Eventi - 15 agosto 2025, 11:25

Piccoli figuranti, grandi storie: Asti svela i temi del corteo dei bambini

Sabato 6 settembre, alla vigilia del Palio, 21 gruppi di rioni, borghi e comuni porteranno in scena episodi, leggende e curiosità del Medioevo astigiano

Le foto del servizio sono di Efrem Zanchettin

Come da tradizione, la vigilia del Palio di Asti sarà animata dal corteo storico dei bambini, in programma sabato 6 settembre. Un appuntamento che ogni anno apre il weekend più atteso dagli astigiani, trasformando le vie del centro in un vivace affresco di colori, costumi e storia. 

Dopo i temi della sfilata del Palio, rioni, borghi e comuni partecipanti hanno reso noti i 21 temi che i più piccoli interpreteranno, rievocando episodi, leggende e scene di vita medievale, in un mix di ricerca storica, creatività e orgoglio identitario.

BORGO TORRETTA


Gioia e giubilo: i festeggiamenti per la vittoria del Palio


Il cronista e speziale astigiano Guglielmo Ventura attesta che nel giorno di San Lorenzo del 1275 la corsa del Palio di Asti si tenne nei pressi della città di Alba dopo la vittoria sulla città nemica. Ventura aggiunge inoltre come l’usanza di correre il Palio fosse una consuetudine per gli Astesi nel giorno di San Secondo, documentando così una storia secolare di vittorie e sconfitte, di successi e delusioni. Il corteo dei bambini del Borgo Torretta, per celebrare la vittoria nel Palio 2024, vuole rappresentare l’aspetto gioioso e festante successivo alla corsa. Il popolo bianco, rosso, blu porta in trionfo il fantino, artefice del successo, seguito dallo stemma del Borgo, da quello della città di Asti e dall’effigie di San Secondo. Al palio, ossia al sendallo vinto, è reso omaggio da fanciulli e fanciulle festanti recanti i colori del Borgo, fiori, rami di palma e alloro, antichi simboli di vittoria gloriosa.

RIONE SANTA CATERINA 


Giocare per crescere: come i bambini si preparavano al futuro


Anche nel Medioevo i giochi erano una parte fondamentale della vita dei bambini. Non solo un'attività puramente ludica o di intrattenimento ma un mezzo per educare, sviluppare abilità pratiche, socializzare e, spesso, prepararsi per le sfide della vita adulta. Il gioco delle dame grazie al quale, con abiti eleganti e acconciature raffinate, le piccole fanciulle della nobiltà imparavano le regole sociali o il gioco del ricamo che consentiva di creare, attraverso i fili, elaborati disegni, una vera e propria arte della corte. I piccoli cavalieri, invece, armati di spade e scudi di legno, simulavano battaglie per imparare il coraggio e l’onore immaginando avventure epiche, alla ricerca di grandi tesori. Giochi complessi per prepararsi alla vita adulta ma anche i giochi più semplici come il lanciarsi la palla, saltare la corda o vestire le bambole. Il Rione Santa Caterina intende mostrare come i piccoli della nobiltà vivevano la loro infanzia, tra giochi che combinavano la fantasia, l’apprendimento e i valori condivisi dell’epoca.

RIONE SAN SECONDO 


San Secondo "de mercato" nel Medioevo astigiano


In epoca comunale, Asti si distinse dalle altre realtà piemontesi per vivacità economica e precocità politico-istituzionale. Nel periodo più fiorente per la città, il cui apice risale al XIII secolo, le potenti famiglie mercantili astesi si riunirono in associazioni che contribuirono con le loro ricchezze a far diventare la città di Asti uno dei liberi Comuni medievali più importanti del nord Italia. Il consorzio “De Castello”, costituito dalle famiglie Guttuari, Isnardi e Turco, testimonia l’affermarsi di una nuova élite, animata da un inedito spirito affaristico. La piazza antistante la Chiesa del Santo, sede di riti associativi, politici e liturgici, ospitava la fiorente attività commerciale dell’antica sede mercatale e delle vicine botteghe, presso le quali era possibile trovare ogni tipo di merce. Non mancava, infatti, il commercio di prodotti anche di lontana origine, che suscitavano un forte richiamo per le persone di ogni ceto e rango. La Collegiata di San Secondo divenne così il fulcro delle attività economiche, tale da valerle il titolo di San Secondo "de mercato".

