Una riforma che prometteva di rinnovare le politiche per la montagna rischia di trasformarsi in una mannaia per decine di territori piemontesi. La legge nazionale 131/2025, entrata in vigore lo scorso 20 settembre, ridisegna i confini della montanità italiana introducendo criteri puramente orografici – altitudine e pendenza – per stabilire chi può dirsi comune montano e chi no. Il risultato, secondo le prime simulazioni tecniche, sarebbe un drastico ridimensionamento: il Piemonte passerebbe da circa 486 comuni classificati come montani a poco più di 420, con una perdita secca di circa 66 realtà.
L'allarme del Pd regionale
A sollevare il caso sono stati i consiglieri regionali del Partito Democratico Fabio Isnardi, Simona Paonessa, Emanuela Verzella e la capogruppo Gianna Pentenero, che insieme al collega Mauro Calderoni hanno presentato un'interrogazione alla Giunta regionale chiedendo chiarimenti puntuali sull'impatto della riforma. "La nuova legge nazionale sulle zone montane rischia di produrre effetti pesantemente negativi per il Piemonte e per decine di comuni oggi classificati come montani", hanno sottolineato i dem, evidenziando come molti dei territori a rischio si trovino proprio nell'Astigiano.
Il problema non è solo una questione di etichetta amministrativa. Perdere lo status di comune montano significa essere tagliati fuori dall'accesso a risorse fondamentali, a partire dal Fondo per lo Sviluppo delle Montagne Italiane (FOSMIT), che per il triennio 2025-2027 dispone di circa 196 milioni di euro all'anno. "Si tratta di territori che, pur trovandosi a quote più basse, convivono con fragilità strutturali analoghe a quelle delle aree montane tradizionali: spopolamento, carenza di servizi, difficoltà nella mobilità, costi più elevati per garantire Sanità e Istruzione", hanno spiegato i consiglieri Dem.
Ma c'è di più. Anche per i comuni che manterranno la classificazione, la nuova legge introduce un meccanismo che rischia di impoverire le casse regionali. L'articolo 4 della 131/2025 prevede infatti che una parte del FOSMIT venga gestita direttamente dallo Stato attraverso la nuova Strategia per la Montagna Italiana, sottraendo autonomia progettuale alle Regioni. "Se una parte del fondo viene sottratta alle Regioni e gestita centralmente, le comunità alpine e appenniniche piemontesi rischiano di perdere risorse preziose", ha spiegato Paonessa.
Secondo le stime contenute nell'interrogazione, il Piemonte potrebbe vedere ridursi drasticamente la propria quota di finanziamenti, con un taglio stimato in oltre 10 milioni di euro. Una perdita che si sommerebbe alla già difficile situazione delle aree interne, dove i servizi essenziali faticano a reggere e le amministrazioni locali devono fare i conti con bilanci sempre più risicati.
Le richieste alla Giunta
I consiglieri del Pd hanno posto alla Giunta regionale dieci domande precise: se il Piemonte abbia espresso osservazioni durante l'iter della legge, quale sia la posizione ufficiale sulle simulazioni di riduzione dei comuni montani, quali iniziative intenda assumere per influenzare i decreti attuativi affinché siano inseriti anche indicatori socio-economici e non solo parametri orografici. Chiedono inoltre se la Regione intenda costruire una posizione comune con Unioni montane, comuni, province e associazioni del territorio, e quali misure compensative siano previste per evitare penalizzazioni.
"In un momento in cui le aree montane stanno investendo energie per attrarre nuovi residenti, rafforzare servizi e promuovere progetti di sviluppo locale, ogni riduzione di risorse o di riconoscimento istituzionale rischia di mettere in crisi un percorso faticoso ma virtuoso", ha sottolineato Verzella. "Per questo chiediamo alla Regione un'azione decisa e tempestiva, capace di difendere i diritti delle nostre comunità montane e di tutelare il futuro delle terre alte piemontesi", ha concluso Pentenero.