Economia e lavoro - 23 dicembre 2019, 08:39

Produzione della grappa tra tradizione e recenti conquiste

L’origine della grappa si perde nella notte dei tempi, tra leggende tramandate da generazione in generazione o fonti dalla dubbia affidabilità

L’origine della grappa si perde nella notte dei tempi, tra leggende tramandate da generazione in generazione o fonti dalla dubbia affidabilità.

Per quanto sembri ormai certo che la produzione di alcuni distillati avvenisse già nella Mesopotamia del VII secolo a.C., tutt’altro discorso è capire quando questa particolare bevanda ha visto effettivamente la luce.

Certe tradizioni vorrebbero per la grappa addirittura un’origine biblica: secondo Zosimo d’Alessandria, vissuto all’incirca tra il IV e il III secolo a.C., il primo distillatore per produrre questa bevanda sarebbe stato inventato da nient’altri che Maria l’Ebrea, ovverossia Myriam, sorella di Mosè.

Come che sia, i metodi per la produzione di grappa sono rimasti per secoli e secoli praticamente invariati fino ad oggi, quando grazie alle moderne conoscenze è stato possibile variare la formula tradizionale senza andare ad intaccare quella perfetta alchimia che rende questa bevanda tanto apprezzata i Italia e non solo.

Invecchiamento in barrique: metodi tradizionali

Tra i sistemi più legati alla tradizione c’è sicuramente quello connesso alla produzione della famosa grappa barricata, particolare tipologia di grappa che, una volta giunta a termine del processo di distillazione, viene fatta riposare in botti di legno selezionate per più di 18 mesi.

Il lungo riposo permette al prodotto di essere influenzato nel sapore dal contatto con il legno nel quale è conservato.

Perciò sarà molto importante selezionare i giusti ceppi con i quali poi costruire le botti. I legni più utilizzati sono generalmente il rovere, l'acacia, ed il ciliegio.

Per fare un esempio, il rovere è ciò che garantisce il peculiare colore ambrato alla grappa barricata, mente il ciliegio, essendo un legno chiaro, rilascia poco colore rendendo il prodotto più delicato.

Solo nel 1999, grazie all’iniziativa di una distilleria italiana, si iniziò a sfruttare le proprietà di diversi legni, affinando la grappa in botti composte da legni diversi.

Spesso inoltre, a fine di questo processo le grappe possono anche venir edulcorate con zucchero o caramello, andandone a modificarne il colore.

Tuttavia questo risulta spesso un espediente per mascherare le grappe di bassa qualità, che saranno comunque dotate di un colore che facilmente potrebbe accattivare un inesperto consumatore.

Moderni impianti di distillazione

Una delle migliorie più interessanti e recenti connesse alla produzione della grappa è rappresentata dalla distillazione operante sottovuoto.

Grazie ad un progetto di ricerca quinquennale, portato avanti dal Laboratorio Sperimentale dell’Istituto Agrario di San Michele all’Adige, nel 2009 è stato prodotto un moderno alambicco a bagnomaria capace appunto di operare sottovuoto.

Un simile progetto fu già tentato addirittura due secoli fa, quando sul finire del secolo romantico, l’800, tale Enrico Comboni tento la distillazione sottovuoto, abbandonandola poi a causa delle gravi deficienze tecniche e i rischi anche di implosione dell’alambicco.

I risultati più sorprendenti connessi ad una simile preparazione sono dovuti soprattutto legati all’aumento delle note floreali, oltre che per una sensibile diminuzione di impurità varie.

Questo avviene perché, abbassando il punto di ebollizione dell’alcool, vengono conservati tutti gli aromi floreali o fruttati che, essendo assolutamente termolabili, si perdevano a causa delle alte temperature.