BORGO TANARO TRINCERE TORRAZZO


Il corteo dei piccoli


Il corteo dei giovani tanarini si apre con il Gruppo sbandieratori e musici. A loro seguono i figuranti, i quali, nei colori bianco e azzurro listato di rosso, propongono dei quadri viventi che celebrano la vite e il vino, elementi preziosi delle nostre terre. Accanto a scene realistiche, legate alla coltivazione della vite, alla vendemmia e al consumo del vino, i bambini del Borgo presentano visioni allegoriche che ci riportano sia all’ambito religioso sia a quello profano e goliardico. Il vino, infatti, che nella celebrazione eucaristica diventa il sangue di Cristo, nelle taverne ravviva gli spiriti, fa sì che gli animi si rallegrino e si perda di vista la morale. I banchetti in onore di Bacco hanno un ruolo centrale nel corteo e vogliono rappresentare l’antico legame che unisce la penisola italica con la preziosa bevanda. Già nell’antica Roma, venivano aggiunti al vino estratti di erbe, miele, legni odorosi, essenze vegetali, mirra, assenzio e petali di rose, creando un’incredibile varietà di vini aromatizzati.

RIONE SAN SILVESTRO


1390 il Giubileo dei Due Papi: reliquie ed indulgenze


Gian Galeazzo Visconti, Conte di Virtù, in occasione del Giubileo del 1390, chiese al Papa Bonifacio IX di offrire l’opportunità ai Lombardi di poter “lucrare” indulgenze. Ciò gli fu concesso e nel 1391 venne così pubblicata la bolla papale che concedeva l'assoluzione plenaria a chiunque soggiornasse nella Signoria Viscontea, ne visitasse le chiese principali e offrisse i due terzi di quello che avrebbe speso per andare a Roma al Duca: questi avrebbe provveduto a destinare due parti dei proventi per il Duomo di Milano ed una parte per il Papa. Gli Astigiani in quanto sudditi della figlia Valentina, che portò nel 1389 la città di Asti in dote nuziale a Luigi di Valois, poterono usufruire della stessa possibilità. Tutta la comunità accolse con gaudio e devozione la notizia e in quest’Anno Santo 2025 in cui ricorrono anche i 1700 anni dal primo concilio ecumenico di Papa Silvestro I, patrono del popolo Oro-Argento, i giovani sansilvestrini ricordano l’immutata devozione al Santo e l’importanza della Purezza d’animo, della Carità cristiana e della Fede per la salvazione dai peccati.

COMUNE DI NIZZA MONFERRATO

I tarocchi tra gioco e divinazione

Nel contesto del XIV secolo, i tarocchi Visconti-Sforza rappresentano un prezioso esempio di arte e cultura medievale. Creati probabilmente tra il 1390 e il 1450, questi mazzi di carte furono commissionati dalle potenti famiglie Visconti e Sforza, signori di Milano. Originariamente destinati a scopi ludici e simbolici, i tarocchi si distinguevano per le loro illustrazioni elaborate, che riflettevano l'iconografia e i valori dell'epoca. Ogni carta era decorata a mano con materiali preziosi, come oro e argento, e raffigurava temi religiosi, mitologici e sociali. La loro particolarità è di essere il più completo di tutti i mazzi originali, suddiviso tra Arcani maggiori e minori. Questi mazzi non erano solo strumenti di intrattenimento, ma anche un mezzo per esprimere il prestigio della famiglia committente. Le illustrazioni celebravano il potere e la magnificenza delle famiglie Visconti e Sforza.

