Giovedì scorso, la prima manche, di tre, della nuova edizione della sfida di lettura "Caccia al refuso" di Vacanze Astigiane, ha subito trovato una vincitrice: Maria Casetta, pensionata di San Damiano d’Asti. Maria ha scelto di farmi scrivere il Vacanze personalizzato, premio per aver trovare il refuso volontario più velocemente di altre lettrici, sul grande fascino del complesso monumentale di San Pietro in Consavia, esempio eccezionale della ricchezza del patrimonio storico e artistico di Asti.
Complesso costituito da una serie di antichi, emozionanti edifici, databili tra il XII e il XIV secolo. Fin dal medioevo sede dell’Ordine Gerosolimitano. Da diverso tempo il posto è chiuso per restauri, così recita la pagina Musei di Asti, “...al fine di un suo inserimento nel percorso europeo delle Rotonde del Santo Sepolcro.”. Beh, evviva, ma si riuscisse a fare un po’ più in fretta non sarebbe male, così che Maria, e tantissimi altri, potrebbero avere subito la possibilità di riscontrare dal vivo le mie parole sulla sua ricchezza e bellezza, neanche troppo temporaneamente non visitabile. Comunque, il complesso è costituito dalla riproduzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme, voluta dal vescovo Landolfo, agli inizi del XII secolo, completata da un campanile mozzato, e affiancata alla casa priorale con chiostro, un tempo ospedale. Nella seconda metà del XV secolo, Giorgio di Valperga, priore dell'Ordine, fece costruire una cappella quadrilatera. E fin qui nulla di nuovo, spero che molti, se non tutti, abbiate già visto e apprezzato, finché era possibile farlo.
Aggiungo allora due chicche, anche loro già raccontate, mai abbastanza. Prima di tutto la lastra tombale di fine '400, esposta in fondo al porticato interno, che ritrae Bernardino Della Rovere, gentiluomo di importanti natali e parentele, nipote di papa Sisto IV e del Gran Priore, morto ad Asti nel 1490. Lastra ancora più interessante sapendo che sul suo retro esiste una seconda scultura, gotica, precedente di almeno un paio di secoli, scoperta da Niccola Gabiani nel 1931, durante i restauri della chiesa da lui diretti. Considerata bellezza ed importanza, ne fece pure un calco in gesso, perso pure lui. Dubitando che al tempo avessero finito le lastre tombali, fino ad optare all'usato, credo la storia si faccia interessante nell’ipotizzare che la presenza di un cavaliere del '200, presunto importante, sul retro di una tomba di un nobiluomo, non potesse che avere valore simbolico a dare più valore alla sua sepoltura. Per scoprire la storia che nasconde basterebbe solo girarla. Lo suggerivo qualche anno fa, magari tra i lavori fatti e da farsi, qualcuno ha colto. Vedremo.
Non da meno la storia di una statua lignea trecentesca di Madonna con Bambino, la Madonna del Tempo. Nel XII secolo in città, oltre ai gerosolimitani, avevamo anche i templari, con un'importante precettoria appena fuori dalle mura, sulla direttrice per Alessandria. La loro chiesa, da tempo scomparsa, si chiamava Santa Maria del Tempio. Alla soppressione dell'Ordine, ad inizio '300, cambia nome, da Tempio a Tempo, e si arricchisce d'arredi, tra cui una bella Madonna lignea con Bambino, opera policroma di ottima fattura, di un metro circa d’altezza. Poi, in un freddo inverno del '600, un gruppo di soldati dell'esercito spagnolo di stanza ad Asti, lì ospitato, per scaldarsi ne brucia persino le travi del tetto, distruggendola. La nostra statua però, già da un secolo, aveva fortunatamente trovato posto proprio nel Battistero di San Pietro, assai venerata dal popolo, sopra un altare a lei dedicato.
Balzo temporale, ed eccoci ai più recenti anni ‘30 del Novecento, quando viene terminata la costruzione della nuova chiesa di San Pietro, la prima in città con una grande piattaforma in cemento armato. Per abbellirla viene acquistato dalla Collegiata di San Lorenzo, a Mortara, un maestoso organo, capolavoro cinquecentesco prodotto da Giuseppe Vitani da Pavia, un grande, nel 1592. I venditori si tennero però la statua che ornava la cimasa, e la nostra Madonna del Tempo, ne prese il posto. Ma per intravederla, in cima al grande organo, senza illuminazione, bisognava usare un binocolo. Poi restaurata e custodita in canonica, fino ad ottenerla nuovamente godibile, me lo ricordo bene: che fatica, che soddisfazione. In attesa sia riaperto il complesso di San Pietro in Consavia, consolatevi con la sua serena e calda espressione materna.