Un Occhio sul Mondo - 26 luglio 2025, 09:00

'Dalla Siria alla Libia Mosca ci guadagna'

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

Sotto il profilo geografico, rispetto alla Siria, la Libia occupa una posizione decisamente più centrale nel Mediterraneo, la quale, in termini strategici, la pone immediatamente a ridosso del cosiddetto “fianco sud” della NATO e ai confini meridionali con l'area di interesse dell'Unione Europea.

Inoltre, la Libia è prossima anche alle aree sensibili del Nord Africa, con Paesi come Algeria, Tunisia, Niger ed Egitto che stanno vivendo situazioni con forti tensioni interne di carattere politico, economico, e sociale e che stentano a trovare una linea di sintonia e di stabilità relazionale con l'Occidente, per cui costituiscono terreno fertile per una cooperazione alternativa. Anche il Sahel ed il Maghreb sono “a portata” libica, così come il Medio Oriente, ma senza avere un contatto diretto con Israele che, in questo momento, appare come una sorta di scheggia impazzita da cui star lontani, perché neanche l'illuso Trump riesce a controllare. E' proprio di queste ore l'attacco a Damasco da parte di Tel Aviv che, ormai, sembra poter e voler decidere ciò che vuole, senza il minimo rispetto non solo del Diritto ma anche solo della decenza internazionale.

La Libia costituisce quindi una condizione così favorevole che, probabilmente, non rientrava neanche nei sogni migliori di Vladimir Putin e che, invece, sembra essere ora sulla via di una tanto possibile quanto inaspettata realizzazione, anche se nata da una situazione che sembrava nettamente negativa.

Infatti, con la definitiva caduta in Siria del regime di Bashar al Assad nel dicembre 2024, oltre alla fine di una dittatura ritenuta feroce e sanguinaria, il mondo occidentale festeggiava anche quella che appariva come una pesante sconfitta per Mosca, la quale perdeva un preziosissimo alleato in una regione turbolenta ma strategica, ma soprattutto, vedeva compromettersi il mantenimento delle proprie basi navali ed aeree nel territorio di Damasco. Una prospettiva che sembrava poter avere la forza di minare fortemente l'ingombrante ed indesiderata presenza russa nel Mediterraneo. Ma non erano stati fatti i conti con le sette vite strategiche del leader russo che non ha impiegato il suo tempo per accusare il colpo, ma ha subito avviato le operazioni per rischierare il proprio dispositivo, proprio in Libia.

Una mossa che si poteva permettere, perché l'interesse e la presenza di Mosca in Libia non è assolutamente una novità, ma rientra in una strategia di penetrazione russa in larga scala in gran parte del territorio africano.

Dopo il disastroso intervento occidentale che portò alla caduta e morte di Gheddafi, attualmente la Libia è politicamente e territorialmente divisa i due parti, in cui Tripoli ed il nord-ovest sono controllati dal Governo di Unità Nazionale del Primo Ministro Abdul Hamid Dbeibah, mentre Tobruk ed il resto del Paese sono sotto il Governo di Stabilità nazionale guidato dal Generale Khalifa Haftar che, al momento, è indiscutibilmente l'autorità più forte in Libia, anche perché é quello che dispone della maggiore capacità militare. Ed é con questa parte, manco a dirlo, che Putin sta intensificando i suoi rapporti e collaborazioni, sia perché sono ormai consolidate sia perché gode di crediti di riconoscenza da riscuotere da Haftar, avendolo supportato militarmente nel recente passato, anche in violazione dell'embargo sulle armi decretato dall'ONU.

Sinora, con il suo porto di Tobruk e con altre 3 basi terrestri, la Libia per i Russi aveva costituito soprattutto una sorta di hub ottimale per l'accesso di militari, mercenari e materiali diretti verso l’Africa subsahariana ed in particolare verso il Niger, dove la giunta militare al potere dal luglio 2023 ha accordi militari con il Cremlino.

Tuttavia, negli ultimi due anni, la policy di Mosca non si è limitata al conseguimento di un lasciapassare per un transito di interesse, ma si è sviluppata con l'intento di perseguire non solo la possibilità di una presenza stabile, ma anche di poter giocare un ruolo di influenza in Libia e in tutta la Regione, approfittando della situazione di instabilità, ma anche perseguendo le vie della diplomazia internazionale. Infatti, lo scorso anno la Russia ha ufficialmente riaperto la propria Ambasciata a Tripoli e un Consolato a Bengasi.

