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Attualità | 17 dicembre 2020, 11:54

Superinfezioni ospedaliere, un problema più che mai presente in era Covid. La situazione ad Asti

Abbiamo affrontato l'argomento con il professor Francesco De Rosa professore Associato in Malattie Infettive e dirigente Malattie Infettive al Cardinal Massaia

Professor Francesco De Rosa, ospedale di Asti, davanti a un quadro

Francesco De Rosa

Un problema sempre esistito negli ospedali sono le cosiddette infezioni nosocomiali e una minaccia per la salute pubblica è di fatto l’antibiotico resistenza, sulla quale si è anche innestata la pandemia determinata dal Covid-19

I batteri e i virus, in generale, sicuramente su pazienti immunodepressi, sono più difficili da debellare e i medici si trovano a dover isolare nelle stesse stanze pazienti Acinetobacter (microrganismi Gram-negativi che possono causare infezioni suppurative in qualsiasi apparato) e Kpc (klebsiella pneumoniae carbapenemasi-produttrice detto anche batterio ‘killer’ )positivi.

E al Cardinal Massaia?

Non immune certo anche l’ospedale di Asti, Cardinal Massaia come tutti gli altri ospedali piemontesi. Abbiamo cercato di capirne di più con il professor Francesco De Rosa, dirigente delle Malattie Infettive del Cardinal Massaia

La Kpc è arrivata in Piemonte dal 2009, importata in rianimazione, a Torino, dalla Liguria e l’Acinetobacter è sempre esistito, colonizza fino al 25% delle persone e in ospedale, diventa più resistente. Nel primo semestre 2020, quando abbiamo convertito i reparti Covid, siamo stati per due mesi quasi senza batteri multi resistenti perché tutto bloccato dal lockdown. Ora si è tornati a livello di antibiotico resistenza che c’era prima e abbiamo ritrovato questa Kepsiella e Acinetobacter multi resistenti”.

Le soluzioni, secondo il professor De Rosa, sono quelle di controllare e implementare le buone pratiche di controllo delle infezioni grazie ai CIO presenti negli ospedali (Comitato infezioni ospedaliere).

I batteri ospedalieri aumentano ma sono sotto il controllo del Cio

“In più purtroppo ci sono le criticità legate al Covid e il fenomeno, che non è nuovo e sappiamo come affrontare, si acuisce. L’ospedale di Asti, vive quello che vivono tutti gli ospedali e le rianimazioni: tanti pazienti Covid e pazienti in rianimazione e purtroppo per la relazione congiunta i batteri ospedalieri aumentano ma è sotto controllo dal Cio che lavora tutto l’anno".

Un allarme, quello ospedaliero, che continua ogni giorno, come ribadito dal professore "Uno dei problemi principali dell’ospedalizzazione sono proprio le infezioni noscomiali. Asti ha professionisti che si incontrano settimanalmente per trovare soluzioni di continuo, in ospedale ci sono pazienti gravi in terapie antibiotiche, c'è la possibilità che i batteri diventino resistenti. I Cio sono attivi da vent’anni, noi infettivologi dobbiamo confrontarci gli altri professionisti con igiene e medicina preventiva, vaccinazione e profilassi, controllo infezioni, diagnostica terapia. Purtroppo il covid ci ha messo in difficoltà perché non lo conoscevamo e certo non tutto l’ospedale può lavorare sul Covid, infettivologi e internisti sono in prima linea poi a turno in tanti ci danno una mano. Tutti colleghi sono stati fantastici, hanno imparato sul campo ciò che poteva insegnare un master di sei mesi".

Il Covid come si cura? si arriverà alla terza ondata?

La seconda ondata non è finita  - spiega ancora De Rosa - prima di parlare della terza. Ora vengono colpiti decisamente i più vulnerabili, siamo occupati a curare pazienti che hanno diverse patologie o anziani, mentre durante la prima ondata abbiamo visto casi di persone più giovani. È impegnato tutto l’ospedale

Il Covid si sta curando con il cortisone, grande antinfiammatorio e l’antivirale Remdesivir con un grosso sforzo della Regione Piemonte nel terminare uno studio sul plasma, unico nel panorama italiana, di questo tipo, ad Asti c'è un ospedale capace di arruolare più pazienti.  Abbiamo portato anche uno studio che in tutto il mondo ha arruolato 12mila pazienti, si chiama Solidarity”.

In sostanza uno studio randomizzato, in cui si valutano differenti strategie terapeutiche Lo studio ha un disegno adattativo, per cui sarà possibile modificare i bracci in studio in relazione alle evidenze che si renderanno via via disponibili.

"Bisogna uscirne - conclude De Rosa che invita alla massima cura delle regole - perché tutti gli sforzi sono nella direzione di diminuire la trasmissibilità. Oggi si vedono ancora troppe persone che curano poco i tre fattori principali, mascherine messe bene, rispetto del distanziamento, corretto lavaggio delle mani. Non sono cose trascendentali e sono risolutive".

Non c'è nessun calo clamoroso. Occorre continuare a rispettare le regole

Decisamente dello stesso avviso anche il commissario Asl Giovanni Messori Ioli che rimarca che più di 170 pazienti ricoverati non siano affatto un calo clamoroso: "Occorre ancora fare molta attenzione a non finire in ospedale. Non possiamo riconvertire i reparti. I numeri sono in leggero calo, ma non assolutamente in grado di smantellare dei reparti. L’unico modo è rispettare le regole. Se le persone non fanno attenzione i numeri non scenderanno.

Gli ospedali continuano ad essere pieni. Non possiamo permetterci di affrontare una terza ondata".

In arrivo il vaccino

Presto ci saranno delle novità sui test rapidi sulle scuole ,estesi agli over 65 con patologie croniche, in attesa del vaccino. Una prima risposta apotrebbe arrivare oggi con l’invio da parte delle Asl e delle Aso al Dirmei dell’esito del questionario predisposto dall’ex magistrato Antonio Rinaudo, responsabile dell’organizzazione della campagna vaccinale nell’ambito del dipartimento. Il primo invio di dosi del vaccino della Pfaizer, se il 21 dicembre arriverà l’approvazione dell’Agenzia europea del farmaco, per il Piemonte sarà di poco più di 170mila dosi unità che verranno distribuite nei 28 centri di stoccaggio situati in altrettanti ospedali del Piemonte.

 

 

Betty Martinelli

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