Tirate fuori la scacchiera! Oggi si celebra in tutto il mondo la Giornata Internazionale degli Scacchi.
Il 20 luglio non è una data casuale per celebrare un gioco che va ben oltre il semplice passatempo, ma rappresenta una vera e propria arte di strategia, tattica e concentrazione.
In questo giorno, nel 1924, durante gli VIII Giochi Olimpici è stata fondata a Parigi la Fédération Internationale des Échecs (FIDE), conosciuta in italiano come Federazione Internazionale degli Scacchi.
Giunta quest’anno alla sua 59ª edizione, la Giornata Internazionale degli Scacchi è stata ufficialmente istituita nel 1966 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che ha approvato la risoluzione all’unanimità. Da quel momento, in 178 paesi ogni anno si organizzano eventi, tornei, lezioni e attività per coinvolgere sia giocatori esperti che vogliono mettersi alla prova, sia neofiti che stanno appena iniziando a scoprire la passione per questo nobile gioco.
COME E QUANDO NASCE IL GIOCO DEGLI SCACCHI
Il gioco degli scacchi che simula un conflitto tra due eserciti ha una storia lunga e affascinante.
Pare sia nato in India nel VI secolo, da un antico gioco chiamato chaturanga, il cui nome significava “quattro divisioni”, riferendosi ai quattro pezzi che rappresentano le unità dell’esercito indiano: i pedoni (fanteria), i cavalli (cavalleria), gli alfieri (elefanti) e le torri (carri), corrispondenti ai pezzi attuali degli scacchi.
Il nome, invece, ha origini persiane, poiché il gioco si diffuse particolarmente in Persia, derivando dalla parola “shah”, che significa “re” (da cui anche “scacco matto”, da “shah mat”, che significa “re sconfitto”). Successivamente, gli arabi furono affascinati dal gioco e lo introdussero nell’area mediterranea a partire dal X secolo, specialmente in Italia e Spagna. Diventa poi popolare in Europa solo a partire dal XV secolo, fino a quando, nel 1834, fu giocato il primo campionato internazionale ad oggi noto.
Tra gli episodi più interessanti degli scacchi c’è che nel 1128, san Bernardo di Chiaravalle, stilando la regola dei Templari, vietò loro questo passatempo. Nel 1212, in occasione del Concilio di Parigi, la Chiesa ribadì il veto. Le scacchiere, con dadi, carte e vesti sontuose, finirono vittime dei “roghi delle vanità”, che la Chiesa ordinò più volte durante tutto il Medioevo. Nell’anno 1426, in una predica tenuta a Siena, san Bernardino lodò a gran voce uno dei suoi frati, Matteo da Cecilia, per aver bruciato «Duomila settecento tavolieri in uno dì a Barzelona, che v’erano di molti che erano d’avorio, e anche molti scachieri, e convertì molte anime». Nel 1496 e 1497 fu Girolamo Savonarola a ordinare due simili “bruciamenti di vanità” in piazza della Signoria a Firenze.
ABILITÀ, NON FORTUNA
Ciò che più affascina degli scacchi? È che sono un confronto di intelligenze nel quale vince chi riesce a organizzare meglio le sue risorse. È uno scontro in cui non esiste la fortuna: tutto dipende dalla propria abilità. I processi mentali che si sviluppano imparando a giocare sono gli stessi che utilizziamo nel corso della vita, quindi l’esperienza fatta sulla scacchiera è utile anche per capire come comportarsi nelle situazioni in cui veniamo messi alla prova. Non a caso, nel 2012 il Parlamento europeo ha invitato gli Stati membri a introdurre gli scacchi nei curricula scolastici e molte imprese organizzano corsi per ampliare la visione strategica dei propri manager.
UN GIOCO CHE OLTREPASSA I CONFINI
Il motto della Fide è Gens una sumus (dal latino), che significa “siamo un unico popolo”. Si tratta di un modo per sottolineare il sentimento di “fratellanza” che accomuna i giocatori di scacchi nel mondo, capaci di andare al di là di confini, barriere e culture.
Possiamo dire che se ci fossero più giocatori di scacchi, il mondo sarebbe un posto migliore.