“...vi farà dono di certe specie di pesci in carpione tali da leccarsi i baffi. Verrete non quando vi aggraderà, ma quando vi condurrà qui il volere di quel grande, buono, misericordioso Dio, il quale non creò la Quaresima, bensì le insalate e le aringhe, le carpe ed i lucci, le umbrine e le alborelle, le spinarelle e le tinche, i barbi ed i ghiozzi.”
Parole di François Rabelais, scrittore, umanista, medico e frate, autore di un solo grandioso libro, summa del Rinascimento, libro dalla modernità sconvolgente, origine cinquecentesca di più recenti surrealismo e non-sense: Gargantua et Pantagruel. Parole indirizzare, intorno al 1530, ad Antoine Hullot, avvocato di Orléans incaricato dell’amministrazione della giustizia in nome del re di Francia, attraendone la gola con la prospettiva di un grandioso carpione.
Piatto e tecnica di conservazione che già consigliava Martino de' Rossi, noto come il più importante cuoco europeo del XV secolo. Nel suo Libro de Arte Coquinaria, caposaldo della letteratura gastronomica italiana, suggerisce più volte l’uso di una salamoja di aqua et aceto a valorizzare la carne gentile e corruttibile dei pesci lacustri.
Piatto assai gradito, e poi molto in voga, nel Cinquecento, conseguenza dei dettami della Chiesa Cattolica sul digiuno quaresimale, con la diffusione sulle tavole rinascimentali di più pesce. Pesce assai deperibile, con i frigoriferi ben al di là da venire, e non sempre facile da reperire. Ecco allora che l’antica tecnica di conservazione nell’agro, mutuata dall’uso nell’antica Roma sin dall’alto Medioevo, toccava picco d’utilizzo e picchi da esteti della tavola. Tecnica perfetta anche per attenuare il sapore di fango di diversi pesci d’acqua dolce. Più pesce, ma per i ricchi, che a tutti gli altri restavano giusto verdure e tuberi per rispettare i canoni di digiuno. Un grande esempio, in una lettera del 1495 di Isabella d’Este a un suo fiduciario, incaricandolo di “mandiati un homo a posta a Sallò et ci faciati comperare trecento carpioni che siano di bella sorte et boni...”. Trecento carpioni? E sì: Carpione, pesce d’acqua dolce della famiglia dei Salmonidi, molto apprezzato da Isabella, e non solo. Pesce di laghi profondi, che oggi si trova, con crescente difficoltà, solo nel lago di Garda.
Il Carpione ha fatto diventare in carpione tutto il pesce conservato in agro e col tempo il carpione è stato utilizzato per insaporire e conservare tanti altri cibi, tra cui carni e verdure. In Piemonte la triade collinare d’antica tradizione contadina prevede uovo, zucchine e cotoletta; sui laghi, soprattutto, si usa poi la variante con i pesci di acqua dolce. D’estate, difficile trovare una trattoria o ristorante che non proponga, più o meno occasionalmente, qualcosa in carpione, alcuni lo hanno anche in carta, ma non moltissimi.
Per questo trovo eccezionale la proposta estiva di Astigiani, associazione, rivista e organizzatore da anni del mitico Bagna Cauda Day. Tre mesi di carpione nei menù di ristoranti, trattorie e agriturismi tra Asti, Astigiano e Piemonte con noi, carpionisti, a giocare al Carpionato del mondo. Sfida nella sfida, fornendo a tutti una sorta di lasciapassare, un libretto da farsi timbrare ad ogni carpione degustato in locali diversi. Più timbri, più premi e il moltiplicarsi del piacere di scoprire posti, ricette e location sempre nuove. Bravi, tutto bellissimo. Non vedo l’ora arrivi presto il 23 giugno.