COMUNE DI CASTELL’ALFERO

Gli Erbari nella medicina medievale

Nel Medioevo curare le malattie era impresa ardua. Il malato descriveva i propri sintomi al medico che prescriveva i “semplici” e le “preparazioni”, elementi di origine vegetale, più raramente minerale o animale. Unguenti, balsami, pomate, impiastri e cataplasmi erano la via per la guarigione. Il ricorso alle piante officinali già note ai Romani venne meno con le invasioni barbariche. Ritornarono tuttavia preziose con Carlo Magno. Nelle foreste i monaci raccoglievano piante, fiori e radici. Durante le epidemie come la peste, gli erboristi si ammalavano meno; questo confermava l’importanza dei rimedi. Gli Erbari, libri miniati, descrivevano le virtù officinali associandole a fantasiose figure in cui si univano elementi antropomorfi e floreali. Appannaggio dei soli monaci nei monasteri, la conoscenza di basilico, menta, anice, melissa, lavanda, rosmarino che calmavano, tonificavano o disinfettavano. Mentre la mandragora, dalla forma umanoide, curava infezioni, ferite e morsi di serpente. Alcuni osservavano, studiavano e sperimentavano effetti, gettando le basi di un sapere arcaico che ha attraversato i secoli.

COMUNE DI MONCALVO

Il tempo sotto controllo

Nel Quattrocento, a Moncalvo, il trascorrere del tempo era vissuto in modo diverso dai bambini, a seconda che appartenessero al popolo o alla nobiltà. I più umili seguivano il ritmo della natura: il suono delle campane della chiesa di San Francesco scandiva le ore, ma il tempo era regolato dal lavoro nei campi e dai cicli stagionali. I piccoli contadini imparavano a interpretare i cambiamenti del cielo, le fasi lunari e le stagioni, fondamentali per semine e raccolti. Al contrario, i figli della nobiltà godevano di una misurazione del tempo più precisa che determinava la loro attività. L'orologio meccanico sulla torre della stessa chiesa di San Francesco segnava regolarmente le ore anche per loro, e proprio l'introduzione degli orologi meccanici fece comprendere ai giovani rampolli della nobiltà il valore del tempo non solo come misura pratica, ma anche come simbolo di ordine, prestigio e potere.

 COMUNE DI SAN DAMIANO

Il giardino medievale

Nell’alto Medioevo le prioritarie necessità di difesa fecero sì che, nelle fortezze e nei castelli, gli spazi verdi venissero ridotti e, per lo più, adibiti alla sussistenza. Quattro erano le aree verdi principali, una dedicata alla coltivazione delle verdure (hortus), una agli alberi da frutto (pomaria), una agli alberi e piante ornamentali (viridaria) e infine una alle erbe officinali (herbaria). Le piante e le specie floreali con la più profonda connotazione simbolica erano: la rosa (simbolo della Vergine e del sangue divino), il giglio (simbolo di purezza) e la palma (simbolo di giustizia e gloria). In epoca più tarda il giardino si diffuse anche nei castelli e in alcuni palazzi cittadini astesi. Qui giovinetti e fanciulle danzavano, conversavano e si dedicavano a giochi e passatempi. Il giardino divenne il palcoscenico delle imprese cavalleresche e dell’amor cortese, descritto in canzoni e raffigurato in affreschi e miniature.

RIONE CATTEDRALE

Gli orti del Capitolo

Gli “orti del Capitolo” erano appezzamenti di terreno, adibiti a coltura e frutteto, di proprietà del Capitolo della Cattedrale di Asti e posti fuori dalle mura in zona nord ovest. Tradizionalmente presenti per tutto il periodo medievale, e ancora attestati nelle carte astesi del Laurus del 1638 e del Theatrum Statuum Sabaudiae 1682, gli orti erano impiegati per la produzione di svariate qualità di ortaggi, erbe aromatiche e frutti che erano alla base dell'alimentazione degli Astigiani. Quest'ultimi potevano reperire e acquistare i prodotti direttamente presso il mercato delle erbe, la cui prima sede fino all'inizio del XIV sec. fu proprio la piazza a fianco alla Cattedrale. Qui si vendevano verdure, erbe e legumi come cetrioli, meloni dolci, porri, aglio, cipolle, cavoli, asparagi, cardi, carciofi, piselli, fagioli, rosmarino e menta. Tra la frutta certamente presenti mele, pere, melagrane, ciliegie, castagne, nocciole e vite.

