Enrico Bartolini. Lo starman della ristorazione mondiale. La sua passione è creare in cucina, il suo hobby…collezionare stelle Michelin!
La prestigiosa guida gliene ha affidate 6, quest'anno: due stelle sono andate al ristorante Enrico Bartolini al Mudec (Museo delle Culture) di Milano, una al Casual Ristorante a Bergamo, e una a La Trattoria Enrico Bartolini a Castiglione della Pescaia (ereditato da Ducasse), in Maremma, nella Tenuta La Badiola che ospita l’esclusivo resort L’Andana a cui si sono rapidamente aggiunte quelle ottenute al Glam di Palazzo Venart di Venezia, al Relais del Sant'Uffizio di Penango nel Monferrato.
Lo abbiamo intervistato poco dopo l'assegnazione delle stelle.
Come è scattata la scintilla per la ricerca in ambito culinario e quale è stato il suo ispiratore?
"Ho iniziato a cucinare da piccolo. Dopo i 19 anni ho scoperto la cucina gourmet stellata a Parigi e me ne sono innamorato. Sono un autodidatta che ha iniziato nella cucina di suo zio e sognava di imparare bene la ricetta dei maltagliati ai funghi. Ma chi mi ha davvero aperto gli occhi sull'alta cucina è stato Massimiliano Alajmo".
Quali tra gli ingredienti rubati alla cucina della tradizione piemontese trova irrinunciabili quando cucina?
"Le nostre ricette sono piene di tocchi e accenni piemontesi. Stagionalmente dal mondo vegetale a quello animale ed enologico siamo sommersi di stimoli e idee dal Piemonte".
Lei dirige 5 ristoranti in Italia, tutti stellati e due all’estero (Dubai e Honk Kong). Decide personalmente cosa mettere in carta per ogni esercizio e in cosa si differenzia, a livello di scelta la clientela italiana da quella estera?
" Io ho la fortuna di poter esprimere le mie idee in tutti questi posti, ma soprattutto di poterle condividere con ognuno degli chef che guida i singoli progetti. La ristorazione è un lavoro di squadra. sei stelle sono il frutto della condivisione con i cuochi che ho scelto per la loro mentalità, ognuno dei quali ha un'alta conoscenza del territorio e mi dà spunti preziosi. Sta a me e al mio staff capirlo e lavorare affinchè tutto funzioni alla perfezione. Sicuramente, nelle nostre differenze, c'è una cosa che accomuna tutti noi: lavoriamo per ottenere il meglio, condividiamo valori comuni e voglia raccontare, attraverso ciò che facciamo, la nostra identità".
A livello locale (parlo dell’Astigiano) quali sono i suoi ingredienti locali preferiti?
"Le campagne hanno risorse spontanee dagli asparagi al tartufo e sono ricche di agricoltura. Ho assaggiato eccellenti cipolle ad esempio prima dell’ estate . o La Locanda, il ristorante all'interno del Relais Sant'Uffizio, una proprietà della famiglia Chang, la stessa che possiede Palazzo Venart, e anche in questo caso si tratta di una struttura di hotellerie. A Venezia abbiamo lavorato molto bene insieme, lo dimostra la stella conquistata quest'anno. Ci siamo così lanciati in questa avventura a Cioccaro di Penango, nel cuore del Monferrato. Qui lo chef è Gabriele Boffa, che arriva da esperienze di rilievo e con cui abbiamo pensato ad un menu che ssegye la stagionalità degli ingredienti, guardando tanto all'innovazione quanto alla tradizione piemontese".
E per quanto riguarda i vini che si sposano con i suoi piatti?
"Monferrato sta crescendo e ci sono molti bravi produttori. La costanza nei decenni permette di comprendere le sfumature del piacere e soprattutto permettere di metterle in bottiglia. mi sento profondamente italiano e in ogni piccolo luogo del Belpaese dove ho aperto ho voluto rispettare al massimo la biodiversità e la tradizione gastronomica del territorio. Ovviamente filtrandole con la mia visione di cucina".
Tre caratteristiche che deve avere uno chef per aggiudicarsi una stella Michelin.
"Non sono io a dare un tale riconoscimento, credo che concretezza dei sapori, ben serviti e attenti al comfort dell ospite siano i primi tre da elencare".
Tre caratteristiche che deve avere un piatto per essere servito.
"Buono bello profumato. significato è che oggi nessuno inventa nulla, ma alla matrice tradizionale di una ricetta oggi possiamo affiancare una ricerca sugli accostamenti e una conoscenza delle tecniche che fanno la differenza".
Tre caratteristiche che deve avere un giovane per poter fare il lavoro di chef.
"Passione, ambizione, vanità. Credo che l'accoglienza, la cortesia, l'ambiente siano fattori imprescindibili a suscitare l'emozione di un'esperienza, e valgono quanto la creatività di un piatto. venire a lavorare con noi. Chi fa questo mestiere spesso pensa di avere idee uniche, imbattibili e quasi sempre si sbaglia: è probabile che altri centinaia di chef abbiano pensato alla stessa cosa. Stando con noi un giovane può capire quanto davvero contino i valori umani per chi lavora in cucina. La chiave del successo oggi risiede soprattutto nella costanza che ci si mette, nell'impegno, nella concentrazione, meglio se supportati da colleghi che condividono con noi gli stessi obiettivi".
La sua ambizione più grande…se ce ne sono ancora!
"Sono molto ambizioso e credo che un cuoco stellato debba umilmente ammirare e desiderare il massimo riconoscimento delle tre stelle della guida insieme al consenso dei clienti. Servono anni e impegno".