Al Direttore - 01 dicembre 2023, 08:30

"Ma Caravaggio dov'è?", anche AstiOltre torna sulla mostra di Palazzo Mazzetti

"La mostra, pur pregevole, propone una sola opera. Il nome altisonante è specchietto per le allodole. E il prezzo è eccessivo. Non è che siamo fuori quota?"

Dopo la consigliera Vittoria Briccarello, anche l'associazione AstiOltre entra nel merito dell'esposizione de "La canestra" di Caravaggio. Al centro della riflessione la convenzione scaduta tra Comune e Fondazione Asti Musei, la mostra con un'unica (pregevolissima) opera e il prezzo del biglietto non proprio popolare.

Pubblichiamo le riflessioni

Sono passati quattro mesi dalla prima richiesta di apertura di un confronto franco e trasparente sul futuro delle politiche per la cultura a livello cittadino e provinciale in vista di una profonda revisione della convenzione, scaduta il 12 ottobre e da rinnovare, tra Città di Asti e Fondazione Asti Musei.

Sia la prima che le richieste successive sono andate a sbattere contro il consueto muro di gomma. Inevitabile quindi tornare sull'argomento, anche in presenza di nuove discutibili iniziative, come la cosiddetta mostra-evento in corso a Palazzo Mazzetti.

Non entriamo nel merito della scelta artistica, in sé di valore, ma avulsa da un qualsiasi progetto o strategia di ricerca e crescita culturale, ma, come altri eventi del passato, calata dall'esterno senza la minima contestualizzazione e con meri obiettivi commerciali.

Ci permettiamo tuttavia di sottolineare almeno due elementi dell'operazione molto gravi dal nostro punto di vista. La mostra, pur pregevole, viene presentata in modo capzioso come mostra di Caravaggio, nome altisonante sparato a caratteri cubitali, mentre del grande artista viene proposta una (dicasi una) sola opera: un meccanismo purtroppo collaudato in precedenti eventi in cui sono stati spesi nomi altisonanti, come specchietti per le allodole.

Quindi, anche la mostra in corso, nasce e si propone con i limiti delle esperienze precedenti. Ancora una volta siamo in presenza di una operazione certamente molto costosa (vorremmo essere smentiti, ma i dati veri restano ostinatamente coperti), decontestualizzata e non motivata da un lavoro precedente di ricerca che ne determinasse la necessità o quantomeno il legame con il patrimonio locale o l'utilità di un approfondimento.

A ciò si aggiunga poi la discutibile politica dei prezzi adottata per un evento oggettivamente di interesse limitato proposto ad un prezzo eccessivo (18 euro biglietto intero, più dell'accesso a molti tra i più importanti musei italiani ed europei) soprattutto per le visite delle scolaresche.

In una città in ginocchio come la nostra si chiedono dieci euro a testa per portare gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado a visitare una mostra di nature morte nel Museo che racchiude le collezioni d'arte che sono proprietà di tutti?

E poi scuola materna fino a 15 alunni 100 euro, oltre 120. E poi i servizi per i gruppi: visita guidata 60 euro un'ora fino a 5 persone, più tariffa intera biglietto. Gruppi (turisti?) da 20 persone in su 120 euro più il biglietto.

A quale logica di politica culturale risponde una scelta del genere? Che senso ha far pagare dieci euro a testa ai bambini della scuola dell'obbligo per andare a vedere una mostra? Quante classi potranno andare se i costi sono questi. Cosa dicono le famiglie e il mondo della scuola? Ha senso tutto questo?

Proviamo a darci uno sguardo attorno? A Cuneo offrono la mostra di un prezioso ciclo di opere di Lorenzo Lotto in visita gratuita. A Milano El Greco 15 euro, Hayez 13, Van Gogh a Roma 18. Ingresso a Palazzo Grassi a Venezia 15 euro, Fondazione Cini a Venezia 14, Uffizi Firenze in bassa stagione 12, Museo d'Orsay a Parigi 16.

Non è che siamo un po' fuori quota? O vogliamo fare numeri e incassi facendo cassa sulle famiglie attraverso le visite scolastiche per dire che si fanno mostre di successo che portano gente quindi turismo?

Da qui dobbiamo partire se vogliamo parlare di politica culturale. Giusto investire in cultura, giusto ottenere i benefici di legge previsti per gli investimenti in cultura (art bonus). Questo è un altro aspetto da discutere con trasparenza e partecipazione.

Giusto che la Fondazione di origine bancaria investa fondi in mostre d'arte, ma i benefici di art bonus, che sono tasse in meno pagate quindi soldi nostri, devono essere reinvestiti a beneficio di tutti.

Forse non è abbastanza chiaro che i benefici dell'art bonus sono soldi di tutti e che lo Stato li restituisce per aumentare gli investimenti in cultura, ovvero creare nuove e possibilmente pari opportunità per tutti di crescita civile ai cittadini, non per rimpinguare le casse delle fondazioni da spendere in operazioni commerciali camuffate ad arte e con arte da proposta culturale.

Anche alla luce di queste recenti novità riteniamo e ribadiamo ancora una volta, rivolgendoci a tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione, come sia urgente aprire un dibattito articolato e approfondito per restituire trasparenza alla gestione della cultura e ridare agli organismi elettivi il potere legittimo di decidere le strategie.

AstiOltre

Al direttore


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