Economia e lavoro - 09 aprile 2020, 07:31

"Verificare che le attività produttive che vogliono riaprire abbiano le motivazioni idonee per poterne chiedere la deroga" Così FIM, FION e UILM provinciali

I sindacati dei metalmeccanici intervengono sulla prossima riapertura di alcune aziende

I sindacati dei metalmeccanici, in una nota congiunta affermano di avere appreso che già a partire dall’inizio della settimana in corso, alcune aziende metalmeccaniche della provincia hanno deciso di chiedere deroga alla prefettura rispetto alle prescrizioni del DPCM del 28 marzo 2020.

"Alcune aziende - spiegano Pafundi, Seck e Uppo di FIM FIOM E UILM, interpretano in maniera “ creativa “ i Codici ATECO, mentre altre convertono tali codici appositamente per rientrare all’interno dell’elenco previsto nel decreto; pertanto assistiamo alla trasformazione di molte aziende che producono beni non essenziali, in aziende i cui beni prodotti, improvvisamente, sono considerati essenziali, il tutto in autonomia e senza autorizzazioni".

Con questa denuncia, le sigle sindacali sottolineano che "esiste una stretta relazione tra il profitto delle imprese e la salute ed addirittura la vita stessa delle lavoratrici e lavoratori che, oltre a lavorare per i propri bisogni, da sempre, con il loro servizio, fanno si che i profitti delle imprese accrescano".

"In secondo luogo desideriamo sensibilizzare le autorità competenti affinché comprendano che sia necessario verificare che effettivamente le attività produttive che vogliono riaprire abbiano le motivazioni idonee per poterne chiedere la deroga.  Questo dramma sociale ha colpito duramente il nostro paese e tutto il mondo, non si può essere superficiali e insensibili di fronte a tanti malati e cosi tanti decessi e il fatto di riaprire così tante attività produttive nonostante i dati non siano tali da consentire ottimismo e sia tuttora vigente il DPCM del 28 marzo 2020 fino al 13 aprile (salvo proroga), potrebbe portare un potenziale aumento del pericolo di contagio tra le lavoratrici e i lavoratori, creando inoltre i presupposti di una eccessiva mobilità anche fuori dall’ambiente di lavoro".

"Rammentiamo - concludono - che il contagio di un lavoratore chiamato a lavorare, anche se sotto una finta volontarietà dello stesso, genera una responsabilità penale dell’azienda. Infine, qualora vi siano aziende che per motivi oggettivamente comprovate da vere esigenze inderogabili di lavoro, le segreterie FIM–FIOM-UILM Provinciali chiedono che sia rispettato totalmente il Protocollo di sicurezza del 14 marzo 2020, e, qualora tale richiesta non fosse messa in atto, riteniamo si debba arrivare sino ad una dichiarazione di sciopero".

Redazione