Attualità - 15 dicembre 2020, 14:16

Ospedale di Asti "Professionalità altissime e cibo scadente" la denuncia di un paziente Covid

La Asl At: "Pur tenendo conto dei disagi conseguenti il ricovero in reparto Covid, abbiamo sempre mantenuto il massimo impegno nel garantire un buon livello qualitativo generale"

Cosa succede se alla grande professionalità degli operatori sanitari, a tutti i livelli, dell'ospedale di Asti, si abbina una qualità di cibo piuttosto scadente?

Il caso ci viene segnalato da un utente C.N, di 47 anni che, come molti astigiani ha dovuto confrontarsi con il Covid ed è stato ricoverato 8 giorni che gli hanno permesso alcune osservazioni del sistema emergenziale, da diversi punti di vista.

Un team assistenziale di ottimo livello

"È doveroso da parte mia -scrive il paziente - spendere immediatamente parole di ringraziamento ed elogio a tutto il team assistenziale, dal primo nella scala gerarchica fino all’ultimo: personalmente credo di essere stato assistito dal servizio pubblico migliore che io potessi immaginare con accanto personale medico, infermieristico eccellente, supportato da personale socio sanitario e alberghiero, costretti ad occuparsi di ammalati infettivi in condizioni lavorative estreme che trasparivano sotto le loro tute protettive e, allo stesso tempo, lasciavano filtrare rassicurazioni, parole gentili, gesti competenti, solidarietà e presenza, nonostante la distanza e le regole assistenziali spesso drammatiche per tutti, curanti e curati.
A queste persone tutte va il mio sincero ringraziamento per la loro abnegazione totale e la competenza con la quale hanno brillantemente risolto, in soli otto giorni, il mio quadro di severa polmonite virale fortunatamente insorta su un soggetto sano, senza grandi patologie concomitanti".

Il benessere passa da tanti aspetti

La riflessione di C. si allarga però ad un elemento che, nella cura globale di un soggetto, impatta in modo importante, l'alimentazione.

"La mia - spiega duramente - è una denuncia, perché in una realtà assistenziale fatta di eccellenze professionali e umane, non deve accadere che durante un ricovero tanto difficile come quello in una degenza di malattie infettive, il benessere residuo di una persona sofferente sia minato severamente da un servizio catering-vitto di pessima gestione. Premetto che sono una persona che mangia di tutto, abituata a cucina casalinga, ad alimenti semplici, a cibi sani e naturali".

In otto giorni, anche a causa dell'infezione, ha perso 5 kg e spiega che i pasti consegnati "Contenevano quanto di peggio possa essere servito, dal punto di vista qualitativo, in un pasto per persone ammalate.
Non sto denunciando l’impossibilità di scegliere un pasto dal punto di vista del piacere del palato, il palato di un paziente affetto da Covid sente la metà dei gusti, ma gli occhi vedono bene e quello che ho visto, e poi deglutito a forza, per non morire di fame o di carenze nutrizionali".

Otto giorni di ricovero e 16 vassoi di cui C. ha fatto precisi conteggi. "Ho contato solo 3 porzioni di carne, a favore di altre fonte proteiche come buste di prosciutto salato annacquato, porzioni monodose di formaggini da discount, verdure bollite annegate in brodi di glutammato, passati di verdura evidentemente prodotti da scarti di verdure amare, pasta stracotta o durissima affogata nel burro o dentro sughi acidi, budini senza neppure un marchio, un logo, una data di scadenza".

"Un ammalato costretto a mangiare in queste condizioni si ammala di più - continua il paziente - rifiuta di mangiare, e basta osservare la moltitudine di cibo che viene infatti rifiutato, mandato indietro, abbandonato dentro tutta quella plastica che, a far due conti, deve costare almeno il triplo del valore di quegli alimenti di scarto".

Fino a qualche anno fa l'ospedale proponeva prodotti a chilometro zero, di ottimo livello. "Non pretendiamo l’eccellenza gastronomica di anni fa, conclude. Oggi un servizio catering/mensa di questo livello è meritevole di denuncia forte e chiara,
per una persona ammalata il pasto è nutrimento, sostanza, forza, equilibrio, piacere anche, perché no? Talvolta un buon pasto è anche fonte di buonumore e di speranza, oltre che di ripresa delle forze".

