Attualità - 10 aprile 2021, 07:40

Viviamo in un posto bellissimo ancora oppresso da pregiudizi

Puntata dedicata alla speranza di uscire dalla narrazione dei soli vincenti, scordandosi di tutti gli altri. Tutto per colpa del pregiudizio di sopravvivenza

Uno su mille ce la fa: era il 1985 quando Morandi inneggiava a non strisciare mai, a non credere a chi ti da per finito, ad andare finché non suona la campana. Obiettivo del suo cantare e del provarci da parte di molti, l’arrivare primi, il farcela. A diventare una storia vincente da raccontare, ignorando quelle delle persone che non ce l'hanno fatta. Fondamento del cosiddetto pregiudizio di sopravvivenza.

Il termine si deve all’intuizione di un matematico ungherese, Abraham Wald, durante la Seconda guerra mondiale. Era il 1942 quando il governo americano avviò una serie di analisi e studi di supporto alle attività dell’esercito. Gli Stati Uniti erano entrati da poco in guerra e il lavoro affidato agli scienziati dello Statistical Research Group, tra cui Abraham, doveva servire a migliorare la qualità dell’industria militare e a perfezionarne le attrezzature. Fu lui ad individuare un errore logico, il pregiudizio di sopravvivenza. Nello studiare il modo per rendere meno vulnerabili gli aerei, analizzando i fori sulle fusoliere di quelli rientrati, tutti pensarono di aggiungere protezioni nei punti più danneggiati. Tutti meno Wald: i punti non danneggiati erano proprio quelli da proteggere, perché indicavano che gli aerei colpiti in quei punti erano evidentemente stati abbattuti.

Lo stesso errore è presente nel valutare discipline e attività umane tra le più disparate, dalla finanza al sociale, guardando le persone che hanno superato un determinato processo di selezione, quelli che ce l’hanno fatta, e trascurando gli altri. Questo particolare pregiudizio di selezione porta spesso a convinzioni e scelte sbagliate, perché ignorano falliti e fallimenti.

Anche nei discorsi di tutti i giorni, c’è tanto pregiudizio di sopravvivenza, tipo quando non si fanno più le cose come si facevano una volta. Scordandosi che case, auto o aggeggi vari presi ad esempio non sono altro che esemplari sopravvissuti, alla faccia dei milioni di simili che non ce l’hanno fatta. Lo stesso per le persone di successo che, per dirla alla Wald, sono gli aerei rientrati alla base con i fori di proiettile sulle ali, sottostimate nel numero esiguo dei soli sopravvissuti, invece di rappresentare il gruppo molto più ampio a cui appartenevano originariamente.

Tutte ‘ste parole per cosa? Per avere consapevolezza che molti dati e discorsi letti e sentiti quotidianamente sono falsati dal pregiudizio di sopravvivenza e quindi praticamente campati in aria; per allargare la visione e l’operatività pubblica, a proteggere dove i buchi non ci sono; per supportare prima del fallimento gli altri 999; per scegliere se non valga la pena di cambiare tutto.

Abraham Wald

Davide Palazzetti