Nei giorni solenni delle Ricorrenze dei Santi e dei Morti mi è capitato di visitare alcuni cimiteri, nel Torinese e in provincia di Cuneo. L’occasione per portare un fiore e per dire una preghiera sulle tombe dei miei cari. Sono rimasto colpito, però, nel vedere i camposanti semivuoti, per non dire deserti. Per la carità, tutti in ordine, puliti e abbelliti con un universo di fiori. Ma ovunque, c'erano pochissime persone fra i vialetti e le tombe.
Ricordo quand’ero bambino e accompagnavo i miei genitori al cimitero. La visita durava ore e ore. Incontravano un sacco di parenti e amici, e tutti si fermavano a parlare e a dire un Requiem Aeternam, quasi su ogni tomba : “Trovo più persone in queste ricorrenze, che non a Pasqua o a Natale” commentava mio papà. Per non parlare del traffico che c’era di fronte ai camposanti: vigili ovunque e parcheggi intasati.
Adesso niente. Qualche auto e pochissime persone, perlopiù anziane.
Del resto, mio figlio legatissimo ai suoi nonni, non va mai al camposanto, nemmeno in queste ricorrenze. “Sono nel mio cuore, li ricordo tantissimo – dice – ma non vado al cimitero”.
Eppure, il culto dei Defunti è antico quanto l’ umanità. Pensiamo agli Egizi, agli Etruschi. O, addirittura, al Paleolitico medio, circa 100.000 anni fa, con le prime testimonianze di rituali di sepoltura, come dimostrato dal ritrovamento di tombe con corredi funerari e la curata disposizione dei defunti.
Per non parlare dei necrologi. Soltanto qualche decina di anni fa, riempivano intere pagine di quotidiani e settimanali. Oggi, nei giornali, sono quasi spariti.
Un’inconscia rimozione della morte dalla nostra cultura e dalle nostre usanze? Non lo so. Non sono esperto di psicologia.
Ma certo, quei cimiteri deserti - anche nelle ricorrenze canoniche – mi hanno messo una grande tristezza.