Deus est tenebra in anima post omnem lucem relicta
Dio è la tenebra che rimane nell'anima dopo ogni luce
Il libro dei ventiquattro filosofi, Def. XXI
Un misterioso testo apparso, dalle prime testimonianze intorno alla metà del XII secolo; una serie di ventiquattro definizioni assai oscure, tra il poetico, il mistico, il teologico e il filosofico; autore/autori ancora sconosciuti; un argomento fondamentale: la definizione di Dio. Questo è il Libro dei ventiquattro filosofi, uno dei codici medievali più affascinanti, una lettura ardua e appassionante, una profondità che sfiora le massime vette del pensiero.
La scelta della definizione non può che essere arbitraria: avrei potuto optare per sentenze ben più famose (Dio come sfera infinita o Dio come movens immobilis, ovvero immobile pur attraverso il movimento, per esempio) che quella che qui presento. Ho però individuato questa particolare definizione e deciso di soffermarmici sopra per almeno due motivi: 1) è rappresentativa di una linea interpretativa filosofico-teologica ben determinata e specifica, la teologia negativa e 2) perché controintuivamente associa due principi contrapposti superandone la conflittualità reciproca per poi cogliere in essa un quid pluris degno di considerazione.
Incominciando dal punto 1), l'immagine di Dio che risulta è di una ontologica e assoluta trascendenza rispetto all'essere umano che cerca invano un modo per conoscerlo e per predicarne gli attributi. Lo scacco, il fallimento di ogni nostro tentativo di gettare luce sul mistero teologico si trova qui espresso direttamente. Ciò non vuol dire che si debba abbandonare ogni tentativo di impegnarsi razionalmente e discorsivamente a fornirne definizione o a sondarne quanto meno l'intelligibilità, ma che è necessario avere la consapevolezza dello scacco dovuto allo scarto ontologico prima menzionato: ogni fiammella che il nostro lume naturale riesce ad accendere, ogni superficie che la nostra ragione riesce a illuminare altro non è che un riflesso, sbiadito e deformato, di ciò che è Dio. Di Dio, allora, possiamo parlarne solo negativamente, solo rivolgendosi a ciò che non è. Teologia negativa, è questo il filone filosofico-teologico cui poter ascrivere questa sentenza.
Diretta conseguenza, è l'associazione che si è introdotta con il punto 2): tenebra e luce. Dio non è, come si è soliti immaginare, luce onnipervasiva (basti pensare alla Divina Commedia), ma tenebra come dimensione trascendente la luce stessa. Se la luce sono le nostre nozioni di Dio - siano esse trasmesse dalla religione, dagli studi teologici o filosofici - esse sono come un velo che ricopre e oscura la sua vera natura. Dire che Dio è luce, ma anche affermare che Dio è tenebra a ben intendere, sono a loro volta affermazioni sottoposte ad un regime positivo che viene negato quando ci si avvicina al vertice del pensiero.
Oltre la luce, la tenebra significa trovarsi direttamente al cospetto dell'indicibile che però non può che essere detto e ridetto sempre provvisoriamente, sempre negativamente. Ed è proprio questo fallimento costitutivo dell'essere umano che la teologia negativa mette al centro oltre ogni positiva acquisizione.