Attualità - 27 marzo 2021, 07:30

Viviamo in un posto bellissimo: primavera, capitalismo e avidità

Dopo un anno da dimenticare, dovremmo toccare nuovi approcci ai problemi, alla loro gestione e alla celebrazione dei risultati. E invece...

Volevo scrivere di primavera, di rinascita: bella metafora del nuovo Rinascimento che dovremmo cercare post virus. E invece, ecco che ti arriva Boris. Boris Johnson, scapigliato premier britannico. Scapigliato non certo a ricalcare lo spirito di ribellione di Cletto Arrighi (Carlo Righetti) e amici verso cultura tradizionale e buonsenso borghese, ma solo per cause tricologiche. Impossibile non parlarne: Johnson, nel celebrare in settimana i risultati vaccinali, se n’è uscito con la celebrazione di capitalismo e avidità a cui imputare, secondo lui, tutti i meriti. Sembrava di risentire Gordon Gekko: Greed is good, l’avidità è buona. Solo che Boris non è l’attore principale di un film che racconta i disastri di capitalismo e finanza. Effetti, tra l’altro, che, dal 2008 in poi, abbiamo, volenti o nolenti, toccato tristemente tutti.

Dalle sue parti, apriti cielo. Dalle nostre, le sue parole sono state più vissute come contorno fastidioso alla battaglietta, etta solo perché non dovrebbe esistere, sulle forniture AstraZeneca. E’ odioso pensare che lo sforzo dei giganti farmaceutici sia stato e sia motivato solo dalla ricerca del profitto per gli azionisti, ancor più se consapevoli che il vaccino di Oxford non sarebbe arrivato senza un mare di investimenti pubblici e brillanti scienziati a svilupparlo per i più onorevoli dei motivi: ridurre morti e contagi, uscire dalla pandemia. Boris, accortosi d’averla sparata grossa, si è poi scusato. Fastidioso copione politico, assai di moda non solo in Gran Bretagna, non solo in tema vaccinale.

Spero sia pensiero comune che se avesse detto altruismo invece di avidità sarebbe stato un illuminato statista e non altro. Se avesse poi anche perorato la causa della sospensione dei brevetti, invece di arroccarsi su logiche liberistiche, non dico sarebbe stato da Nobel, ma lì vicino. Non c’è nulla da fare, il contesto porterebbe a cercare il raggiungimento di obiettivi strategici e sociali con la cooperazione tra le forze del settore pubblico e quelle del sistema privato, eppure la realtà è ferma a capitalismo e avidità. Nelle parole e spesso anche nei fatti. L’ora è quella del sommare le forze, moltiplicate dalla partecipazione e da una visione nettamente nuova del cosa ci stiamo a fare qui. Nella speranza tanto cambi presto, buona primavera a tutti.

Davide Palazzetti