“Gentile avvocato,
sono un padre separato con un figlio di undici anni e sono fortemente preoccupato per lui.
Il rapporto con sua madre è sempre stato molto complicato, perché la mia ex moglie è affetta da un disturbo della personalità di tipo borderline, diagnosticato da diverso tempo. Vedo che questo disturbo e i comportamenti che ne conseguono stanno avendo un effetto deleterio anche sulla psiche di mio figlio, che è sempre più inquieto e chiuso in sé stesso.
Per esperienza personale, penso che l’unica soluzione sarebbe quella di ridurre o forse direttamente evitare gli incontri tra mio figlio e sua madre. Mi rendo conto che la mia è una presa di posizione molto forte, ma non riesco a vedere un’altra via di uscita.
Per la legge è possibile questa soluzione?”
Caro lettore,
prima di tutto, mi consenta di manifestarle la mia vicinanza per una situazione che, sicuramente, sta causando grandi sofferenze in tutta la sua famiglia.
In merito ai provvedimenti che possono mutare e persino interrompere d'imperio il rapporto tra genitore e figlio minorenne, rilevano in particolare gli artt. 330 e 333 del codice civile.
Entrambi gli articoli sopra citati sono orientati a tutelare il minore. Ogni limitazione dei diritti del genitore, infatti, può essere disposta solo e soltanto se ritenuta nell’interesse del minore e giudicata prevalente sul diritto, anch'esso riconosciuto e tutelato, di mantenere il rapporto tra genitore e figli.
Nello specifico, l'art. 330 cc disciplina la decadenza della responsabilità genitoriale, che è il provvedimento più incisivo in materia. Con la decadenza, il genitore perde infatti il diritto/dovere di decidere in punto educazione, istruzione e cura degli interessi del minore. La decadenza comporta inoltre una penetrante limitazione delle possibilità di incontrare il minore, fino all'ipotesi di escluderla del tutto.
Quanto ai presupposti della decadenza, essa può essere disposta, ai sensi dell'art. 330 cc, "quando il genitore viola o trascura i doveri" conseguenti alla responsabilità genitoriale "o abusa dei relativi poteri". L'illegittima condotta del genitore, inoltre, deve essere tale da comportare un "grave pregiudizio per il figlio".
L'art. 333 cc contiene invece una serie di possibili provvedimenti, meno impattanti sul rapporto genitore-figlio rispetto alla decadenza dalla responsabilità genitoriale, ma comunque idonei a modificare il rapporto in modo molto significativo.
Nello specifico, l'art. 333 cc cerca di bilanciare la tutela del minore con il suo diritto “ad una crescita equilibrata all'interno della famiglia di origine" (Cass. 21969/2024).
Secondo tale norma, se non ricorrono i presupposti per la decadenza dalla responsabilità genitoriale ai sensi dell'art. 330 cc, ma vi è comunque una condotta di uno o entrambi i genitori in qualche modo pregiudizievole per il figlio minorenne, il giudice "può adottare i provvedimenti convenienti e può disporre l'allontanamento" del minore "dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore".
Si tratta quindi, in ogni caso, di una gamma di possibili provvedimenti molto ampia e comunque incisiva.
Due recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione hanno affrontato la possibilità di limitare i diritti del genitore, affetto da disturbi della personalità, a tutela del figlio minorenne.
Con una prima pronuncia (Cass. n. 21969/2024, pubblicata il 05.08.2024), la Suprema Corte ha dichiarato legittima la decisione dei giudici di merito di sospendere gli incontri tra padre e figlia, rilevando la "totale inidoneità del padre, immaturo ed affetto da ossessioni patologiche, ad intrattenere rapporti sereni ed equilibrati con la figlia, nonostante i tentativi fatti per consentirgli un recupero della capacità genitoriale, falliti per il suo comportamento". La Suprema Corte, nel pronunciarsi in tal senso, ha anche valorizzato la volontà della minore, valutata con un'età ormai idonea a esprimere la propria opinione e che chiedeva la cessazione degli incontri con il padre.
Una seconda pronuncia, di poco successiva (Cass. 23097/2024, pubblicata il 26.08.2024), ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito di dichiarare una madre “inidonea a svolgere il ruolo genitoriale, non essendo ella in grado di assumere atteggiamenti e condotte finalizzati a curare lo sviluppo psichico ed affettivo della figlia... tale situazione, caratterizzata da un disturbo della personalità, grave e non transitorio…richiede…un percorso terapeutico di recupero finalizzato ad affrontare le criticità che incidono sull'equilibrio psico-emotivo della reclamante, tali da determinare un impedimento al corretto esercizio delle responsabilità genitoriali, che appare incompatibile con le attuali necessità della minore”.
Nella predetta motivazione, la Corte ha altresì affermato che lo svolgimento, da parte della madre, di un’attività lavorativa e l’amore verso la figlia, accertato dai periti nominati dal giudice, non sono sufficienti ad evitare la decadenza dalla responsabilità genitoriale, a fronte delle sopra riportate problematiche del rapporto genitoriale.
Un provvedimento che impedisca a un genitore di vedere il figlio in ragione di un disturbo di personalità è dunque possibile. È tuttavia necessaria un’attenta valutazione caso per caso, con l’attivazione di un procedimento giudiziario, in cui saranno verosimilmente coinvolti anche assistenti sociali e periti nominati dal giudice.
Il consiglio che mi sento di darle è quindi quello di rivolgersi a un legale di sua fiducia, al fine di esaminare nel dettaglio la situazione e decidere quali siano le azioni più opportune a tutela di suo figlio.