Sarà la campagna vaccinale in corso che ha fatto perdere di vista la situazione dei noi nostri ospedali ma fatto sta che la gestione di questa terza ondata si è mostrata nuovamente inadeguata. Proprio nei giorni scorsi infatti, il Nursind il Sindacato delle Professioni Infermieristiche aveva denunciato il collasso degli ospedali Piemontesi a causa dell'iperafflusso di pazienti covid positivi e a distanza di pochi giorni la situazione è sempre più drammatica. Il famoso 30% delle terapia intensive è ormai stato superato e il numero totale dei ricoveri porta il Piemonte al terzo posto in Italia solo dietro a Lombardia ed Emilia.
I covid hospital non sono sufficienti, il territorio e l’assistenza domiciliare si sono mostrate nuovamente inefficaci, le rianimazioni periferiche sono state prima saturate con pazienti covid provenienti da Torino, salvo poi riconvertire parte degli stessi hub, che ricordiamo sono centri di riferimento multispecialistico, in polmoni covid. Insomma, un film già visto purtroppo. E nel frattempo mentre il Valentino resta inutilizzato, nei pronto soccorso si rischia di non poter garantire la divisione di pazienti covid positivi da quelli negativi.
All'ospedale Giovanni Bosco di Torino è stato attivato il PEIMAF, al pronto soccorso di Chivasso le barelle dei pazienti non covid sono state collocate in sala d'attesa, Rivoli è al collasso e il 118 è in grave difficoltà per il numero eccessivo di interventi. In ASLTO5 con la conversione dei posti letto di Rianimazione di Moncalieri in covid, non c'è più un posto letto per i pazienti non covid. Situazione di elevata criticità anche nelle altre province del Piemonte dove ad Asti la terapia intensiva è in grossa difficoltà. Ci chiediamo se il DIRMEI e l' Assessore Icardi abbiano idea di cosa sta accadendo all'interno degli ospedali.
Non si può gestire un'emergenza di questa entità dove fra l'altro l'età media è diminuita notevolmente, senza personale medico e infermieristico altamente formato. Con tutto il rispetto per il massimo impegno di chi è coinvolto in questa emergenza, non ci si improvvisa Rianimatore o infermiere di terapia intensiva. In passato infatti il personale veniva affiancato e addestrato per mesi e mesi.
Oggi ci troviamo con personale appena uscito dall'università catapultato letteralmente all'interno delle rianimazioni, dove i pochi colleghi "anziani" rimasti non possono gestire tutto. Nei pronto soccorso ad esempio, il poco personale assunto non ha avuto nemmeno la possibilità di potersi formare con i corsi previsti per Legge. Nei reparti chirurgici riconvertiti a covid e dove gli infermieri hanno acquisito per anni competenze specifiche, oggi si trovano a gestire pazienti di malattia infettive e di terapia subintensiva con molteplici criticità. E in tutto questo solo pochissime aziende hanno utilizzato totalmente le graduatorie infermieri dal bando dei 36 mesi.
A tal proposito ci chiediamo se qualcuno si sia domandato se ad esempio all'interno delle stesse graduatorie non ci siano professionisti con competenze specifiche in terapia intensiva. E qualora non ci fossero, perché non assumerli tutti per dare comunque supporto anche solo nei reparti a minor intensità assistenziale? Solo tra Città della salute e Città di Torino, parliamo di un di circa 700 infermieri pronti ad aiutare i colleghi stremati costretti a saltare riposi, lavorare 12 ore al giorno, essere richiamati in pronta disponibilità e psicologicamente in seria difficoltà considerato che questa è la terza ondata. Ciò nonostante da Corso Regina non sembrano arrivare risposte che vadano in aiuto alle aziende.
In passato abbiamo denunciato come un numero insufficiente di infermieri per pazienti da assistere possa essere causa di mancate cure e addirittura aumento della mortalità. Mai come oggi ribadiamo questo concetto e aggiungiamo che le competenze specifiche sono fondamentali. Ancora una volta disposizioni irrealizzabili calate dall'alto alle Aziende da parte del DIRMEI che forse non ha idea di quale sia la situazione, e che se attuate deve essere chiara la responsabilità.
LA SITUAZIONE ASTIGIANA
Nel presidio ospedaliero Astigiano attualmente il "covid" alta intensità occupa 10 posti letto di terapia intensiva e 8 di semi-intensiva.
"Rispetto alla prima ondata (marzo-aprile) - spiega Gabriele Montana, segretario provinciale, paradossalmente la situazione è ancora peggiore per i colleghi impegnati in queste realtà. In quei mesi l'attività chirurgica nelle sale operatorie e day hospital era stata sospesa e il personale inviato a prestare opera in rianimazione in supporto ai colleghi".
Attualmente invece, l'attività chirurgica prosegue seppur in maniera minore e pertanto mantiene il suo personale che non può, come un anno fa, correre in parziale aiuto (ricordiamo comunque che ci sono sempre i pazienti oncologici e interventi chirurgici che in qualsiasi momento e situazione non si possono rimandare oltre) dei colleghi dell'area intensiva Covid. Proprio per questo Nursind ha chiesto l'assunzione di personale, perché se è opportuno non paralizzare l'attività chirurgica è pur vero che non si può pretendere di far fronte a questa emergenza con un numero inadeguato di operatori.
L'impressione è che sia sfuggito ai "piani alti" più di qualcosa. Forse per ricalibrare la bussola e trovare nuovamente la retta via sarebbe opportuno che qualcuno scendesse dai piani alti della Regione nei reparti, indossasse per qualche ora quelle tute e facesse un giro tra i pazienti, per scoprire davvero cosa si prova. Questa vuole essere un invito che di certo rappresenterebbe un'opportunità utile e apprezzata. Noi sanitari stiamo conducendo una battaglia feroce contro il nemico Covid da un anno ormai, il nemico è sempre lo stesso così pure i soldati però...
Soldati stanchi, demoralizzati, costretti a fare i conti con turni estenuanti, riposi saltati e rinuncia alle ferie. Questo a nostro avviso è davvero troppo!