Un Occhio sul Mondo - 14 giugno 2025, 09:00

'Armiamoci pure ma poi chi parte?'

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

In un momento storico in cui la parola guerra vola di bocca in bocca e viene continuamente suffragata da eventi sempre più drammatici, si conferma un teorema, altrettanto drammatico, che le sorti del mondo sono nelle mani di poche persone che, tra l'altro, non sembrano essere prodotti top del genere umano.

Pertanto, si tratta di uno scenario gestito da un potere estremamente accentrato, che non sembra preoccuparsi più di tanto del volere popolare che, per quanto molto in ritardo e troppo timidamente, comincia ad affacciarsi sulla scena, con i primi sondaggi relativi al pensiero della gente comune, in merito a quanto sta accadendo.

I risultati che stanno emergendo, soprattutto quelli relativi alle popolazioni occidentali, non appaiono molto allineati con i proclami e le policy che i loro Governanti stanno attuando verso il conflitto russo-ucraino e, più in generale, verso i temi del riarmo e di potenziali interventi militari. E, come si sa, i numeri talvolta sono più fragorosi dei proclami.

La Gallup World Poll è una società di consulenza e ricerca americana specializzata che, nel 2024, ha ripetuto un sondaggio già effettuato nel 2013, in 45 Stati del mondo, interessando un campione di circa 46mila persone. La domanda principale sottoposta all'intervistato, forse un po' generica ma profondamente significativa, è stata quella se, in caso di bisogno, fosse stato disposto a combattere in prima persona per il proprio Paese.

Le risposte ottenute si sono differenziate in relazione alle aree geografiche del mondo, prospettando una profonda differenza tra Nord ed Ovest rispetto a Sud ed Est, rispecchiando, tutto sommato, la differenza di benessere o, se si preferisce, di disperazione che dividono le due macroaree. Infatti, anche se il valore medio mondiale di disponibilità si attesta intorno al 50%, mentre un 30% non lo farebbe e il rimanente è indeciso, la media dei Paesi dell'Unione Europea scende clamorosamente al 32%, di poco superata dal Canada 34% e poco di più dagli Stati Uniti con il 41%. E in questo contesto di scarsa bellicosità, la maglia nera sembra toccare proprio all'Italia, in cui solo 22 cittadini su 100 hanno risposto positivamente, dandosi disponibili a combattere per la Patria.

Un segnale poco confortante, ma che legittimamente evidenzia il pensiero degli Italiani, che si differenziano dai Finlandesi (74%), che probabilmente risentono della vicinanza russa, dai Greci (54%) e dagli Svedesi (47%). Gli Ucraini si sono espressi favorevolmente al 62%, un dato relativamente elevato ma che, in realtà, non appare all'altezza delle aspettative morali per una Nazione in guerra perché aggredita, per cui potrebbe costituire un chiaro segnale di stanchezza per la situazione in atto. Questo risulta ancora più vero se si da credito alle informazioni sugli arruolamenti forzati che Kiev sembra attuare da tempo.

Rimanendo in Europa, non risultano così bellicosi neanche gli Austriaci, che han risposto no al 62%, gli Spagnoli al 53% e, soprattutto i Tedeschi i quali, con un 57% di “pacifisti”, ed un 15% di non so, determinano un dato decisamente significativo, che potrebbe mettere in serio dubbio i propositi di riarmo del neo Bundeskanzler Friedrich Merz, che vorrebbe una Germania militarmente vigorosa e pronta a fronteggiare un'ipotetica invasione “cosacca”.

D'altra parte, teoria vorrebbe che quella magnifica parola che è democrazia, che anima qualsiasi discorso di tutti i leader politici occidentali, dovrebbe imporre loro che il volere popolare fosse unico indirizzo per ogni loro policy o decisione.

