Agricoltura - 10 giugno 2022, 18:32

I casi laziali di Peste Suina tra maiali domestici ‘spaventano’ il mondo dell’allevamento

Asti Agricoltura chiede pronti interventi per contenere il problema, mentre l'assessore Icardi sottolinea l'efficacia degli interventi attuati in Piemonte

Allevamento di maiali - Foto d'archivio

La Peste Suina che ormai da mesi rappresenta un’enorme problematica per gli allevamenti piemontesi e liguri ha travalicato i confini regionali con due casi di maiali infetti nella zona rossa laziale: primi casi di infezioni in Italia che colpisce direttamente i suini domestici.

Non riusciamo a comprendere che cosa si stia ancora aspettando - dichiara Gabriele Baldi, presidente di Asti Agricoltura – perché stiamo perdendo tempo prezioso, con provvedimenti a rilento, senza che venga attuata nessuna azione di depopolamento nelle aree infette, mentre al di fuori di queste l'abbattimento dei cinghiali, rispetto agli anni precedenti, è pressoché inesistente".

Nella Repubblica Ceca, ricorda Confagricoltura, la Peste Suina Africana è stata eradicata in poco più di un anno e mezzo dal ritrovamento del primo cinghiale infetto; dopo tre mesi dall’inizio dell’emergenza sono stati avviati gli abbattimenti dei cinghiali con l’impiego di cacciatori e tiratori scelti delle forze dell’ordine.

Da noi – afferma Mariagrazia Baravalle, direttore della Confagricoltura astigiana - sono passati cinque mesi senza che siano state adottate misure significative di contenimento della popolazione di cinghiale e la posa delle recinzioni, considerate propedeutiche per l’avvio degli abbattimenti, sono appena iniziate; dagli ultimi dati risulta che siano stati abbattuti circa 2.000 capi di cinghiali a fronte di un obiettivo a nostro avviso già ampiamente sottostimato, di 38.000 cinghiali”.

Ed aggiunge: “Nella giornata di ieri abbiamo incontrato nella Sala del Consiglio Provinciale di Asti il Commissario Straordinario per la PSA nominato dal Ministero, Angelo Ferrari, dal quale abbiamo ascoltato con interesse una relazione particolareggiata delle difficoltà e di quanto fatto sinora. Siamo però fortemente preoccupati perché abbiamo avuto conferma che per ora non sono previsti fondi per il depopolamento da attuare con i piani regionali!”.


LA PREOCCUPAZIONE DELL’ASSESSORE REGIONALE ALLA SANITA’

Gli episodi laziali allarmano anche l’assessore regionale alla Sanità Luigi Genesio Icardi, con riguardo per le conseguenze che i casi potrebbero potrebbero avere sull’intera filiera della suinicoltura nazionale. Icardi auspica che la Commissione europea e il Governo nazionale sappiano tener conto dei tempestivi ed efficaci sforzi compiuti dal Piemonte per impedire la diffusione del contagio.

“Ciò che è avvenuto nel Lazio - osserva l’assessore è la controprova di come le drastiche misure assunte fin qui a caro prezzo dalla Regione Piemonte, d’intesa con le Organizzazioni di categoria agricole, siano state non solo utili, ma indispensabili, tanto da rendere impossibile il contagio dei suini nella zona rossa del Piemonte, semplicemente perché tutti i capi suini presenti in questa area (circa ottomila) sono stati immediatamente abbattuti per creare un cordone di massima sicurezza sanitaria, con una spesa a carico della Sanità regionale di oltre due milioni di euro di indennizzi per gli allevatori a totale copertura del danno”.

“Tutto ciò a tutela della filiera suinicola piemontese che vale circa un miliardo di euro e consta di circa 1.300.000 capi suini”, ha concluso l’assessore.

Redazione