Cultura e tempo libero - 16 dicembre 2018, 13:00

Oggi, domenica, torna "Tracce vicine di mari lontani", ultimo appuntamento dell'anno dell'Ente Parchi di Asti

Per l'occasione, abbiamo fatto due chiacchiere con Alessandra Fassio, responsabile dei progetti didattici del Parco e con Federico Imbriano, guida escursionistica dell'Ente

Torna oggi, domenica 16 dicembre, “Tracce vicine di mari lontani”, ultimo appuntamento dell'anno per quella che è diventata un'iniziativa di successo organizzata dal Parco Paleontologico Astigiano, rivolta a famiglie, appassionati, coppie giovani e meno giovani.

L'Ente Parco da tempo convoglia molte energie e professionalità nel campo della divulgazione ambientale, consapevole di quanto sia necessario (ora più che mai) raccontare la storia dei luoghi in cui viviamo e fare conoscere le peculiarità di un territorio che, nel caso di Asti, ha nascosto per lungo tempo una grande ricchezza archeologica. Il museo vanta migliaia di reperti, astigiani e non, e una delle più importanti collezioni italiane di cetacei fossili. Abbiamo parlato di questo e altro con Alessandra Fassio, responsabile dei progetti didattici del Parco.

Il patrimonio astigiano è notevole. È cambiato secondo lei negli anni l'approccio verso questa eredità culturale?

Sì, credo ci sia più attenzione, sia per quanto riguarda la valorizzazione che per la conservazione. Con il recupero e restauro dell’ex-chiesa del Gesù (di cui si saprà a febbraio se diventerà uno dei Luoghi del Cuore del FAI) cercheremo nei prossimi anni di riportare in città la parte dei cetacei fossili attualmente conservati al Museo di Scienze Naturali di Torino non ancora visibili al pubblico; si tratta di ritrovamenti di scavi avvenuti nell'astigiano dall’800 ai nostri giorni. Siamo un ente regionale, quindi capirete che la tutela dei beni archeologici per noi è d'obbligo”.

Così come la comunicazione e l'educazione ambientale, immagino

“Soprattutto. I bambini sono attirati dalla paleontologia; il traino sono ovviamente i dinosauri, ma l'entusiasmo sale alle stelle quando si rendono conto che nelle loro colline sono stati ritrovati fossili di milioni di anni fa, fossili che possono vedere e addirittura toccare quando li portiamo sugli affioramenti delle riserve”.

Quindi l'obiettivo è tornare un po' alle origini e far loro "sporcare le mani"?

“Esatto, letteralmente! Il museo non è molto interattivo, non ha proiezioni o contenuti multimediali, proprio perché l’idea principale è di fare calare i bambini nel mestiere del paleontologo. Lo stesso vale per i programmi didattici legati alla scoperta dei microcosmi del bosco e degli animali che vi vivono, dai mammiferi ai macroinvertebrati: parliamo di qualità dell’acqua e li portiamo a scoprire gli esseri viventi presenti in un rio, cercando di educare alla salvaguardia della natura attraverso un'esperienza diretta“.

Tornando al discorso sui fossili, la scuola sta lavorando con i bambini sulla conoscenza di ciò che è locale?

“Nonostante il momento storico pieno di stimoli in cui vivono, il loro è un interesse che non tramonta mai. Direi che il merito è anche della scuola: arrivano sapendo già che qui esisteva un mare durante il Pliocene, un'epoca compresa tra 5 e 1,65 milioni di anni fa, e che quindi le nostre colline sono state un fondale preistorico..peccato lo dimentichino crescendo: è uno studio che si perde dalle medie in poi”.

A quale fascia di età sono rivolti i programma didattici?

“Abbiamo progetti mirati a seconda dei casi. Per le scuole materne abbiamo pensato di collaborare con il Teatro degli Acerbi per una rappresentazione teatrale che aiuti a comprendere in maniera semplice il passato dei nostri luoghi. Non a caso lo spettacolo si chiama “Viaggio di una conchiglia: quando ad Asti c'era il mare”, con canzoni e narrazioni realizzate per i più piccoli. In realtà il 90% dei partecipanti sono le classi terze della scuola primaria, perché il programma scolastico prevede lo studio di preistoria e paleontologia. Fanno un percorso pratico che comporta attività in museo e poi nella Riserva Naturale Speciale di Valle Andona, Valle Botto e Valle Grande dove, come veri esperti del settore, vanno a studiare gli affioramenti fossiliferi, fanno una simulazione di scavo, commentando e analizzando ciò che hanno trovato. È fondamentale per loro -e per chiunque!- camminare all’aria aperta, osservare, interrogare la natura.”

È della stessa opinione anche Federico Imbriano, una delle guide escursionistiche dell'Ente, che ha trovato nella didattica ambientale una reale passione e un lavoro che lo gratifica enormemente. “Asti possiede un bene unico ma nascosto – ci racconta- per cui la nostra azione mira soprattutto a svelare, nella pratica ma anche su un livello più intellettuale, diciamo”.

È un modo molto poetico di vedere la questione.

È vero. Ma c’è un aspetto impalpabile della paleontologia, ovvero il fatto che ti metta in una scala di valori differente rispetto a ciò a cui sei abituato. Anche solo pensare che questo un tempo era un territorio marino fa intuire come il mondo non sia immobile, e come noi siamo in fondo solo una piccola parte del disegno: questa consapevolezza cambia il tuo punto di vista”.

Quali strumenti vengono adoperati durante una giornata di “Tracce vicine di mari lontani”?

Diamo molta importanza alla manualità e a situazioni il più possibile reali che ti concedano di mettere alla prova te stesso con le conoscenze acquisite dopo la visita guidata. Per i bambini si fa attività di sistematica, riconoscimento e classificazione dei fossili; per i più grandi invece si punta al lavoro e agli strumenti che utilizzerebbe un paleontologo . Quindi pennellino, acqua mista a vinavil (per creare una resina fissante che simuli la pratica di conservazione del fossile), guanti, palette e spazzolini. L’uso che se ne fa è tecnico proprio al fine di proporre un’esperienza seria e professionale”.

Se dovesse elencare 3 oggetti, a cui nessuno pensa, indispensabili in uno zaino?

Sarò banale ma molta acqua, una lente di ingrandimento per poter vedere anche le parti più piccole e godersela di più, scarpe di ricambio..siamo in una riserva, non dimentichiamolo”.

Cosa le ha insegnato questo mestiere e quanto questo è stato importante nella sua vita?

Ho imparato che la condivisione del sapere è meravigliosa. Ci si rapporta con gruppi eterogenei quindi ogni volta è diversa dalla precedente. Eppure c’è una cosa che si verifica sempre: le esclamazioni di stupore davanti allo scheletro di una balena o un affioramento. Mi emoziona ogni volta sentirle. Penso che ci sia speranza, specialmente nelle generazioni più giovani. E chissà, magari che basti una scintilla per accendere un fuoco …”

Prenotazioni: 0141.592091; enteparchi@parchiastigiani.it. Vi ricordiamo inoltre che continua fino al 14 gennaio la mostra “Pinocchio nella balena” di Filippo Pinsoglio. L’esposizione si snoda tra la ex chiesa del Gesù e Palazzo Michelerio. Ingresso libero; mercoledì, giovedì e venerdì dalle 11 alle 17; sabato e domenica dalle 11 alle 18.

Elena Gallucci