La replica dell'Asl At: "Sempre mantenuto il massimo impegno nel garantire un buon livello qualitativo generale"

L’Azienda sanitaria locale, contattata per rispondere alle critiche mosse dal paziente, ha ritenuto di replicare punto per punto, coinvolgendo più figure professionali. Riportiamo integralmente.

I menu ospedalieri si articolano su periodi bisettimanali (ogni 14 giorni con 28 pasti complessivi) e prevedono modifiche stagionali: primavera-estate ed autunno-inverno. Nelle due settimane vengono garantiti, come prima scelta, dodici secondi a base di carne (presente quotidianamente come alternativa nel pranzo della dieta morbida); nei restanti casi le proteine vengono fornite da piatti a base di pesce (sei volte come prima scelta e quotidianamente come alternativa), formaggi, flan (a base di uova pastorizzate) e legumi.

Secondo le Linee di Indirizzo Nazionali per la Ristorazione Ospedaliera e Assistenziale del 2011, il Dietetico dell’ospedale Cardinal Massaia prevede un nucleo centrale costituito dal vitto comune, dalle diete standard (dieta morbida, dieta a ridotto apporto di fibre e lattosio, dieta arricchita, dieta omogenea, ecc.) e dalle diete individuali. All’interno di questo “paniere” la scelta quotidiana del pasto viene effettuata, quando possibile, dal paziente altrimenti dal personale di reparto e, soltanto quando ritenuto necessario, viene richiesto l’intervento del Servizio di Dietetica e Nutrizione Clinica, intervento che verrà differenziato sulla base dei livelli di compromissione dello stato nutrizionale del paziente.

A tale premessa va aggiunto, però, che nel caso dei reparti Covid, inevitabilmente, alcune peculiarità del servizio normalmente garantito possono venir meno: in particolare, il servizio viene effettuato con piatti e contenitori monouso in plastica per motivi igienici e di prevenzione del rischio di contagio, mentre per le degenze tradizionali le stoviglie sono in porcellana, e, per le stesse ragioni di cui sopra, la possibilità di scelta tra le opzioni previste per singolo pasto viene lasciata in capo al personale del reparto anziché al paziente.

Sicuramente, dunque, il ricovero in reparto Covid, oltre alle criticità che la malattia stessa già di per sé presenta, può comportare alcuni disagi ai pazienti, soprattutto se raffrontato ai comfort della degenza ordinaria.

Fatte queste dovute precisazioni, entrando nello specifico delle critiche sollevate, l’Azienda intende precisare puntualmente quanto segue:

1. Il prosciutto cotto proposto (“coscia nazionale”, come da scheda tecnica e capitolato) viene affettato tutti i giorni e servito in contenitori monoporzione, non preconfezionato ed imbustato;

2. Per quanto concerne i latticini, va sottolineato come non si utilizzino “porzioni monodose di formaggini da discount”, ma vengano regolarmente serviti formaggi monoporzione (ricotta, stracchino, robiola, mozzarella) oppure al taglio (gorgonzola, primo sale, raschera);

3. Le verdure vengono lavorate e cucinate giornalmente e, in alcuni casi, è possibile un rilascio di acqua di cottura, anche a causa dei tempi previsti per il ciclo di porzionatura e trasporto automatizzato dei vassoi ai reparti (circa mezz’ora all’interno dei carrelli termici);

4. Il glutammato non viene utilizzato

5. Il minestrone è fatto con verdure surgelate ed addensato con patate.

6. I sughi dei primi piatti vengono preparati giornalmente, mentre non è previsto l’utilizzo di burro, bensì di olio di oliva per cucinare ed olio extravergine di oliva per condimento;

7. Budini e yogurt riportano tutti ingredienti e marchio sulla chiusura ermetica superiore, mentre la data di scadenza è correttamente stampigliata sul fondo dei contenitori.

Negli ultimi anni, per concludere, l’Azienda ha certamente dovuto registrare una contrazione delle disponibilità economico-finanziarie che, innegabilmente, ha coinvolto anche l’approvvigionamento delle materie prime alimentari.

Tuttavia si è mantenuto sempre il massimo impegno nel garantire un buon livello qualitativo generale, nella convinzione che l’alimentazione sia parte integrante del percorso di cura dei pazienti e possa favorire migliori tempi di recupero e guarigione.

Betty Martinelli