Il problema della Dad? Non è la Dad!
Un punto di visto argomentato e preciso di Alessandra Salimbene, astigiana che ha precorso i tempi e a solo 22 anni aveva fondato una web agency e ora dirige un’agenzia di comunicazione e marketing.
Alessandra è soprattutto mamma di Francesco, alle prese come tante con la Dad, da un punto di vista, forse privilegiato per le sue competenze informatiche, che può fare riflettere.
La competenza a servizio della scuola (?)
Durante il primo lockdown, Alessandra, facendo formazione ed eventi on line da quasi 10 anni, si era messa a disposizione delle insegnanti del figlio che frequentava la quinta elementare, per pensare alle lezioni a distanza e realizzare videolezioni in diretta o registrate da inviare alla classe.
“Ho trovato un rifiuto totale, spiega Alessandra, adducendo scuse varie con il risultato che gli ultimi quattro mesi abbondanti di quinta elementare di mio figlio si sono risolti in una serie di compiti assegnati via Whatsapp per iscritto, qualche link a video preesistenti su YouTube, 2 lezioni vocali mandate via Whatsapp dalla maestra principale in cui l’insegnante leggeva (proprio leggeva, parola per parola) alcune pagine del libro di testo e, solo nell’ultima parte dell’anno, una giornata a settimana di videolezioni”.
Alessandra ha ritenuto, oltre al suo aiuto e a quello della nonna, di pagare, durante l’estate un’insegnante privata per il ripasso e, come tanti, ha pensato che si utilizzassero i mesi estivi per organizzare un’attività seria per un immediato futuro che si prospettava comunque in salita.
Piattaforma unica a livello nazionale
“Sarebbe servita una piattaforma unica a livello nazionale per ogni ordine e grado, con procedure definite e studiate centralmente da persone specializzate, da fornire come soluzioni chiavi in mano alle strutture sul territorio, che si comprendessero i punti della formazione a distanza, approcciato in maniera differenza se si tratta della scuola primaria, secondaria e superiore”.
Un sistema insomma che prendesse in considerazione le esigenze didattiche, ma anche quelle di interazione tra scuola e famiglia, quelle di socializzazione dei ragazzi, quelle di rapporto tra le famiglie, quelle di rapporto con il territorio locale
Un’organizzazione utile in questi tempi ma anche in ‘tempi normali’ "per alleggerire i trasporti, supportare gli studenti fragili, compensare difficoltà sanitarie, organizzative, potenziale i programmi, giusto per citare le prime cose che mi vengono in mente parlando di integrazione di didattica a distanza e didattica in presenza, tenendo presente le nuove dinamiche familiari”
Lezioni a volte di soli 35 minuti
E racconta ancora la sua esperienza personale: “Ripartiti a settembre, invece, mi sono ritrovata con mio figlio in prima media, in una scuola molto meglio organizzata di quella precedente dove – comunque – la piattaforma utilizzata è Microsoft Teams, dove i compiti si perdono tra il registro elettronico e Teams, in cui entrati in Didattica a Distanza le lezioni sono passate da 50 minuti a 35 (il Ministero lo consente) di cui spesso almeno 7-8 vengono utilizzati per fare l’appello (l’appello! a voce, su una piattaforma informatica!), dove le lezioni non vengono registrate (non si capisce per quale ragione) e quindi non si da la possibilità di compensare eventuali problemi di didattica o di connessione con le registrazioni, dove i compiti vengono spesso fatti fare sui quaderni e inviati fotografando le pagine e così via”.
Alessandra che condivide la sua esperienza anche con i figli del compagno, che frequentano una quinta elementare e una seconda media, rimarca che ogni singola scuola è organizzata in modo differente: “Tre scuole, tre piattaforme differenti, orari gestiti con tre logiche differenti, grande confusione di genitori e studenti per gestire il tutto, compiti che non si trovano, verifiche che non si riescono a fare, orari che non si incastrano tra loro”.
Saranno danneggiati i nostri giovani per la vita in questo periodo inimmaginabile di Dad?
