Cultura e tempo libero - 05 marzo 2022, 13:30

Come si vive in un paese immerso nella guerra?

Prima uscita oggi per la rubrica "Lavorare stanca. Allora leggi", dedicata a Domenico Quirico e Farhad Bitani, con "Addio Kabul"

Addio Kabul - Foto "Letture"

Ho incontrato Domenico Quirico quando avevo sedici anni. 

Nel 2018 Palazzo Mazzetti ha ospitato la mostra “Aleppo. Com’è stata uccisa una città” a cura di Quirico. Ripercorreva i cinque anni di guerra siriana immergendo il visitatore nella distruzione di Aleppo attraverso simulazioni di bombardamenti. 

Possiamo immaginare l’efficacia della mostra su una ragazzina. 

Domenico Quirico,

giornalista italiano, è nato ad Asti nel 1951 e presso la redazione provinciale della città ha iniziato la sua carriera a La Stampa. È stato reporter di guerra in Sudan, Uganda, Tunisia ed Egitto. Nel 2011 è stato rapito in Libia e liberato dopo due giorni; nel 2013 sequestrato in Siria per tre mesi.

Farhad Bitani

ex-capitano dell’esercito afghano, dopo essersi trasferito in Italia come rifugiato politico, ha deciso di dedicare la sua vita al dialogo interculturale e alla pace.

Con l’ultimo testo di Quirico ho deciso di inaugurare questa rubrica. 

Un libro scritto da un astigiano che possa farci riflettere su una domanda quanto mai attuale: ciò che vediamo è effettivamente tutto ciò che c’è?

ADDIO KABUL 

È un dialogo notturno tra un ex capitano dell’esercito afghano e un giornalista occidentale.

Nell’agosto del 2021 le forze armate americane hanno lasciato definitivamente Kabul dopo vent’anni di guerra. E poi? Il dimenticatoio. 

«Ora che la sconfitta è venuta, è il momento di ammetterlo:

l’Occidente è rimasto vent’anni in Afghanistan senza preoccuparsi di conoscerlo»

Quirico apre il libro scagliando questa verità. 

Nelle domande che pone a Bitani, a tratti, si coglie l’imbarazzo di essere dalla parte di mondo che ignora i fatti.

Ciò che vedevamo di questa erano fiabe costruite su bugie ammorbidite e rassicuranti, su discorsi antropologici gracili. 

Come si vive in un paese immerso nella guerra?

In Afghanistan i bambini non sognano di fare il calciatore, vogliono diventare capi; a sette anni si è considerati adulti e si ha un kalashnikov in mano. A scuola si impara che l’unico modo per andare in quel posto meraviglioso che è il paradiso è uccidendo gli infedeli. Allora nell’ immaginazione fanciullesca quello diventa il sogno; si cresce aspettando solo che il mullah dica “vai e fatti saltare in aria”. 

Si vive nel male pensando che sia l’unica vita possibile. 

«Vedi, forse bisognava saperle queste cose prima di portare la democrazia 

in un Paese che si chiede che cosa sia la democrazia. Un panino? Un kebab?»

Eppure gli americani non si sono preoccupati di scoprire l’anima delle persone. 

Questa è la vera sconfitta: la DISINFORMAZIONE.

Allora, se ogni cambiamento inizia dalla conoscenza, Addio Kabul è un invito ad approfondire la realtà che ci circonda; proprio i fatti d’attualità possono essere l’occasione di trasformare la propria ignoranza in responsabilità.

 

 

Esploriamo il diverso.

Aurora Faletti