 RIONE SAN PAOLO

“Bambini di pietra” all’ombra delle cattedrali: le condizioni dell’infanzia nel Medioevo

Nel Medioevo, l’infanzia era un concetto profondamente diverso da quello attuale. I bambini non erano considerati individui con diritti propri, ma piccoli adulti, chiamati fin dalla tenera età a contribuire alla sopravvivenza familiare. Nelle famiglie contadine, i fanciulli iniziavano a lavorare nei campi già a 5-6 anni, svolgendo mansioni essenziali per l’economia domestica. Aiutavano nella semina, nella raccolta e nella cura del bestiame, adattandosi fin da subito alla durezza della vita rurale. Le bambine, oltre ai lavori nei campi, venivano coinvolte nella gestione della casa, imparando a cucinare, filare ed accudire i fratelli minori. L’istruzione era un privilegio a loro completamente negato. I bambini poveri restavano analfabeti e imparavano le conoscenze necessarie per la sopravvivenza attraverso l’apprendistato e la trasmissione orale. Le storie, le tecniche agricole e le abilità artigianali venivano tramandate di generazione in generazione, rappresentando l’unica forma di “educazione” disponibile. Le condizioni igieniche precarie, la mancanza di cure mediche adeguate e la durezza della vita quotidiana rendevano l’infanzia un periodo estremamente fragile. Molti bambini non sopravvivevano ai primi anni di vita e chi lo faceva si trovava presto a dover affrontare le difficoltà del mondo adulto.

BORGO SANTA MARIA NUOVA
 

“…In fondo, il gioco degli scacchi non è veramente fatto per giocare, ma è fatto per sognare”

Il gioco degli scacchi ha un’origine molto antica. Nasce in Oriente e solo alla fine del XII secolo giunge in Occidente. I pezzi della scacchiera ricreano nell’Europa cristiana dell’epoca una corte regale quasi “celeste”. Anche la damiera riprende simbologie allegoriche: rimanda al percorso della vita che i pezzi devono percorrere fino alla loro eliminazione/morte. Il quadrato è associato al perimetro terrestre e le caselle, essendo un multiplo di 8, sono anche segno di eternità. Il trattato di scacchi più importante in assoluto, composto alla fine del XIII secolo, è stato scritto da un frate originario della Val Bormida astigiana, fra Jacopo da Cessole. Fra Jacopo compara i pezzi ai mestieri della vita: troviamo il re, la regina, gli alfieri, i cavalieri, le torri. E poi ci sono gli otto pedoni, rappresentati dal contadino, dal fabbro, dal notaio, dal mercante, dal medico speziale, dall’albergatore, dall’ufficiale del comune, dallo scialacquatore, ciascuno con un compito e un destino.

COMUNE DI MONTECHIARO

Il clima di festa per il contributo di Montechiaro nella realizzazione delle mura di Asti

A metà del ’300, il comune di Montechiaro contribuì attivamente con materiali e manodopera alla costruzione della seconda cinta delle mura di Asti, voluta da Luchino Visconti, signore di Milano e della nostra città, il quale intendeva rafforzarne le difese sia da nemici esterni sia dagli alterni attacchi delle fazioni interne. Gli Astigiani, riconoscenti per il valido aiuto ricevuto dal borgo alleato, vollero scolpire il nome “Monsclarus” su un tratto interno delle mura appena costruite nelle vicinanze della Porta di San Quirico. Il corteo, con i suoi piccoli interpreti, partecipa con entusiasmo alla sfilata rappresentando il clima di festa che pervase il borgo nel momento in cui gli abitanti appresero la gioiosa notizia del gesto di riconoscenza, che vedeva il nome “Monclarus” inciso sulle imponenti mura cittadine astigiane. Questo suscitò l’orgoglio degli abitanti del borgo, che videro in tale riconoscimento un segno del profondo legame di alleanza che univa i due territori.

