Una piazza Martiri di Alessandria da tutto esaurito ha accolto il professor Alessandro Barbero, ieri sera, alla seconda serata dell’Attraverso Festival.
Tutto il pubblico era girato verso il palcoscenico, in attesa dell’arrivo dell’ospite, quando alcune urla hanno attirato l'attenzione. È stato l’avvio di una breve rievocazione storica: la rivolta dei contadini contro i signori feudali, messa in scena attraverso la figura di Bettina di Belmonte, eroina simbolica che si oppone allo ius primae noctis e che, nella leggenda, finirà per intrecciarsi con la fondazione di Nizza della Paglia.
Alle origini di un mito: lo ius primae noctis tra cronaca e leggenda
Qui comincia la lezione del professor Barbero, con “Il fodero” dell’abate Cordara, uomo del Settecento e figlio del suo tempo.
Ecco, allora, la partenza di questo viaggio verso l’origine, attraverso le varie cronache, per arrivare a rispondere a una domanda: “Nel medioevo c’era davvero lo ius primae noctis?”.
Quel che sembra emergere è l’estrema ironia con cui l’abate Cordara racconta di questa “antica usanza”, qualcosa che descriva il medioevo, come una festa, quasi a dire “come erano ignoranti i nostri antenati”. Ma l’abate Cordara, come racconta Barbero, non fu il primo, già nel Cinquecento, in una cronaca sulla storia di Alessandria, si racconta proprio della ribellione contadina contro i feudatari. Tuttavia, Barbero spiega come i due cronisti si fossero “dimenticati di cos’era il medioevo, della sua vivacissima lotta per il potere”.
“Nel medioevo - racconta - era normale che il popolo minacciasse di andarsene; quindi, non c’era motivo di istituire lo ius primae noctis”. Ed ecco che questo diritto dei signori comincia a diventare leggenda, un elemento che, nelle cronache del Duecento, non è presente.
“Ogerio Alfieri, vissuto nello stesso secolo della fondazione di Nizza, racconta come nacque la città. Certo, egli riferisce eventi accaduti venti o trent’anni prima, ancora ben presenti nella memoria degli astigiani. Nel 1224, gli Alessandrini sconfissero gli Astigiani e, come cronista, Alfieri aveva il dovere di riportare i fatti, anche quando risultavano dolorosi. Dopo la vittoria, gli Alessandrini distrussero diversi villaggi fedeli al comune di Asti, tra cui il castello di Lanerio, e ricollocarono gli abitanti in un nuovo centro che chiamarono Nizza. Qui, nella versione più vicina ai fatti, i contadini sono un soggetto puramente passivo”.
Ma se le cronache più vicine alla fondazione della città non ne parlano, quando nasce lo ius primae noctis?
La nascita di una tradizione: dal tardo medioevo a “1984”
Con la sua naturale capacità divulgativa, Alessandro Barbero ha dato una risposta, non fermandosi solo ai racconti Cinquecenteschi e Settecenteschi, né risolvendo il problema fermandosi alle cronache più vicine alla fondazione di Nizza Monferrato. Il suo racconto ha evidenziato le differenze tra i secoli, soprattutto nel modo di vedere le cose, ad esempio, una rivolta contadina non era più pensabile nella società del Cinquecento, mentre nel Settecento era visto come un tratto dell’arretratezza dei nostri antenati, una cosa che “succedeva in quei brutti vecchi tempi, dove i signori erano proprio molto cattivi e pretendevano certe cose vergognose”.
La leggenda dello ius primae noctis, la narrazione di questo diritto, certamente è entrata nella storia e si è fatta grande elemento di spunto per i romanzi e le sceneggiature di Hollywood, Barbero cita "Braveheart", ad esempio. Ma non si ferma qui, trova una contraddizione: “dello ius primae noctis se ne parlò già nel tardo medioevo”. Ma in che senso, a questo punto, ci si potrebbe chiedere? Come una cosa che “succedeva in quei brutti vecchi tempi”.
“La prima testimonianza risale alla metà del Duecento, in un poemetto satirico sulla dura vita dei contadini - spiega - Quando le ragazze si sposavano con uomini di un altro feudo, i padri dovevano pagare una tassa e chiedere il permesso. Per la prima volta si legge che “i contadini sono già fortunati oggi a pagare due soldi”, mentre nei vecchi tempi era molto di più. Accadeva allora che, non potendo permettersi la tassa, un contadino preferisse cedere la propria figlia al signore per risparmiare”.
Questa vicenda, inoltre, è legata a molte narrazioni sulla fondazione delle città, diverse anche in Piemonte. Si pensi, ad esempio, a Cuneo, la cui origine, avvenuta secoli prima, viene raccontata attraverso lo stesso schema narrativo.
Torna tutto, allora: “Quelli che ne parlano la descrivono come una cosa antica, per risaltare la nascita del luogo”, per sottolineare anche una certa crudeltà dei signori, lo si evince anche dai racconti degli esploratori europei e dei conquistadores in Africa e Sudamerica, che usano la storia dello ius primae noctis per dimostrare il bisogno di portare la civiltà in quelle terre.
Perfino nel Novecento il tema riaffiora: in “1984” di George Orwell, lo ius primae noctis viene evocato come simbolo di sfruttamento, descritto come un diritto del capitalista di giacere con le donne che lavoravano nelle sue fabbriche.
Il viaggio guidato da Alessandro Barbero ha mostrato come lo ius primae noctis non sia una realtà documentata del medioevo, ma un mito di cui si è iniziato a parlare in epoche successive, forse con una qualche eco medievale, ma legato soprattutto alla letteratura e al ricordo dei “brutti vecchi tempi”. Così lo storico ha concluso il suo intervento, mantenendo il pubblico partecipe per tutta la serata e dimostrando come lo spirito di ogni epoca possa trasformare profondamente il modo in cui interpretiamo il passato.