Tuttavia, probabilmente, i colloqui più importanti in terra libica li ha fatti il Vice Ministro della Difesa russo con il Generale Haftar, ricevuto anche da Putin a Mosca, con il quale ha trattato su accordi militari, come l'utilizzazione di basi e di porti e su alcuni aspetti che hanno la stessa valenza strategica della presenza militare. Tra questi il controllo delle infrastrutture energetiche nel territorio dominato dal Generale, tra le quali c'è anche il principale sito petrolifero della Libia El-Sharara, che è anche il maggiore giacimento africano e che, attualmente, ricade sotto una proprietà congiunta libico-internazionale. Infatti appartene al 50% alla National Oil Corporation, Azienda di stato libica, al 20% alla REPSOL (Spagnola), al 15% alla TotalEnergies (francese) e al 15% alla OMV (austriaca), società nazionali o multinazionali europee,.che non sono assolutamente tranquillizzate da questo interesse russo. E non c'è da star tranquilli neanche sull'interesse di Mosca alle rotte migratorie che, provenienti da sud, attraverso la Libia, fanno il salto del mare per arrivare a sboccare nel Vecchio Continente. Una vera e propria arma letale che, attivata a comando da mani esperte e con obiettivi strategici ben precisi, può condizionare seriamente la situazione nazionale ed internazionale di molte Nazioni europee, in primis l'Italia.

Già un quadro del genere sarebbe più che sufficiente per allertare decisamente l'attenzione di NATO e UE, ma l'appetito russo verso la Libia non si ferma qui, perché è ormai chiaro il suo intendimento di espandere decisamente la consistenza della sua presenza militare, attraverso il consolidamento e l'ampliamento delle basi di cui già dispone e la creazione di una propria base marittima, che potrebbe insistere sul porto di Tobruk o quello di Bengasi. Molti analisti hanno concordato nel prevedere che il target finale di Putin sia quello di poter contare in Libia su un contingente militare e paramilitare (Agenzia Africakorps ex Wagner) della forza di circa 20mila uomini, dotati di armamenti di vario genere, che costituirebbero una reale e pericolosa spina nel fianco sud di NATO/UE.

La Russia avrebbe quindi trovato la soluzione al gravissimo problema creatosi a gennaio, allorché il governo di transizione siriano annunciava la rescissione del contratto per l'utilizzazione del porto di Tartus da parte delle unità navali di Mosca. Praticamente, Putin si era ritrovato con alcune navi da guerra di superficie ed un sommergibile, che dovevano prendere il largo senza però avere un nuovo approdo e senza la possibilità di rientrare verso il Mar Nero, in quanto la Turchia, a seguito della guerra con l'Ucraina, aveva bloccato il passaggio dei Dardanelli e del Bosforo, in applicazione del Trattato di Montreux.

Una situazione che sembrava aver messo all'angolo la presenza russa nel Mediterraneo, ma che è durata veramente poco, perché l'opera pluriennale del Cremlino in Libia ha creato una soluzione alternativa, che risulta essere addirittura migliore della precedente opzione siriana. E per comprendere meglio in termini pratici il guadagno russo, basti dire che i porti di Tobruk e Bengasi, distano circa 700 km dalle italiche coste.

Circa 900 km è invece la distanza che passa tra le isole di Lampedusa e Malta e Sebha, una base libica nell'interno del Paese, in cui sono già presenti militari russi i quali, secondo l'”Agenzia Nova”, nota agenzia di stampa italiana che ha il suo focus informativo sulle aree mediterranea ed africana e non è dedita alle fakes, starebbero già lavorando ad un piano per il rischieramento di missili, che non avrebbero alcun problema a puntare l'Europa, perlomeno quella meridionale. Il prezzo che Putin starebbe pagando ad Haftar per questa sua concessione sarebbe l'appoggio della sua avanzata, lenta ma costante, verso la Capitale Tripoli.

Non si tratta di certo di uno scenario inverosimile, anzi la sua plausibilità trova conforto in molteplici considerazioni di ordine politico, militare e commerciale, che sono sicuramente alla portata dell'intelletto e dell'esperienza di un Leader come quello russo a cui, tutto si può imputare, tranne che non sia dotato di una visione strategica.

Una cosa è certa però. Tra i motivi che hanno spinto Putin ad aggredire l'Ucraina c'era anche quello relativo alla famosa “linea rossa” relativa al tempo di volo dei missili della NATO ed ora la stessa Alleanza potrebbe essere costretta a sancire un'analoga sua linea rossa. I Russi in Libia costituiscono un grandissimo problema per l'Occidente, che potrebbe trovarsi nella situazione di dover ridisegnare le proprie strategie. Tuttavia, per ora, nessuno sembra preoccuparsi più di tanto di tutto questo.

Marcello Bellacicco