Cultura e tempo libero - 09 aprile 2023, 19:30

Che fai a Pasquetta? Cerro Tanaro, Sidney e ciambelle

Nuova uscita per la rubrica "Lavorare stanca. Allora leggi"

Foto Letture

Qualche mese fa mi scrisse la mia maestra di matematica delle elementari chiedendomi di prendere un caffè insieme.

Essendo che se devo fare un qualsiasi tipo di moltiplicazione chiedo a Siri oppure conto con le dita, mi pare ovvio pensare che è dalla maestra Loredana che nacquero tutti i miei traumi per il mondo scientifico. 

E quindi al bar, dieci anni dopo, a prendere un caffè con lei, ci arrivo un po' sudata.

Ma la maestra Loredana è com’è sempre stata: composta ma con quello stile da surfista un po' selvatica. Da lei imparavo la tabellina del tre ma ammiravo quella sua aura di tranquilla ferocia.

Mi dice che suo figlio ha scritto un libro.

Cioè, mi dice di tutti i viaggi che suo figlio ha fatto negli ultimi anni e poi che ha scritto un libro.

Mi dice che porca miseria lei non lo sapeva che stesse scrivendo un libro, che lui fa tutte le cose di nascosto da lei.

È sempre tenero riconoscere la propria madre nella madre degli altri e sentirsi affine a quell’altra prole straziata anch’essa da premure, ansie, lusinghe e contratti da manager mai richiesti. 

Mi dice che comunque questo libro dovrei proprio leggerlo. 

Qualche settimana fa è entrato da Marchia un ragazzo alto, riccio, due occhi blu che mi hanno toccata, attraversata, perforata e bruciato pure le ultime copie del principe Harry dietro di me. 

“Auvova?”

“Scusa?”

“Sei tu Auvova?”

Eccolo qui il figlio della maestra Loredana, con la R moscia. 

Francesco cresce a Cerro Tanaro e nella placidità del suo paesino astigiano si trova il posto fisso, il lavoro d’ufficio. Otto anni a timbrare il cartellino e poi, issa: si alza, Lonely Planet, zaino e biglietto per l’Australia. 

Alba e Ciambelle è il libro di viaggio di Francesco Bergamasco.

Dalle melanzane ripiene della zia di Sidney alla Thailandia; lo street food del Vietnam, Bangkok, i monaci buddisti arancioni, le birre di Hanoi, i templi, la Nuova Zelanda, New York e il silenzio assordante di Tokyo.

Alba e Ciambelle è il libro dell’ultima goccia di Francesco Bergamasco

Quell’ultima goccia che lo porta ad un cambiamento di vita, senza sensi di colpa e senza vanificare il suo percorso bensì provando ad aderire di più a se stesso. 

“Nomadi pieni di vita, di storie che non si sa come raccontare”

E lui lo dice che non è mica semplice come su Pinterest, che è vero che sembra di non avere mai il tempo di farlo perché la domenica c’è la partita e il sabato l’aperitivo. 

E però se hai quella cosina che ti brucia dentro prima o poi ti ustiona, urli e la fai uscire e ti rendi conto che ti lamenti di una routine che ti sei dato tu da solo. 

Io ho avuto una paura tremenda di ordinare un’altra pizza che non fosse tonno e cipolle o di non passarmi il filo interdentale per una sera eppure basta iniziare da queste piccole cose per capire che scalcificarci dalle abitudini non è chissà che.

Prima di immergermi in Alba e Ciambelle ho pensato che scrivere un racconto di viaggio fosse una bella mossa: i luoghi estremi e i cagotti improvvisi vanno sempre forti. 

Ho pensato che è meno filosofico dei romanzi di Gianluca Gotto, è meno cruento di quelli di Tiziano Terzani, è meno lacrimevole di Paolo Cognetti e di sicuro meno estremo di Into the Wild.

È più spontaneo, naturale, autoironico. Poi ogni tanto ci infila pure qualche frase in piemontese, un bicchiere di vino e degli agnolotti e quindi si accattiva pure tutto il pubblico contadino. Lecchino.

Ma poi dovreste vedere l’interno del libro. La Gagio Edizioni gli ha permesso di appiccicare tante fotografie e dei piccoli coccodrillini vicino all’angolo della pagina. La chicca finale è un QR code che rimanda alla playlist con le canzoni che l’hanno accompagnato in ogni paese.

Fa sempre bene leggere queste esperienze. 

Io ho camminato due settimane per Cuba con uno zaino e col cagozzo e guardando le stelle ogni sera senza preoccuparmi dei miei vestiti stropicciati. Ed è anche un po' vero che quando ritorni a casa fai fatica a rientrare negli schemi e fai poi fatica a ricordarti che gli schemi potrebbero essere meno rigidi. 

Ad esempio, Francesco non vuole professarsi santone o travel influencer. 

Mi pare di aver capito che gli piaccia la città in cui vive e il lavoro che fa ma che dopo ogni viaggio si senta meno incline all’accumulo e al materialismo; più disposto a trovare l’equilibrio tra modernità e natura.

Per cui, viaggiare attraverso Francesco, mi ha ricordato di lasciarmi meravigliare dal quotidiano per l’unico fine utile e cioè quello di stare bene, di essere serena, di essere presente.

E quindi domani ci provo anch’io dal mio balcone a guardare l’alba e mangiare ciambelle.

Uscite, camminate, cambiate strada, venite da Marchia a prendere il libro di Francesco perché fa bene all’anima. Come la grigliata a Pasquetta.

Aurora Faletti