“Buongiorno avvocato,
sono un fisioterapista e ho notato che negli ultimi anni i casi passati alla cronaca sull’esercizio abusivo della professione sono aumentati.
Volevo quindi chiederle delucidazioni su questo reato, per comprendere entro quali limiti posso svolgere il mio lavoro ed evitare di sconfinare nella professione medica.”
Gentile lettore,
il reato a cui lei si riferisce sta effettivamente diventando sempre più oggetto di discussione nelle aule giudiziarie, in modo particolare per quanto riguarda l’ambito sanitario, dato l’emergere di un numero sempre maggiore di nuove professioni che si pongono al limite con figure qualificate come il medico e lo psicologo per fare alcuni esempi.
È necessario, innanzitutto, inquadrare il reato di “Esercizio abusivo di una professione”, previsto all’articolo 348 del codice penale. Questa fattispecie, al primo comma, punisce, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 10.000,00 a € 50.000,00: “chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato”.
Occorre ora evidenziare quali siano le differenze tra la figura del medico e quella del fisioterapista, disciplinata dal D.M. 29 marzo 2001 in attuazione della legge n. 251 del 10 agosto 2000.
A quest’ultimo, anche se svolge un’attività rientrante nell’ambito sanitario, è senza dubbio proibita la possibilità di diagnosticare il problema sulla base dei disturbi riportati dai pazienti e, conseguentemente, decidere la metodologia curativa.
Quanto appena detto esula dalla sua qualifica e invade le prerogative del medico. La Cassazione ha evidenziato questo principio e importante differenza sulla base del rapporto che sussiste tra le due figure.
La professione medica, infatti, è il presupposto giustificativo di quella fisioterapica, in particolare per quanto riguarda la fase diagnostica di una malattia e la previsione dell’adeguatezza ed efficacia della cura da parte di un fisioterapista.
Sono dunque gli elementi ora menzionati che giustificano l’intervento di questa figura specializzata, con la somministrazione di sedute in cui viene svolta il tipo di terapia prescritta dal medico.
La sentenza della Suprema Corte più recente e attinente alla sua questione è la n. 29217/2025 della Terza Sezione penale, che rimanda a un precedente, la sentenza n. 29667/2018 della Sesta Sezione penale, la quale inquadrava la figura del fisioterapista sulla base dei riferimenti legislativi sopra cennati e, in particolare, in relazione ai “Profili professionali” dell’articolo 2 della legge 251/2000.
Come si può comprendere da quanto finora illustrato, quindi, i confini delle professioni sanitarie che non siano quella specificamente medica sono molto rigidi e ben definiti.
Per questo motivo, risulta sempre necessario prestare massima attenzione alle modalità e al tipo di attività svolte nel proprio lavoro, quale quello da lei esercitato, per evitare di sconfinare nelle mansioni proprie esclusivamente del medico e integrare così il reato previsto dall’articolo 348 c.p.