Se così fosse veramente, considerati i pareri che la gente comune ha espresso, rispondendo alle domande dei sondaggisti, sorge spontaneo il dubbio che alcuni Capi di Governo europei, compreso il nostro, dovrebbero rivedere, almeno in parte, le posizioni che hanno assunto con la guerra russo-ucraina e che stanno ulteriormente assumendo con quella che Israele ha appena avviato con l'Iran.

Anche per gli USA il sondaggio prospetta dati che si dovrebbero tenere in adeguata considerazione, perché se è vero che un 41% dei Cittadini andrebbe in guerra, più di un terzo (34%) decisamente non lo farebbe. E per quanto Washington, con circa 1 milione e 400mila effettivi, disponga del terzo esercito al mondo per numero (Cina più di 2 milioni e India circa 1 milione e mezzo), ma sicuramente il più potente (almeno per ora), in caso di conflitto anche solo regionale, non potrebbe non ricorrere ad una mobilitazione popolare.

Sotto il profilo meramente statistico, sembra non essere tranquilla nemmeno la Russia, visto che, rispetto al 2013, i “combattivi” calano dal 59 al 32%, ma non a favore di coloro che non andrebbero in guerra, che sono solo il 20%, bensì degli indecisi che sono ben il 48%. Indubbiamente, un chiaro segno che l'andamento dell'Operazione speciale, non rispondente alle aspettative popolari, sta erodendo la fiducia verso “il sistema Patria”.

Invece, sembra non conoscere crisi della vocazione guerriera il resto del mondo, visto che nell'area asiatica la media del si è del 77%, mentre in quella medio-orientale è del 73%, dimostrando che per queste popolazioni, molto più avvezze alla sofferenza e alla sottomissione di quelle occidentali, la via dell'emancipazione può anche passare attraverso una guerra.

Tuttavia, nonostante questo quadro, è un dato di fatto che anche gli Europei sono ormai coscienti che il lungo periodo di pace potrebbe essere al capolinea ed il rischio di un conflitto, per quanto improbabile, costituisce comunque una possibilità concreta. Pertanto, è maturata una certa accettazione dell'idea che un rafforzamento militare del Vecchio Continente sia opportuno. Ma anche in questo caso, gli Italiani sembrano essere i più riottosi ad allinearsi a questo pensiero, come dimostrano ben due sondaggi recentemente pubblicati (YouTrend per SKY e European Council on Foreign Relations – ECFR), i cui risultati relativi alla nostra popolazione sono praticamente coincidenti.

Sulle 15 Nazioni considerate, l'Italia è il fanalino di coda nell'accettazione di un riarmo europeo, con un cospicuo 63% di contrari (30% favorevoli e 8% indecisi). Ma se proprio devono affrontare tale percorso delle armi, ritengono per il 48% che i fondi UE debbano essere impiegati per la costituzione di un Esercito europeo, mentre solo il 24% preferirebbe il potenziamento delle nostre Forze Armate (28% sono gli indecisi).

Interessanti anche i risultati relativi alla domanda sulla ripresa del servizio di leva, a cui il 53% ha risposto negativamente e il 41% favorevolmente. I primi appartengono soprattutto alle giovani generazioni, sostanzialmente quelle che dovrebbero “partire”.

Pertanto, appare chiaro che gli Italiani, costretti a partecipare al grande gioco del riarmo, non accettano un coinvolgimento diretto e si rifugiano nel progetto di un Esercito unico europeo, quasi a voler delegare a qualcun altro tutti i rischi connessi alla difesa, cadendo però nell'ingenuità di non focalizzare che questo strumento militare dovrebbe comunque essere ampiamente alimentato da molti soldati dei Paesi Membri, compresa l'Italia.

E di questo, prima o poi, anche il Governo Italiano dovrà tenerne conto perché non si pensi che, al pari degli altri, l'attuale Esercito professionale sia sufficiente in caso di crisi, ma soprattutto perché, come si dice, il popolo è sovrano o, perlomeno, dovrebbe esserlo.

Marcello Bellacicco