 COMUNE DI CANELLI

Essere bambini nel Medioevo: piccoli adulti dalla vita complicata

Nel Medioevo i bambini dovevano crescere in fretta, per diventare monaci e monache, contadini, cavalieri, apprendisti artigiani o giovani spose. I neonati si fasciavano in un panno, le cui fattezze dichiaravano la classe sociale di appartenenza. Divenuti in grado di stare in piedi, indossavano un camiciotto lungo e morbido, dai larghi spacchi laterali. Dopo i sei anni, gli abiti, differenti per sesso, rango sociale e professione a cui i bambini erano destinati, diventavano uguali a quelli degli adulti; i maschi vestivano come il padre e le fanciulle come piccole donne, pronte a diventare mogli e madri; chi era destinato alla carriera religiosa e al convento vestiva fin da piccolissimo abiti talari e monacali. Alle fanciulle veniva limitato il gioco, mentre ai maschi erano concessi giochi di movimento all'aperto. Verso i sei anni, i maschi più abbienti iniziavano ad andare a scuola; alle bambine, se non destinate alla vita monastica, si impediva di imparare a leggere. I bambini che non venivano mandati a scuola erano avviati al lavoro, come garzoni di bottega o servette.

RIONE SAN MARTINO SAN ROCCO

La nobile famiglia Roero

Tenuti in grande stima da sovrani e principi, i Roero (o Rotari) furono investiti in ogni tempo delle più alte cariche civili, militari e di corte, inoltre ricevettero sommi onori e privilegi speciali. Furono attivi nel commercio e come prestatori di denaro sia in Italia che all’estero e rappresentarono una delle famiglie più illustri della Città di Asti. Le prime attestazioni risalgono alla seconda metà del XII secolo, ma fu nei primi anni del Trecento che alcuni Roero si insediarono nel quartiere di Porta San Martino, dando inizio ad una “colonizzazione” dell’area, rilevando gli edifici precedentemente di proprietà dei Solaro e creando la più grande contrada nobiliare della città. Lo stemma della famiglia è costituito da uno scudo rosso a tre ruote d’argento, con un cimiero che si differenzia in base alle diverse linee nobiliari. Il motto era “A Bon Rendre”, che significa “a buon rendere”.

BORGO SAN LAZZARO

Il Calendimaggio, festosa celebrazione della natura

Nel Medioevo, con il risveglio primaverile della natura, era consuetudine piantare il maggio, albero simbolo della rinascita. I giovinetti addobbati con foglie e fiori si recavano nei boschi e, dopo aver raccolto alberelli e rametti fioriti, piantavano un albero e lo adornavano con nastri colorati: attorno ad esso si svolgevano canti, balli e libagioni. Questa festa prende il nome di Calendimaggio. Le giovani fanciulle sfilavano poi con ghirlande di fiori per l'elezione della "regina del maggio". Decorazioni con volti e maschere di foglie e fiori – così come in molte Cattedrali in tutta Europa – sono presenti anche ad Asti, nella Collegiata del Santo, a ricordo dei fronzuti del 1° maggio. I bambini del Borgo San Lazzaro nel loro corteo rievocano alcuni festosi momenti del Calendimaggio, con il maggio carico di nastri ed addobbi ed alcune giovinette che sfilano per l’elezione della reginetta.

 BORGO SAN MARZANOTTO

Piante, fiori ed erbe officinali

Borgo San Marzanotto porta in sfilata alcune delle principali piante, fiori ed erbe officinali usate nella vita quotidiana medievale, dalla medicina all’estetica, dalla cucina alla tintura delle stoffe. Si ricorreva, infatti, alle erbe non solo per arricchire i sapori dei piatti, ma anche per preparare rimedi naturali contro i malanni, sfruttandone le proprietà curative, analgesiche e calmanti. Da piante e fiori venivano inoltre ricavati infusi, polveri e creme per il benessere della persona e pigmenti per la produzione di tinte e inchiostri. La natura offre da secoli i suoi frutti all’uomo che, coltivandoli e studiandone le qualità, ne trae benefici per il proprio sostentamento e sviluppo.

