Economia e lavoro - 15 dicembre 2025, 08:29

Livio Negro (presidente Fondazione Cr Asti): "Il coraggio del cambiamento per il futuro di Asti"

"La retorica della 'banca del territorio' non basta più. La Fondazione ha il dovere di fare una scelta"

Livio Negro

Da anni, nel mondo delle fondazioni di origine bancaria, è aperto un confronto sul tema della concentrazione patrimoniale nelle banche conferitarie. Le linee guida condivise tra ACRI e MEF indicano la necessità di un equilibrio tra radicamento territoriale e sana diversificazione finanziaria: un equilibrio che molte fondazioni italiane hanno progressivamente ricercato per garantire stabilità e capacità erogativa nel lungo periodo.

Questo dibattito nazionale è arrivato anche ad Asti, accendendo un confronto nella comunità locale sulla sostenibilità di un modello che, nel nostro caso, vede la Fondazione detenere il 31,80% di Banca Cassa Risparmio di Asti. Una partecipazione che, da sola, rappresenta circa l’80% del patrimonio complessivo della Fondazione, molto al di sopra del limite del 39% previsto dal protocollo ACRI–MEF nella sua versione più aggiornata e, comunque, ben superiore ad un livello ragionevole di concentrazione degli investimenti patrimoniali.

Non si tratta di un’anomalia nata oggi. È il risultato di scelte stratificate nel tempo, maturate in un contesto storico ed economico differente, in cui mantenere una forte concentrazione sulla banca conferitaria era percepito come un elemento di sicurezza e continuità. Oggi, però, quel contesto è profondamente cambiato: il mercato bancario vive una fase di consolidamento senza precedenti, la redditività degli istituti locali è più sfidante e la stabilità delle fondazioni dipende sempre più dalla diversificazione del patrimonio e delle entrate.

Basti osservare i dati più recenti: negli ultimi quattro anni il rendimento medio del dividendo della nostra conferitaria, Banca Cassa di Risparmio di Asti, è stato inferiore al 3%, un livello significativamente più basso rispetto a realtà equiparabili per dimensione e collocazione territoriale. Nello stesso periodo Fondazione CR Cuneo ha registrato un rendimento medio della conferitaria prossimo al 12%, Fossano l’8,2%, Alessandria il 4,6%. Numeri che mostrano, con evidenza, come il nostro modello non sia stato performante quanto quello di altre fondazioni radicate in territori simili al nostro.

Non è una questione di colpe, ma di realismo. Ciò che per lungo tempo, in un contesto storico ed economico diverso, ha garantito stabilità oggi, al contrario, può generare fragilità. Ed è proprio assumendo questo dato di realtà che possiamo affrontare con responsabilità la discussione sul futuro, come altri territori italiani hanno fatto con lungimiranza.

La lezione di Torino e la scelta che ha cambiato un territorio

Il dibattito che oggi coinvolge Asti non è nuovo in Italia. A Torino, quasi trent’anni fa, la Fondazione CRT dovette scegliere se mantenere il controllo della propria banca del territorio o aderire al progetto che portò alla sua integrazione in Unicredit. Ci furono resistenze, preoccupazioni e una forte contrapposizione interna, proprio come oggi accade ad Asti.

La storia ha dato ragione a chi ha avuto il coraggio di guardare lontano: allora la Fondazione CRT aveva un patrimonio pari a circa 1 miliardo di euro ed erogava ogni anno l’equivalente di 9 milioni di euro.

Oggi il patrimonio è di 4,2 miliardi, con erogazioni annuali pari a 80 milioni e oltre 2 miliardi distribuiti dal 1991.

Il territorio torinese non ha perso potere; ha guadagnato opportunità.

È legittimo chiedersi se Asti non si trovi oggi di fronte a un bivio simile. Le azioni della nostra Banca dopo 10 anni valgono la metà di quanto gli azionisti – compresi i 26.000 piccoli risparmiatori – hanno investito. I dividendi distribuiti alla Fondazione CrAsti sono da anni insufficienti per rispondere alle richieste del territorio: è un dato di fatto, non un giudizio politico.

Basti pensare che la Fondazione CR Alessandria, con un patrimonio pressoché pari al nostro, riesce a erogare più del doppio. Un segnale che non può essere ignorato.

La retorica del “siamo la banca del territorio” non basta più. Una banca del territorio è tale se sostiene famiglie, imprese, associazioni, creando sviluppo e non solo mantenimento.

Perché oggi serve una decisione

Oggi forse si vorrebbe non scegliere, ma anche questa è una scelta. Significa fermarsi, rimanere ancorati a un passato che potrebbe non rispondere più in modo adeguata alle sfide del futuro.

La Fondazione, come maggior azionista della Banca, ha il dovere di scegliere, con visione e responsabilità, quale futuro costruire. Un futuro che non può prescindere da:

  • diversificazione del patrimonio, per garantire stabilità patrimoniale e nelle erogazioni;
  • rafforzamento della redditività della Banca, indipendentemente dalla sua configurazione futura;
  • valorizzazione del capitale umano, in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale non sostituirà l’uomo ma esalterà chi saprà utilizzarla;
  • adozione delle innovazioni di sistema, come l’Euro Digitale, che ridisegnerà servizi e modelli di gestione del credito;

Il cambiamento non deve essere vissuto come una minaccia o come un obbligo, anche se di fatto lo è, ma come un’opportunità che gli amministratori della Fondazione hanno il dovere di perseguire con determinazione.

Crescita, coesione sociale e responsabilità verso il territorio

Non esiste benessere senza sviluppo. Non esiste sviluppo senza coesione sociale. E la coesione si regge solo se esistono risorse da investire sul territorio, perché non c’è ricchezza senza crescita.

L’operazione che la Fondazione è chiamata a valutare non ha come obiettivo il proprio lucro, ma il rafforzamento della Banca conferitaria, perché solo una banca più forte può generare sviluppo per il territorio. È nell’interesse della conferitaria crescere, innovare e reggere la competizione: e ciò coincide esattamente con l’interesse della nostra comunità.

Il contesto bancario in cui operiamo non è più quello di dieci o vent’anni fa: il sistema è entrato in una fase di forte consolidamento, le adeguate dimensioni, patrimoniali ed operative, possono essere decisive per vincere le sfide future. Le dinamiche regolamentari, tecnologiche e di mercato spingono sempre più verso integrazioni e aggregazioni. Ignorare questo cambiamento significherebbe isolarsi e indebolirsi.

Il nostro territorio non può permettersi di arretrare. La Fondazione, per mandato statutario e per responsabilità morale, non può limitarsi a conservare ciò che c’è: deve lavorare per ciò che può essere.

All’immobilismo preferiamo la visione. Alla prudenza sterile, la determinazione. Alla paura, il coraggio. Perché solo il coraggio genera futuro.

Livio Negro - Presidente Fondazione Cassa di Risparmio di Asti

Al direttore