Il Covid-19 ha rivoluzionato ogni nostra abitudine. Dal lavoro alla vita familiare, passando per lo studio e i rapporti interpersonali, in questi mesi sono state molte le certezze che abbiamo dovuto abbandonare, per fare spazio a una nuova routine prima sconosciuta.
Sono molte le ripercussioni che il virus sta facendo sentire in ambito sanitario. Oltre a numerosi reparti ospedalieri convertiti ad hoc per pazienti Covid, è cambiata anche la modalità con cui le donne in dolce attesa hanno dovuto affrontare il loro giorno più bello: quello del parto.
Quella di oggi è una storia a lieto fine, tutta astigiana, iniziata in salita. È una storia d'amore, di lontananza e nel contempo di vicinanza.
Marco e Rossana, 35 anni lei, 38 lui, sono diventati genitori del loro primo figlio il 18 aprile scorso, in piena emergenza Coronavirus.
In Egitto per lavoro
"Ero in Egitto per lavoro. Ho fatto richiesta all'ambasciata per salire su un aereo e tornare da mia moglie prima del parto. Salire su quell'aereo non è stato semplice", ci racconta Marco.
Marco, però, una volta atterrato in Italia ha dovuto affrontare la quarantena fiduciaria, in via precauzionale. Una misura importantissima, che, però, lo ha costretto a stare lontano dalla moglie, ma soprattutto gli ha impedito di assistere al parto.
Partorire da sola
"È stata un'esperienza traumatica. Ho partorito da sola al Cardinal Massaia e Marco non era al mio fianco", racconta Rossana.
Le difficoltà, però, sono continuate anche dopo la nascita. "In reparto non poteva venire nessuno, se non mia sorella, che, abitando a 100 km di distanza, aveva un permesso. Ero sempre da sola e con un bimbo appena nato non è stato semplice. Il 21 aprile mi hanno dimessa e sono stata davvero contenta di tornare a casa", spiega la neomamma.
21 aprile, proprio il giorno in cui il neopapà Marco avrebbe terminato il suo periodo di isolamento, riuscendo finalmente ad abbracciare sua moglie e il suo piccolo Jacopo.