Il mezzo non è responsabile
“Il problema viene imputato al mezzo e soltanto ad esso e non alla modalità con cui il mezzo viene utilizzato – spiega Alessandra – ma il mezzo non è mai responsabile dell’esito della comunicazione: un mezzo è un mezzo. E in questo momento la didattica a distanza è il mezzo che ci consente di far fare scuola e non lasciare da soli i nostri ragazzi arginando il pericolo sanitario. Non mi pare affatto poco. La socializzazione tramite piattaforme digitali è qualcosa di estremamente presente e già familiare ai nostri ragazzi: attraverso le piattaforme di gioco, le chat e i social media, i nostri figli sanno meglio di noi come non sentirsi soli e interagire anche a distanza. Mio figlio dopo quasi 3 anni dal nostro rientro ad Asti da Roma ancora sente quotidianamente i suoi più cari amici romani, pur non potendoli vedere (causa pandemia) da maggio del 2019”.
La competenza indichi la strada
Si dichiara arrabbiata e indignata, Alessandra, come cittadina, come madre, come professionista e come formatrice. “Perché in tutto questo si evince che ci troviamo in questa situazione non per mancanza di fondi o per mancanza di possibilità tecnologiche, ma per mancanza di competenza, pragmatismo e di senso di responsabilità: quella che dovrebbe avere la classe politica nel prendersi il rischio di dare delle direzioni precise al fine di fare andare tutto meglio possibile.
Le soluzioni proposte:
Scegliere un’unica piattaforma da utilizzare a livello nazionale e strutturarla con alcuni criteri fondamentali di base.
“I ragazzi entrino in una classe virtuale, ogni giorno tramite lo stesso link e con gli stessi orari e vi rimangano per tutta la durata delle lezioni, in modo da non dover saltare da un link all’altro, e che siano gli insegnanti (come avviene nella scuola in presenza) ad alternarsi all’interno delle aule digitali, vengano suddivise le “tipologie” di tempo: lezione frontale, interazione con la classe, domande e risposte, verifiche. Per ognuna si deve utilizzare una differente ergonomia della comunicazione", continua Alessandra.
“Nelle lezioni frontali, si deve utilizzare un’architettura tipo webinar, con insegnante e lavagna a tutto schermo e senza vedere tutti i compagni (cosa che peraltro disturba e distrae), l’interazione può essere gestita come una riunione virtuale, in cui l’insegnante è il moderatore e tutti si vedono tra di loro e le verifiche possono essere gestite tramite sistemi di test on line, quindi senza la necessità di “vedere” gli studenti, con la possibilità per gli studenti di fare domande all’insegnante tramite chat. Per evitare che gli studenti “copino” o comunichino basterà differenziare le domande. Per evitare che consultino i testi basterà fare domande con un contenuto di ragionamento più elevato o fare più domande chiuse nell’unità di tempo”.
Soluzioni offerte da chi da 20 anni utilizza internet da casa gestendo reti di collaboratori, clienti e fornitori tramite la rete e viaggiando.
“Un’organizzazione difficile che oggi stiamo chiedendo di farle a dei bambini e dei ragazzi. Cosa che io ritengo utilissima, perché è questo che per lo più si troveranno a fare nei prossimi anni. Ma che è qualcosa che va imparato. La mia sensazione è invece che anziché sfruttare questa situazione per aiutarli a maturare e imparare ad imparare e a gestirsi in modo autonomo, li si stia colpevolizzando e ostacolando, riversando su di loro le inefficienze di adulti che hanno più difficoltà di loro a ripensare i propri modi e i propri tempi per affrontare questo contesto di emergenza”.
Che conseguenze per il futuro dei nostri figli?
Si legge ornai sempre più spesso delle conseguenze della Dad e la ricaduta sulle famiglie, soprattutto dove manca un livello informatico buono, inevitabilmente si rischia che in tanti, troppi, restino indietro
"Tutto questo non è colpa della Dad, conclude Alessandra, tutto questo con una didattica a distanza fatta con un po’ più di criterio, potrebbe essere evitato proprio grazie alla Dad".