Sanità - 05 marzo 2022, 07:00

Il polmone ci racconta la paura più atavica

I consigli di Nutrigenomica di Simona Oberto

Per la medicina olistica non è possibile scindere il soma dalla psiche, gli stati d'animo dalle attività fisiologiche. L’idea che le malattie abbiano una eziopatogenesi multifattoriale è sempre più diffusa e si separa sempre meno l’aspetto puramente organico/metabolico da quello psicologico/emozionale. L'emozione diventa quindi determinante nella eziologia della malattia!

Il passaggio da eventi puramente astratti a reazioni somatiche avviene tramite il sistema nervoso e il sistema endocrino: attraverso l’asse ipotalamo-ipofisi, tutti gli “atteggiamenti mentali” si ripercuotono sull’equilibrio ormonale del nostro organismo determinando reazioni di tipo fisiologico e patologico. E così una emozione violenta può provocare un infarto cardiaco, una emorragia cerebrale, delle crisi convulsive o una crisi asmatica. La paura, la collera, la gioia determinano tremori, rossore o pallore del viso, palpitazioni, disturbi viscerali, interessando organi e apparati.

La malattia si manifesta a livello organico come sintomo e a livello psicologico come disagio: secondo questa ottica è possibile distinguere malattie per le quali i fattori biologici, tossico-infettivi, traumatici o genetici hanno un ruolo preponderante e altre per le quali i fattori psicologici e sociali, sotto forma di emozioni, sono determinanti. In queste ultime l'ansia, la sofferenza e in generale le emozioni troppo dolorose trovano una via di scarico immediata nel soma. La psiche scarica sul corpo ciò che per lei sarebbe troppo gravoso da gestire e chi ne fa le spese è l’organo bersaglio, cioè quella parete del corpo deputata a “metabolizzare” quella determinata emozione. Proviamo a dare una lettura psicosomatica alla cosa.

Pensate alla tristezza che, in particolari momenti della nostra vita, ci accompagna e, “spegnendoci il sorriso”, ci rende inconsolibili e fragili. Ecco, la sua voce interna forse ci sta dicendo che è arrivato il momento di lasciarci andare e di abbandonarci senza timore al dolore, al pianto, dando libero sfogo a sentimenti da troppo tempo repressi. Piangere è sicuramente un atto liberatorio, perchè “le lacrime sono il fiume della vita che allontana il vecchio per lasciare posto al nuovo”. Sapete qual è l’organo legato alla tristezza? Il polmone. Lui è l’organo legato al pianto e alla mancanza di contatto con il mondo esterno. I polmoni sono il “centro del dolore”!

Un eccesso di energia provoca un senso di tristezza con pensieri rivolti anche alla morte, mentre una loro carenza energetica favorisce il pianto, il disinteresse per la vita e per le persone, la perdita dell’istinto di conservazione, ma anche un senso di oppressione. Il polmone è indiscutibilmente legato all’aria, l’elemento della Natura che permette la comunicazione tra gli esseri viventi, riempiendo ogni vuoto. Noi necessitiamo di aria, prima ancora che di cibo e acqua.

Le vie respiratorie sono le vie di comunicazione e di scambio tra l'ambiente interno ed esterno. Tutti i disturbi legati all'apparato respiratorio rappresentano simbolicamente il nostro “bisogno di aria", di spazio e autonomia. Così, da un punto di vista psicosomatico, l'asma comunica il rifiuto di prendere contatto con qualcuno o con qualcosa: una situazione o una persona come, ad esempio, una madre troppo soffocante. Pensate ai modi di dire: “Mi manca l’aria” “Lasciami respirare”. “Non mi stare con il fiato sul collo”. Sono espressioni che rivelano la necessità di avere spazio, di non sentirsi sopraffatti, di sentirsi “liberi”.

I polmoni sono legati al primo e all’ultimo istante di vita: grazie a loro il neonato compie il primo vagito e il morente esala l’ultimo respiro. Estrema gioia ed estremo dolore uniti in un unico e fondamentale atto respiratorio! Vedete, a livello simbolico, quale importanza rivestono i nostri polmoni? Allora oggi proviamo a conoscerli più da vicino! Rilassatevi sulla poltrona e fate un bel respiro profondo e scendiamo attraverso la laringe, lungo la trachea. Entrambe le strutture servono a veicolare l'aria dall'esterno verso i polmoni durante l'inspirazione e in senso opposto durante l'espirazione.

Se scendiamo ancora più in profondità arriviamo ai bronchi: i condotti dell’apparato respiratorio che consentono il passaggio dell’aria tra la trachea, i bronchioli e gli alveoli polmonari. Ecco perché vengono definiti “organi di relazione e di scambio”. I bronchi derivano da un preciso foglietto embrionale chiamato “ectoderma”, controllato dalla corteccia cerebrale! Dal punto di vista psicosomatico, si attivano quando ci sentiamo “minacciati”, quando ci sentiamo in “pericolo” perché qualcuno invade il nostro territorio. Quando qualcuno o qualcosa “ci toglie l’aria”.