BORGO SAN PIETRO
 

Simbologia e tradizioni astigiane nella celebrazione del Natale del Signore

Nel V sec. d.C. la data del 25 dicembre, vicina al solstizio d’inverno, momento in cui il Sole ricomincia il suo ciclo combattendo le tenebre e si celebrava la festa del Sol invictus, fu scelta come data per ricordare la nascita di Gesù. Gli alberi decorati allestiti per il solstizio nel Medio Evo vennero cristianizzati, mentre nelle rappresentazioni dei presepi viventi, ideati da S. Francesco nel 1223 per rendere il racconto biblico comprensibile anche alla popolazione per lo più analfabeta, vengono introdotti molti elementi simbolici come l’agnello (Gesù), la stella cometa, gli angeli, la colomba (Spirito Santo) e i doni dei re Magi. Ad Asti, come testimoniato negli Statuti, il Podestà imponeva di celebrare il “Natale del Signore e i tre giorni successivi”. Il corteo dei piccoli sanpietrini rappresenta il presepe astigiano nel quale troviamo anche Gelindo, il pastore monferrino che aiuta Maria e Giuseppe a trovare la grotta in cui far nascere Gesù, la cui leggenda risale al teatro religioso medievale, e le adorazioni dei Magi con le laudi cantate.

 BORGO DON BOSCO

‘Hic Sunt Leones’

I colori caratterizzanti il Borgo sono il giallo, espressione di armonia ed energia, e il blu che evocava il manto della Vergine Maria, simbolo di giustizia e fedeltà. I due colori, da sempre presenti sugli stendardi del Borgo, sono lo sfondo delle simbologie che si sono susseguite nel tempo. Costante principale è la figura dei leoni rampanti, fulcro rappresentativo di forza, emblema di coraggio e di protezione della giustizia. Dapprima i leoni rampanti si affrontavano su uno scudo bipartito giallo e blu, in seguito un leone alato reggeva una targa da torneo. In tempi più recenti due leoni rampanti sostengono una quercia sradicata, simbolo della famiglia Bosco, Santo del Borgo e accompagnano il motto ‘Hic Sunt Leones’, ad indicare confini invalicabili.

COMUNE DI BALDICHIERI

La oniromanzia: l’arte d’interpretare i sogni nel Medioevo

L’oniromanzia, meglio conosciuta come l’arte di interpretare i sogni, nel Medioevo ritorna nella sua concezione primordiale di strumento di comprensione della volontà di Dio ad appannaggio di re e imperatori attraverso i loro sogni profetici. Il Somnialia Danielis, conosciuto successivamente come il “Dizionario dei Sogni”, è un testo di notevole interesse per la storia della cultura medievale. Un prontuario per l’interpretazione delle visioni oniriche, con un forte legame con la Bibbia e con le teologie medievali. I sogni sono intesi non solo come manifestazione dell’inconscio, ma anche come potenziale via di comunicazione con il divino. Lontano dalla logica della veglia, l’occhio onirico poteva far emergere verità nascoste o simbolismi impercettibili nel pieno della coscienza razionale. «Vede più certa la cosa l’occhio ne’ sogni che con la immaginazione stando desto».

BORGO VIATOSTO

La leggenda di Viatosto

Le prime notizie certe della chiesa pievana situata al centro del borgo risalgono al secolo XI e identificano la chiesa col nome di Santa Maria de Riparupta (Rivarotta). La tradizione narra di una leggenda secondo la quale un voto alla Madonna fece andare “via tosto (subito)” la peste. Anche lo storico della Chiesa di Asti Gaspare Bosio ricorda come “Viatosto” richiami e traduca il latino adiuva cito, cioè “aiuta subito”. Il toponimo di Viatosto deriverebbe dunque dalla miracolosa cessazione della peste nell’anno 1340. Forse per questa ragione Emanuele Asinari, con testamento del 7 marzo 1343, donò alla chiesa di Viatosto tutti i beni e i diritti che possedeva nella vicina località Valbodone. La leggenda trova riscontro in un affresco collocato all’interno della chiesa e noto come “La leggenda di Viatosto”: quasi un ex voto che raffigura tre nobili giovani inginocchiati davanti alla Madonna col Bambino, con Sant’Antonio Abate – invocato contro la peste – che intercede. I bambini del Borgo porteranno in sfilata gli affreschi votivi e gli stemmi gentilizi di cui è adorno l’interno della chiesa e rievocheranno l’atmosfera gioiosa e carica di gratitudine per il miracolo.

Redazione