giorno prima d’altronde.Conosce bene il disagio.

Poco più in là un’adorabile vecchina, sola da due giorni, scalza, con i piedi nudi penzoloni, chiama, inascoltata, tutti i santi del calendario, chiudendo con un ironico (o disperato) “Ultima chiamata”.

Dopo 36 ore di delirio totale, per A. provato e in totale confusione, si spalancano le porte della Geriatria. Il paradiso. Davvero.

ACCESSI AL PRONTO SOCCORSO NEL 2018

Sono stati quasi 60.000 gli accessi al Pronto soccorso nel 2018 di cui poco più di 15.000 in ginecologia e 8774 al Punto di primo intervento a Nizza Monferrato

ECCELLENZA NELLA SANITÁ

Questi effetti disastrosi nei Pronto soccorso degli ospedali piemontesi, vanno sicuramente (e va ribadito con forza) aldilà dell’estrema professionalità di medici e operatori, preparati, disponibili, che spesso non badano a orari. Il dito non è puntato contro la sanità (non per niente la nostra regione ha avuto stime lusinghiere dal Ministero), ma contro i tagli (di risorse e di personale) a volte necessari, a volte indiscriminati.

Mancano i letti, mancano davvero, manca personale. Recentemente il Piemonte è risultato al primo posto come “benchmark” davanti a Umbria, Emilia Romagna, Marche e Veneto. Tre di queste Regioni saranno selezionate per fare da riferimento per “i costi standard” da utilizzare nel riparto del Fondo sanitario 2019. L’efficientissima Lombardia è classificata al sesto posto!

Asti però è l’unico ospedale della provincia. Una provincia che conta quasi 300.000 persone, il rischio è che si tramuti in un imbuto e si ingolfi. Da 560 posti circa si è passati a soli 486 posti letto; negli ultimi due anni si è istituita anche la figura del (della in questo caso) “bed manager”(la figura interna all’assetto organizzativo degli ospedali nata per garantire l’appropriatezza dei ricoveri).

Il Pronto soccorso dovrebbe essere il biglietto da visita delle nostre strutture, ed è impensabile vedere barelle ammucchiate o “a lisca di pesce”, inammissibile che non ci sia privacy, che non ci siano più sedie a rotelle o sedie per un parente, inammissibile non poter posare una borsa o una bottiglia. Inammissibile che non si possa curare chi ha bisogno davvero.

Il Commissario straordinario della Asl, Giovanni Messori Ioli, medico e fortemente sensibile alle problematiche replica “Occorrerebbe sempre rivolgersi in prima battuta al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta o alla Guardia medica, se poi non si ricevono risposte adeguate, rivolgersi al Pronto soccorso che nasce proprio come emergenza ed è anche un ambiente dove è facile prendere delle infezioni. Gli ospedali rischiano di essere luoghi ‘pericolosi’ e vanno frequentati da chi ne ha davvero bisogno. Il medico di famiglia deve essere il professionista che dà le prime risposte e può anche attivare l’assistenza domiciliare”.

Non si possono affollare i Pronto soccorso per sintomi che possono e devono essere vagliati dal medico di medicina generale, non si deve pensare che “se vado al pronto mi fanno gli esami gratis”. Si deve anche sapere che c’è un’assistenza domiciliare integrata (ADI) che, concordata appunto con il medico di famiglia, funziona molto bene.

L’OSPEDALE CARDINAL MASSAIA

Battezzato il 22 dicembre 2003 nell’area del Fontanino (giunta di centrodestra, presidente Enzo Ghigo) l’ospedale di Asti, nell’ambito della sanità nazionale, è una struttura assolutamente innovativa dal punto di vista architettonico e ospita diverse specialità, alcune vere e proprie eccellenze, mentre per altre (ad esempio cardiochirurgia o chirurgia toracica) fa capo alla ASO di Alessandria.

La piazza all’entrata è enorme e suggestiva, forse, come suggeriscono molti utenti, troppo grande a scapito, appunto della disponibilità dei posti letto, considerato la provincia alla quale deve fare capo.

