“Buongiorno Avvocato,
le scrivo perché ho deciso di separarmi da mio marito, con una scelta ormai irrevocabile maturata dopo molte riflessioni.
Siamo sposati in comunione legale, ma mio marito è sempre stato molto attento a versare tutte le somme su un conto corrente che aveva aperto prima del matrimonio e che è intestato solo a lui.
So che si tratta di importi considerevoli, ma secondo mio marito sono solo suoi.
In caso di separazione, mi spetta la metà di quelle somme?”
Cara lettrice,
la risposta al quesito che mi pone non è semplice, in quanto a non essere semplice è il regime della comunione legale dei beni.
La comunione legale dei beni viene definita, in termini giuridici, come comunione senza quote o a mani riunite. Significa che entrambi i coniugi sono contemporaneamente titolari degli interi beni in comunione e non solo di una loro quota.
La comunione legale dei beni si costituisce al momento del matrimonio, salvo i coniugi scelgano un diverso regime, e si scioglie al momento della separazione.
Più precisamente, la comunione legale si scioglie:
1) nel momento in cui i coniugi sottoscrivono il verbale di separazione consensuale (è consensuale la separazione in cui i coniugi sono d'accordo sulle condizioni di separazione, es. affidamento di eventuali figli, mantenimento, assegnazione casa coniugale), oppure
2) nel momento in cui il Presidente del Tribunale autorizza i coniugi a vivere separati dopo la prima udienza, nel caso di separazione giudiziale (cioè la separazione in cui non vi è accordo sulle condizioni).
Non tutti i beni dei coniugi entrano però nella comunione legale.
Infatti, secondo gli articoli 177 e ss. del codice civile, costituiscono beni in comunione legale gli acquisti compiuti dai coniugi, insieme o separatamente, durante il matrimonio o le aziende gestite da entrambi i coniugi.
Al momento della separazione, cessa automaticamente la comunione legale e i coniugi diventano titolari dei beni che la componevano per la quota di 50% ciascuno.
Ci sono però anche beni che non rientrano in comunione e beni che vi rientrano solo se esistenti al momento dello scioglimento della comunione.
Tra i beni che non entrano in comunione (cosiddetti beni personali), si annoverano: a) quelli su cui il coniuge aveva un diritto di proprietà o altro diritto reale prima del matrimonio; b) i beni pervenuti al coniuge tramite donazione o successione, salvo la donazione o il testamento non disponga espressamente che tali beni ricadono in comunione; c) i beni di uso strettamente personale di ciascun coniuge; d) i beni ottenuti a titolo di risarcimento danni; e) i beni acquistati con i proventi derivanti dal trasferimento di altri beni personali.
In caso di separazione, il coniuge non può accampare nessun diritto sui beni personali dell'altro, proprio perché non rientranti in comunione.
Vi sono infine beni che rientrano nella comunione legale solo se esistenti al momento dello scioglimento (cosiddetta comunione de residuo).
Appartengono a questa categoria: a) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione; b) i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi, se non consumati al momento dello scioglimento della comunione; c) i beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio o gli incrementi alla predetta impresa costituita prima del matrimonio.
I beni della comunione de residuo, se esistenti al momento dello scioglimento della comunione legale, rientrano in essa e sono suddivisi secondo le regole della comunione legale. Tuttavia, prima dello scioglimento, i beni della comunione de residuo sono di proprietà esclusiva di uno dei coniugi, a differenza dei beni della comunione legale, che appartengono a entrambi i coniugi già durante il matrimonio.
Ciò esposto, per rispondere alla sua domanda, cara lettrice, occorrerà verificare qual è la provenienza delle somme versate sul conto corrente.
E' questa infatti la risposta data dalla giurisprudenza maggioritaria, la quale, ad esempio, e in applicazione dei principi suesposti, ha avuto modo di affermare che "il danaro ottenuto a titolo di prezzo per l’alienazione di un bene personale rimane nella esclusiva disponibilità del coniuge alienante anche quando esso venga, come nella specie, dal medesimo coniuge depositato sul proprio conto corrente" (Cass. 1197/2006 e questo perché, come sopra illustrato, il ricavato dalla vendita di un bene personale non ricade in comunione, ma resta bene personale). Sempre applicando i medesimi principi, la stessa Corte di Cassazione ha, pochi anni dopo, affermato che "il saldo attivo del conto corrente bancario intestato ad uno dei coniugi in regime di comunione dei beni (titolarità individuale) e nel quale siano confluiti proventi dell’attività separata svolta dallo stesso, entra a far parte della comunione legale dei beni al momento dello scioglimento della comunione stessa con conseguente sorgere solo da tale momento di una titolarità comune dei coniugi sul saldo stesso" (Cass. 2008/19567, perché in questo caso, vista la provenienza del bene, le somme sono state ritenute non personali, ma rientranti nella comunione de residuo e quindi da dividersi tra i coniugi al momento della separazione).
Quindi, per concludere, il fatto che le somme siano depositate su un conto corrente intestato unicamente a suo marito, non esclude che, verificate le circostanze di cui sopra, lei possa ottenerne la metà.