Linda Pines e il suo nuovo libro, L'unica, protagonisti sabato 26 gennaio alle 18 presso la Casa del Popolo (via Brofferio 129 - Asti). A dialogare con l'autrice e leggere alcuni brani, l'attore Francesco Visconti.
Il libro racconta il vero e intenso viaggio, tra emozioni, difficoltà, coraggio e gioia, alla ricerca del proprio Io e della Persona Giusta. Con una penna poetica e appassionata, la scrittrice si svela, dialoga con il lettore e con se stessa, con uno stile delicato, sincero e affascinante.
Nel marzo scorso, Linda e sua moglie Emanuela sono state vittima di un'aggressione omofoba da parte dei vicini di casa a Baldichieri, evento terribile che le ha segnate profondamente e costrette a un improvviso trasloco a San Damiano d'Asti, ma anche un punto di partenza per ripercorrere con la mente e la scrittura un'intera esistenza e raccontare una storia che è divenuta testimonianza e cura.
Una storia da leggere e da vivere, per cercare di comprendere, con delicatezza ed estremo rispetto, punti di vista e vite di chi, magari vive in modo "diverso" da altri. Ma il filo della diversità o della normalità hanno paletti molto fragili. Chi può permettersi di dire quale sia il modo giusto o sbagliato di vivere?
Linda, qual è il punto di partenze del tuo libro?
Letteralmente il libro inizia col racconto dell'aggressione omofoba che io e mia moglie abbiamo subìto nel febbraio del 2018, ma l'origine vera e propria che mi ha spinto a scriverlo è l'amore affettuoso che nutro per mia moglie Emanuela, l’orgoglio che provo nel vederla svolgere le attività, la sua forza interiore che fa si che non si arrenda mai, neppure alla sua malattia neurologica e il sentimento che la lega a me ogni giorno di più.
Come hai conosciuto tua moglie Emanuela?
L'ho conosciuta nel web e precisamente in A.L.I. (Alternativa Lesbica Italiana): ci scambiavamo opinioni, pensieri, desideri, io leggevo i suoi post incentrati sulla politica, sulla storia, sull’economia, mentre io postavo le mie poesie o i miei pezzi che scrivevo. Poi, un giorno ci siamo date appuntamento a Padova, era il giugno del 2005.
Eravamo giovani e belle e lei mi fece girare la testa con quella sua minigonna e la sua camicetta velata, alta, statuaria, sorridente, dolce, affabile, insomma le aveva tutte le buone qualità. Me ne innamorai fisicamente (perché virtualmente lo ero già), l’avrei voluta amare da subito, ma per rispetto, misi in tasca le mie intenzioni e per tutta la giornata, camminammo e parlammo, fino a quando, sedute su una panchina, decisi di baciarla: fu un bacio appassionato, ricco di amore vero, lungo, infinito, lento… Anche lei si innamorò di me, ma c’è sempre un ma nella vita: le sue condizioni economiche di allora non le consentivano di venire a metà strada per incontrarci ancora (io abitavo in Veneto e lei in Piemonte), e sapevamo già che quello sarebbe stato l’ultimo e l’unico nostro vero appuntamento.
E tutto questo ci faceva soffrire. L’amore però sa aspettare e dieci anni dopo, quando le situazioni di ognuna cambiarono, ci ritrovammo ad amarci di nuovo. A dire il vero lei mi ha praticamente rapita a cinque giorni dal mio matrimonio con un uomo che non amavo, ma che la società accettava ed io, priva di coraggio, davo retta a quest’ultima.
Davvero una storia incredibile, un romanzo. Ma quando hai capito che era lei l'amore?
Quando al suo dirmi, dopo dieci anni di lontananza, che nulla era cambiato da allora, mi sono resa conto che ciò valeva anche per me. E’ stato un ritorno di ricordi, di profumi, di colori, un rigurgito di quel caldo giugno del 2005, che mi ha rifatto innamorare di lei.
Hai vissuto una cosiddetta "famiglia tradizionale" e ora vivi la tua storia d'amore. Come sono i rapporti con gli altri tuoi familiari? Arrivare a questa bella conquista ti è costato molto?
Scegliere, grazie alla consapevolezza di me stessa, di amare una donna, ha rotto i rapporti con metà della mia famiglia di origine. Non è stata compresa la mia natura, 'sono malata'- dice mia madre, 'sei una pessima persona' mia sorella. Ma io vado avanti nonostante il dolore che provo per loro è la nostalgia che a volte mi sovviene. Credo che nella vita, ognuno sia responsabile delle proprie azioni e, se dovrò errare, lo farò per mia scelta e non per quella di altre persone. In fondo, essere omosessuali non è una scelta, è come essere africani: il destino ha voluto che si nascesse così.
A proposito. Omofobia e razzismo sono due parole che schiaffeggiano quotidianamente, cosa pensi occorrerebbe fare per sensibilizzare?
Non è semplice sensibilizzare la nostra rigida società, ma poi, sto pensando: perchè farlo? Noi omosessuali siamo uguali agli altri, semplicemente esistiamo, abbiamo il sangue rosso come tutti gli esseri umani del mondo, amiamo e non facciamo male a nessuno e poi, una cosa che desidero sottolineare, chi sta nel mio letto è solo affare mio.
Come vi trovare a San Damiano? Dovete ancora "spiegare" la vostra relazione?
A San Damiano stiamo bene, ma non è diversa dalle altre piccole realtà. Occhi indiscreti e sorrisini misti a curiosità piovono quotidianamente su di noi, ma non ci toccano, noi andiamo fiere di avere un rapporto stabile ed equilibrato, d’aver avuto il coraggio d’aspettarci dieci anni, di esserci unite civilmente e di essere stracolme di progettualità.