Economia e lavoro - 03 aprile 2019, 16:47

Sorpresa: dopo la gelata invernale l'economia del Piemonte è pronta a rimbalzare. Asti e Biella le province in sofferenza

Non sono migliorate le condizioni esterne, eppure i numeri raccontano di un clima di fiducia rinforzato in maniera piuttosto evidente. "Ma usiamo prudenza"

Da sinistra: Luca Pignatelli responsabile dell'Ufficio studi dell'Unione industriale, Giuseppe Gherzi, direttore dell'unione Industriale di Torino, Dario Gallina, presidente Unione Industriale di Torino, Fabio Ravanelli presidente Confindustria Piemonte Paolo Balistreri, segretario generale di Confindustria Piemonte

La "gelata" invernale di dicembre aveva preoccupato. E i mesi successivi non hanno certo portato elementi di ottimismo. Eppure i dati dell'economia piemontese hanno reagito, sorprendentemente. E se non si può parlare di una ripresa robusta, i numeri raccontano di un miglioramento (anche se minimo) nel clima di fiducia delle imprese.

L'indagine di Confindustria Piemonte e Unione industriale di Torino vedono crescere occupazione, produzione e ordini (che si smarcano dal segno meno del primo trimestre) ed export. Solo la redditività resta in calo, a testimonianza di una strategia che vede le imprese rinunciare a un po' di margine pur di riavviare un ciclo positivo. Una sorta di stabilità dinamica, in sintesi. Ma soprattutto un'inversione a U quando ci si aspettava invece un declino in continuità col recente passato.

Il miglioramento è abbastanza diffuso, anche in province molto più caute a dicembre. Miglioramenti soprattutto a Cuneo, Novara e Alessandria, così come Torino. Mentre Asti fatica a ripartire e Biella soffre più degli altri.

Tra i settori, ripartono chimica, metalmeccanica, alimentare e gomma plastica, mentre si confermano le difficoltà di tessile, carta-editoria ed edilizia. Anche se il dato tende a riavvicinarsi allo zero. A fare da locomotiva, soprattutto la meccanica strumentale grazie al rilancio del settore dei macchinari e degli apparecchi. Miglioramenti anche l'automotive. 

A margine, i numeri nero su bianco dimostrano comunque uno stato di salute positivo, in Piemonte. A consuntivo del 2018 le aziende che hanno visto diminuire il fatturato sono state meno di un quarto (23,8%). Il risultato in utile ha riguardato il 67,3% delle aziende e gli investimenti sono stati uguali o superiori per il 73,5%. 

"Stop alla TAV e grandi infrastrutture, protezionismo, Brexit e misure assistenzialistiche: ammetto che non mi aspettavo risultati simili, alla luce del contesto - ammette Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte -. Ora l'andamento economico europeo non promette bene, ma con l'Europa non abbiamo rotto, il governo tra alti e bassi tiene e oltre a non essersi scatenata una guerra commerciale internazionale ci sono speranze di apertura con la Via Della Seta, che ammetto non mi fa temere colonizzazioni come è accaduto in Africa. Basta che non sia una Via monodirezionale".

Ora la palla passa al Governo: "Col decreto Crescita ci aspettiamo uno sblocco dei cantieri per Asti-Cuneo, Terzo Valico o anche TAV, visto che a livello di esecutivo anche la Lega ha più volte ribadito di essere favorevole. E poi ci aspettiamo molto sul 4.0 con il super ammortamento", dice Ravanelli. "Godiamoci questi numeri, ma non diamoli per scontati - conclude - e facciamo di tutto per scongiurare l'aumento delle clausole Iva". Sul nuovo Governo regionale "apriremo un dibattito il 10 aprile all'Unione industriale con i tre candidati, cui presenteremo un nostro documento di richieste".

"Se è un miglioramento - ammonisce Dario Gallina, presidente dell'Unione Industriale - siamo alla parte più bassa della risalita. Ma le condizioni esterne non fanno ben sperare, tra ecobonus, settore auto e quota 100, che probabilmente influisce in questa ripresa dell'occupazione, forse dovuta alla sostituzione di chi va in pensione. Insomma: usiamo prudenza, aspettiamo di sapere cosa ci dirà la prossima indagine per avere un quadro più completo e attendibile".

E alcuni nodi presto verranno al pettine: "Anche dalla programmazione europea da qui al 2026 ci aspettiamo molto - aggiunge Gallina - ma restando a Torino deve muoversi qualcosa anche sul tema dell'area di crisi complessa. E poi ci aspettiamo impegni sulla formazione, perché nel medio periodo è fondamentale puntare anche su competenze e risorse umane".

Su Brexit: "Il Regno Unito pesa per circa il 5% e dunque non è una fetta così importante. Di certo, speriamo che questo possa attirare qualche investimento in più qui da noi, invece che in UK".

Massimiliano Sciullo