Da circa tre settimane l’ospedale di Asti si è trovato a far fronte, come altri ospedali del Nord Italia, all’emergenza CoVid 19 e lo sta facendo al meglio, condividendo gli sforzi con tanti attori sul territorio.
I NUMERI ASTIGIANI
Al momento sono 55 i ricoverati al Cardinal Massaia di Asti (12 in Rianimazione, 20 in Malattie Infettive, 21 in un apposito reparto al terzo piano creato ad hoc, 2 in un altro reparto ancora). Fra questi anche molti pazienti non astigiani (per lo più alessandrini). In isolamento domiciliare si registrano alcune unità in più, ma non ci sono grandi cambiamenti. 6 i decessi.
Abbiamo voluto parlarne con il professor Francesco Giuseppe De Rosa, professore associato di Malattie infettive alle Molinette di Torino e direttore delle Malattie infettive del Cardinal Massaia di Asti.
Professore, facciamo chiarezza, ora abbiamo capito che non è poco più di un influenza. Intanto qual è la situazione astigiana?
Chi ha detto fosse poco più di un influenza non lo ha fatto per tranquillizzare, alcuni colleghi parlavano soprattutto della disponibilità di numeri. Ma dobbiamo essere chiari, c’è una percentuale che ha bisogno di ricovero e una parte che ha bisogno della Terapia intensiva. Il concetto della banale influenza va superato.
I numeri sono nell’ordine di qualche decina di pazienti seguiti sul territorio, dopo le due ‘ondate’ del gruppo di Alassio. Abbiamo attivato i vari servizi sul territorio,ì con la dottoressa Rivetti, diirettore SOC Servizio Igiene e Sanità Pubblica, il DEA, con il 118. Un percorso condiviso. Sapendo che rientravano pazienti colonizzati abbiamo gestito la situazione su tutto il territorio. La dottoressa Rivetti li contattava due volte al giorno, li abbiamo ricoverati al bisogno e seguiti in ospedale. Sono orgoglioso di quello che la Asl di Asti ha costruito con tutti i servizi.
Ma quindi attualmente tutti gli ammalati fanno parte del ceppo di Alassio?
No, ci sono stati alcuni pazienti ricoverati indipendentemente, abbiamo ricoverato anche pazienti inviati dall’Unità di crisi, questo fa parte della condivisione regionale di posti letto delle Malattie Infettive e della Terapia Intensiva, collaborando con tutto lo sforzo organizzativo ci siamo resi disponibili anche a livello regionale.
Secondo lei sarebbe utile effettuare un numero maggiore di tamponi? In quali casi viene fatto e chi lo decide?
Ci sono direttive regionali, ora c’è anche una piattaforma informatica sulla quale si mettono le richieste di eseguire il tampone e poi in sede centrale vengono autorizzate o meno.. Il tampone viene fatto a chi arriva in ospedale con gravi problematiche respiratorie con febbre e tosse. Vengono fatti per contatti stretti laddove serve si cerca di farne sempre di meno a persone asintomatiche perché la resa del test è comunque più bassa.
Come agisce questo virus e come provoca questi problemi respiratori?
Intanto la malattia si chiama Covid 19 e il virus fa parte dei beta coronavirus, e si chiama Sars – CoV-2. La maggior parte delle persone che vengono in contatto con il virus non manifestano problemi o lo fanno in maniera lieve, una minoranza, il 15/20%purtroppo richiede ricovero o assintenza intensivistica.
Come tutti i virus respiratori viene inalato e la modalità di inalazione richiede il contatto stretto, viene lasciato in sospensione nelle particelle quando respiriamo o contamina le superfici che abbiamo intorno soprattutto se non laviamo spesso le mani, o usiamo i fazzoletti e poi li rimettiamo in tasca. Ecco perché è importante mantenere la distanza di sicurezza. Si prende quindi anche per contatto, magari mettendo le mani vicino a naso e bocca.
Quanto può rimanere il virus sugli oggetti?
Sulle superfici inanimate può rimanere ore, ma il fatto importante è che l’igiene nostra e degli ambienti dove viviamo ha sempre fatto parte della nostra vita sociale. Da sempre si provvede a lavare le strade, per esempio. Il richiamo è lavare con soluzioni alcoliche o candeggina le superfici lavabili, L’ipoclorito è una delle sostanze più utilizzate facendo ovviamente attenzione.
Il periodo di degenza medio, salvo complicazioni per una persona positiva, quale può essere?
Siamo sui dieci giorni in media, la degenza media ci deve rassicurare sul discorso, evitando sorprese tardive, a volte abbiamo visto che a fronte di un miglioramento precoce, si poteva osservare un peggioramento alcuni giorni dopo, i medici italiani stanno facendo esperienza e dobbiamo riconoscere che questa durata della degenza, in parte è necessaria, in parte è cautelativa nei confronti di un’ulteriore verifica.
Le mascherine con i filtrini sono utili per tutti o è meglio lasciarle a chi davvero servono?
Questo tipo di mascherine andrebbero utilizzate solo di fronte ai pazienti con i quali ci sono procedure che generano aerosol, tipo broncoscopie o intubazioni endotracheali, nella maggior parte bastano le mascherine chirurgiche, che sono effettivamente utili.
Ci sono previsioni su come sta andando la curva di contagio e, so bene che non ha la sfera magica, qundo ne potremo uscire?
Aspettiamo di essere certi che i numeri rendano oggettiva una riduzione del numero di infezioni, ma questo dipende da tutti noi, non solo dai medici, se è stata bloccata la vita sociale e lavorativa degli italiani il motivo c’è, crediamo che bloccare la circolazione del virus sia possibile solo con queste misure, Dobbiamo darci una mano per limitare ulteriori focolai che potrebbero far ripartire la situazione. Alcune situazioni potrebbero essere più controllate, abbiamo fatto tanto non mi semra educato sprecarlo con il mal comportamento di alcuni.
Penso ci farà ancora compagnia per qualche settimana, ma sarei felicissimo di sbagliare.






