Attualità - 09 ottobre 2025, 10:30

Un ponte tra il Colle Don Bosco e il Rio Negro: nasce il progetto di documentazione condivisa

Presentato al Museo Etnologico Missionario, il nuovo programma internazionale punta a restituire conoscenza sulle collezioni del Rio Negro e a favorire un dialogo aperto tra culture, memoria e ricerca

Al Colle Don Bosco è stato presentato oggi pomeriggio un progetto che segna l’avvio concreto di una collaborazione tra il Museo Etnologico Missionario e le comunità del Rio Negro.

L’iniziativa, frutto di un lungo lavoro di preparazione tra salesiani, studiosi e partner brasiliani, mira a costruire una piattaforma digitale per documentare e condividere le conoscenze legate agli oggetti conservati nel museo, molti dei quali provengono dalle missioni amazzoniche di inizio Novecento.
L’obiettivo è duplice: permettere alle comunità d’origine di riconnettersi con la propria storia e offrire al pubblico internazionale un accesso più ampio alla conoscenza di culture antiche e straordinariamente complesse.

Un progetto di memoria e dialogo

Nel corso dell’incontro, la curatrice del Museo Etnologico Missionario, Letizia Pecetto, ha accolto i presenti con parole di emozione e di orgoglio: "Benvenuti a tutti voi, io mi trovo anche particolarmente emozionata…", ricordando che quest’anno ricorre il centenario dell’arrivo in Italia di parte della collezione.
Ha descritto l’iniziativa come “un momento storico, non solo per il nostro museo ma per la rete internazionale dei musei missionari salesiani, perché questo è il primo passo di un progetto che unisce tecnologia, memoria e dialogo culturale.”

Il direttore del Colle Don Bosco, don José Miguel Núñez, ha evidenziato il valore simbolico dell’incontro e la volontà di rendere il museo un luogo aperto al confronto: “Siamo tutti davvero molto fieri di avere questa collezione a casa nostra e di poterla condividere con chi ne è l’origine. La storia di questi oggetti ci appartiene, ma appartiene soprattutto a chi li ha creati: il nostro compito è custodirla insieme.”

Come rappresentante del territorio era presente Umberto Musso, sindaco di Castelnuovo Don Bosco, che ha espresso il benvenuto ufficiale alla delegazione e ha definito il progetto “un’occasione di incontro e di crescita reciproca, capace di valorizzare il patrimonio culturale e umano che lega da sempre la nostra comunità alla figura di don Bosco.”

Le voci del Rio Negro

Durante l’incontro hanno preso la parola anche Anna Bottesi, ricercatrice presso l’Università di Bologna e co-coordinatrice del progetto accanto a Renato Athias, antropologo e professore all’Università Federale di Pernambuco/Recife/Brasile e i rappresentanti delle comunità del Rio Negro: Maximiliano Correa Menezes del popolo Tukano, Afonso Fontes del popolo Baniwa e Alexandre Azevedo Rezende del popolo Tuyuka, che hanno spiegato diverse delle loro tradizioni, alcune delle quali custodite negli oggetti presenti all’interno del museo.
Uno dei delegati ha dichiarato: “Non pensavamo che così lontano esistessero ancora tracce del nostro passato. Vederle qui, curate e protette, ci dà gioia. Ora vogliamo che anche i nostri giovani possano conoscerle.”

I rappresentanti hanno espresso gratitudine per l’accoglienza e hanno spiegato che il lavoro comune non sarà solo un’occasione di studio, ma anche un modo per tramandare conoscenze, storie e valori che rischiano di andare perduti.
Il progetto, hanno aggiunto, non si limita a una prospettiva locale: è un invito alla collaborazione internazionale, aperto a chiunque desideri comprendere meglio la storia delle popolazioni che hanno dato origine a questi manufatti.

Un museo virtuale per tutti

L’iniziativa, che ha preso ufficialmente avvio, prevede nella sua prima fase la creazione di un museo virtuale dei popoli dell’Alto Rio Negro.
La piattaforma digitale renderà disponibili fotografie, modelli tridimensionali e registrazioni di testimonianze raccolte nel corso delle ricerche.
Parallelamente, il museo salesiano proseguirà la catalogazione scientifica dei materiali e la digitalizzazione delle schede, per rendere consultabili le informazioni a studiosi, visitatori e alle comunità d’origine.

Il progetto coinvolgerà ricercatori, antropologi e operatori museali italiani e brasiliani, in un processo definito “co-creativo”, che prevede la partecipazione diretta dei portatori di cultura.
Don Núñez ha spiegato che l’obiettivo non è lo spostamento fisico degli oggetti, che, in accordo con i rappresentanti dei popoli del Rio Negro, saranno meglio conservati all’interno del museo, ma “restituire la conoscenza, la memoria e la voce a chi ne è l’erede, e allo stesso tempo offrire a tutti la possibilità di conoscere le radici di queste civiltà.”

Il modello proposto si inserisce nel più ampio tema della restituzione virtuale, un approccio che combina tecnologia, ricerca e rispetto reciproco, e che potrebbe diventare un riferimento per altre istituzioni museali europee.

La storia del museo

Il Museo Etnologico Missionario del Colle Don Bosco custodisce una collezione di circa diecimila oggetti provenienti da tutto il mondo, con un importante nucleo dedicato all’America Latina.
Le sue origini risalgono alla Grande Esposizione Missionaria Vaticana del 1925, dove i missionari salesiani esposero oggetti raccolti durante le loro esperienze nei territori di missione.
Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, la collezione fu trasferita al Colle Don Bosco per essere protetta e trovò qui la sua sede stabile.

Negli ultimi anni, il museo ha intrapreso un lavoro sistematico di catalogazione, restauro e digitalizzazione, volto a valorizzare un patrimonio che rappresenta non solo la storia missionaria salesiana, ma anche un ponte di conoscenza tra culture.
L’iniziativa appena lanciata segna un ulteriore passo in questa direzione: un invito alla cooperazione, al rispetto e alla condivisione della memoria.

La curatrice Letizia Pecetto ha concluso con un pensiero che riassume lo spirito dell’incontro: “Questo progetto non è un traguardo, ma l’inizio di un cammino comune. Il Colle Don Bosco si apre oggi a un dialogo che unisce le persone attraverso la conoscenza e la memoria condivisa.”

Francesca Mezzogori