E il nemico può essere un veleno, un virus, una tossina, una persona o una situazione. Nel momento in cui viviamo il conflitto, di solito inter-familiare, la corteccia cerebrale ulcera i bronchi per far passare meglio l’aria, li “apre” e una volta passata la minaccia, la corteccia aumenta la funzione e cicatrizza, calcificando le necrosi (ulcere), usando muco bronchiale. Il tutto verrebbe diagnosticato dal vostro medico come una bronchite. Ma la minaccia (fisica o emozionale) in alcuni casi può scendere ancora più in profondità, fino agli alveoli. A differenza dei bronchi, gli alveoli derivano da un foglietto embrionale completamente diverso: l’endoderma. Tale tessuto è controllato dal tronco encefalico, il cervello arcaico, il più antico. Ora siamo nel centro dei polmoni. Qui possiamo fare conoscenza con le paure più profonde: la paura del dolore e della morte.

La paura arcaica di soffocare, di affogare. Stiamo parlando della paura viscerale per antonomasia. Dal punto di vista fisiopatologico parleremo di polmonite, caratterizzata da una infiammazione del tessuto polmonare, in particolar modo degli spazi inter-alveolari e dei bronchioli. Cosa avviene durante una polmonite? Si attivano i foglietti embrionali: endoderma ed ectoderma: il primo controllato dal tronco encefalico e il secondo dalla corteccia cerebrale.

Due cervelli, con due vissuti completamente diversi, collaborano per sconfiggere la “minaccia” e la paura della morte. Ma possiamo dare una lettura psicosomatica anche a una specifica sintomatologia che si accompagna spesso alle affezioni che interessano i polmoni: la perdita del gusto e dell’olfatto, due sensi strettamente correlati. Le papille gustative sulla lingua identificano il gusto, mentre i nervi nel naso riconoscono l’odore. Entrambe le sensazioni vengono comunicate al cervello, che integra le informazioni in modo che i sapori possano essere riconosciuti e apprezzati.

La perdita parziale o completa dell’olfatto sono i disturbi più comuni delle influenze che colpiscono il nostro apparato respiratorio. Poiché la distinzione dei sapori si basa principalmente sull’olfatto, ci accorgiamo che la propria capacità di sentire gli odori è ridotta, quando il cibo sembra insapore.

I centri del gusto e dell’olfatto hanno a che fare con il lobo sinistro dell’insula, quella porzione della corteccia cerebrale che gestisce, non a caso, le percezioni interne ed esterne ambientali. In particolare, l’olfatto è lo strumento che ci avvisa di eventuali minacce nel territorio. Vedete come sono collegate le cose? Quando ad ammalarsi sono i nostri polmoni potrebbe essere che stiamo vivendo o percependo un clima di sospetto, segregazione, paura e malattia.

L’olfatto (il senso più arcaico dell’uomo) ha a che fare anche con il sentirsi partecipi nell’ambiente in cui si vive: l’odore dell’appartenenza, del sentirsi parte di un gruppo. L’isolamento è molto deleterio per l’uomo, così come il sentirsi estraneo o straniero. Nella perdita dell’olfatto questo senso di appartenenza viene a mancare: è come se ci sentissimo “tagliati fuori dal gruppo” e questo ci terrorizza. Ecco che a questo punto, il quadro psicoemotivo si può ulteriormente aggravare, perché la tristezza, legata alla paura dell’isolamento, porta l’uomo nel panico più totale. Tutte le certezze svaniscono, ci si sente imprigionati e soli. Condizioni queste in cui si ha la sensazione di avere perso tutto, di non avere più punti di riferimento, di dover lottare per sopravvivere. Riaffiora l’atavica paura: quel senso di nullità e disperazione legato alla perdita dei punti di riferimento.

Ecco cosa si cela a livello psicosomatico dietro alle patologie che interessano i nostri polmoni! Ma i polmoni sono anche organi emuntori molto importanti, il cui compito non è solo quello di ossigenare il nostro sangue, ma anche quello di rilasciare le sostanze di rifiuto generate all’interno del nostro organismo.

I polmoni espellono soprattutto sostanze di rifiuto gassoso, ma possono anche espellere rifiuti solidi come ad esempio polveri domestiche, polveri da inquinamento atmosferico, pollini. Ma la maggior parte dei rifiuti solidi espulsi dai polmoni sono il risultato degli scarti dovuti a una ritenzione di tossine nel sangue, che con il tempo possono intaccare le “mucose degli alveoli polmonari” e, accumulandosi nelle vie respiratorie e nei seni frontali, andranno ad ostacolare la respirazione causando le più svariate malattie respiratorie.

Questo causerà un indebolimento generale che andrà ad aprire la strada all’attacco di batteri e virus. Ma ricordatevi, il “microbo nulla o poco può su un terreno sano e vitale”! Quello che fa la differenza sarà unicamente il vostro stato di salute! E la salute è “conoscenza”: cosa posso fare per mantenere integri i miei polmoni, cosa devo fare per potenziarli, cosa non devo fare? Cosa mi raccontano i suoi sintomi? Impariamo ad avere rispetto per il nostro corpo e smettiamo di trattarlo come un “bidone della spazzatura”!

Redazione