Il PRESIDIO DELLA VALLE BELBO

Da ottobre sono ripresi i lavori per il nuovo presidio ospedaliero, nel frattempo la vicina Nizza che potrebbe essere un ottimo sfogatoio per la provincia astigiana, ospita un Punto di primo intervento, alcuni posti letto di Continuità Assistenziale a Valenza Sanitaria (C.A.V.S.) e qualche attività ambulatoriale.

LE SOLUZIONI POSSIBILI DA NURSIND

Consapevoli che ci siano stati nuovi investimenti e che la situazione avrà bisogno di tempo per essere risolta, il sindacato delle professioni infermieristiche Nursind, chiede di investire maggiori risorse sul territorio per ridurre il tasso di ospedalizzazione, ridurre le cronicità ed evitare che si trasfornino in acuzie da gestire in Pronto soccorso.

L’Azienda Sanitaria a gennaio 2019 – afferma Gabriele Montana, segretario territoriale di Nursind – ha messo in atto un piano di sovraffollamento del Pronto Soccorso dell’Ospedale Cardinal Massaia inserendo un ottavo infermiere in turno (che ci auguriamo venga mantenuto d’ora in avanti), investendo risorse economiche nei vari reparti e trasformando circa 15 posti letto nei reparti chirurgici per dare sfogo ai ricoveri”.

Nonostante lo sforzo aziendale, però, personale e pazienti si trovano costretti a convivere col periodico sovraffollamento del Pronto Soccorso. “Questa situazione – prosegue Montana – è frutto dell’elevato numero degli accessi ospedalieri, situazione aggravata dalla delibera regionale 1/600 che ha tagliato trasversalmente in Piemonte posti letto, servizi e punti di primo intervento”.

Secondo il piano regionale, parallelamente all’attuazione della dgr 1/600, sarebbe dovuto partire un piano legato alla gestione delle acuzie e alle case della salute, progetto che ad oggi è stato avviato a singhiozzo e in maniera incompleta.

In questo momento – dice il segretario Nursind di Asti – il piano territoriale sul territorio astigiano dispone di pochissime risorse, che sono sicuramente insufficienti per attuare un servizio al domicilio destinato soprattutto ai pazienti più anziani. L’obiettivo dovrebbe essere quello di evitare che le cronicità si trasformino in acuzie da curare in Pronto Soccorso, ma con i numeri attuali non si va da nessuna parte. Come Nursind – prosegue Montana – chiediamo quindi che vengano incrementate le risorse destinate (anche) al piano territoriale, affinché possa finalmente partire un progetto a medio-lungo termine di gestione delle cronicità al domicilio”.

Ma non è tutto. Nursind ribadisce come il solo Pronto Soccorso del Cardinal Massaia e il Punto di Primo Intervento di Nizza Monferrato non siano sufficienti per un bacino d’utenza di 300mila utenti, ancor di più se confrontato con la situazione alessandrina, dove sono ben 5 i punti di primo intervento per 600mila abitanti. Servono decine di infermieri  sul territorio, che il sindacato Nursind si augura possano arrivare dal prossimo concorso per dare forza ai progetti di domiciliarità tanto attesi e ai Progetti di Infermieristica di iniziativa e delle cronicità già attivati presso le Case della Salute di Canelli, Nizza Monferrato, San Damiano e Villafranca e presso le Sedi di Bubbio, di Montemagno e di Viarigi estendendolo a tutte le Sedi territoriali distrettuali.

La Sanità astigiana ha bisogno anche di assunzioni medici, ma al momento nonostante la volontà di assumerli quest’ultimi scarseggiano. “Gestire le criticità al domicilio – conclude Montana – vuol dire ridurre gli accessi in ospedale, alleggerendo il lavoro dei punti di primo soccorso ed evitando il rischio di sovraffollamento, situazione che ancora oggi, e troppo spesso, si verifica mettendo a rischio il lavoro dei professionisti sanitari”.


Betty Martinelli

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