Economia e lavoro - 05 novembre 2025, 15:34

Bitcoin dello Stato Italiano: Marcello Coppo spiega tutto nell'intervista al podcast "Cripto" del Sole 24 Ore

Il deputato astigiano di Fratelli d'Italia racconta la sua battaglia per la trasparenza sulle criptovalute sequestrate: "La politica è ancora indietro, ma Bitcoin può diventare una riserva strategica per l'Italia"

Quanti Bitcoin ha davvero lo Stato italiano? È questa la domanda che si è posto Marcello Coppo, deputato astigiano di Fratelli d'Italia e presidente del gruppo parlamentare su digital asset, blockchain e bitcoin. Una curiosità che si è trasformata in un'interrogazione parlamentare e che ha portato il politico negli studi del podcast "Cripto" del Sole24 Ore, condotto da Vito Lops, per fare chiarezza su un tema che per molti rimane ancora ostico ma che potrebbe avere implicazioni enormi per le finanze pubbliche italiane.

L'interrogazione che ha scoperchiato il vaso di Pandora

La questione nasce da una constatazione tanto semplice quanto sorprendente. "Ho presentato un'interrogazione per sapere quanti Bitcoin ci sono, perché non esiste un capitolo nel bilancio dello Stato che identifichi chiaramente questa voce", spiega Coppo con la franchezza di chi ha scoperto un buco nero amministrativo. "Alla fine, se sono stati confiscati dei bitcoin o altre criptoattività, diventano patrimonio dello Stato. Secondo me, è bene sapere che ci siano. Poi su come vengono utilizzati, sicuramente ci sarà dibattito: c'è chi vuole liquidarli subito, chi invece dice sia meglio tenerli lì".

Il problema è più complesso di quanto sembri. La custodia delle criptovalute sequestrate avviene attraverso una galassia di custodi giudiziali sparsi nei vari tribunali italiani, senza alcuna coordinazione centrale. "Parlo delle confische: non esiste ad oggi un registro centralizzato. Il governo tuttavia si sta muovendo per crearne uno", precisa il deputato. Una situazione che fa sì che l'Italia, pur avendo probabilmente dei bitcoin nelle proprie casse, non compaia nemmeno nel sito internazionale "Bitcoin Treasuries" che monitora le riserve di criptovalute degli stati.

Il problema della volatilità e le sfide legali

Ma c'è un aspetto ancora più delicato che Coppo mette in luce: cosa succede quando le indagini non portano a condanna? "Cosa succede se lo Stato sequestra bitcoin che valgono oggi 50.000 euro e poi li deve restituire perché l'indagine non porta a condanna? Bisogna decidere se restituire i bitcoin o l'ammontare in euro, con tutti i problemi dovuti alla volatilità. È una tematica da normare". Un dilemma che evidenzia quanto la legislazione italiana sia ancora impreparata di fronte alle peculiarità delle criptovalute.

Il panorama internazionale offre spunti interessanti ma anche approcci molto diversi. "Gli Stati Uniti sono primi per quantità di bitcoin detenuti, seguiti da Regno Unito, Cina, Ucraina", racconta Coppo. "Ma attenzione: ci sono Paesi che hanno bitcoin per scelta (come Salvador o Bhutan che li usa per mining), altri solo perché li hanno sequestrati e non sanno cosa farne. La Germania, ad esempio, l'anno scorso ha deciso di liquidare quasi tutti i bitcoin confiscati".

Bitcoin come riserva strategica: il futuro è già qui?

È proprio sul concetto di riserva strategica che il deputato di Fratelli d'Italia punta l'attenzione. "Sta prendendo piede la consapevolezza che i bitcoin sequestrati possano diventare una riserva strategica. Gli Stati Uniti, ad esempio, stanno già trattando bitcoin come riserva e magari questa scelta verrà seguita anche da altri paesi". Una visione che va oltre la semplice gestione delle confische per abbracciare una strategia finanziaria più ampia.

"In momenti di crisi, avere bitcoin è meglio che non averne: come asset decorrelato dagli altri, può essere molto utile", aggiunge Coppo. Il deputato non si limita alla teoria e lancia proposte concrete: "Se lo Stato italiano avesse dei bitcoin, si potrebbe pagare una parte degli interessi sul debito pubblico direttamente in bitcoin – magari quelli già sequestrati – senza doverli vendere e senza incidere sul mercato".

La politica italiana è ancora indietro

Il tema della preparazione della classe politica è forse quello su cui Coppo si mostra più critico. "In Parlamento sono pochi a parlare di questi argomenti, perché la tecnologia è nuova e complicata. C'è ancora molta confusione e chi si avvicina spesso lo fa solo nei momenti di moda o per ragioni politiche senza conoscere la tecnologia". Una diagnosi impietosa che evidenzia il gap culturale che l'Italia deve colmare.

"Dobbiamo spiegare che dietro bitcoin non c'è solo speculazione ma un protocollo informatico che può rivoluzionare i mercati, ad esempio permettendo la tokenizzazione degli asset", insiste il deputato, sottolineando come il dibattito pubblico si fermi spesso agli aspetti più superficiali senza cogliere le potenzialità tecnologiche.

Sul fronte normativo, qualcosa si muove. "In Italia è stato depositato in Senato un testo che aggiorna la tassazione su plusvalenze e introduce il concetto di stablecoin euro. Vedremo come andrà il dibattito, ma serve chiarezza normativa, soprattutto per promuovere la stabilità e la trasparenza".

 La trasparenza sui bitcoin dello Stato italiano non è solo una questione contabile, ma può essere quindi un tassello fondamentale per costruire una strategia digitale moderna e competitiva. Come sottolinea lo stesso deputato, l'argomento è complesso ma cruciale per il futuro finanziario e tecnologico del Paese. Ora resta da vedere se la politica saprà cogliere questa sfida o continuerà a navigare a vista in un mare sempre più digitale.