"La nostra burocrazia… si merita la fama di cui gode". Dalla sua postazione di Verduno, sotto una pioggia attesa da tempo a dissetare la distesa di filari che da qui si perde nei panorami delle Langhe, il commissario straordinario per l’apertura del nuovo ospedale Giovanni Monchiero liquida così l’ultimo incidente di percorso arrivato a turbare l’attività della struttura attiva dal 31 marzo, dopo che poche settimane prima la Regione aveva accelerato i tempi della sua inaugurazione con l’obiettivo di farne il polmone col quale togliere pressione a una rete ospedaliera sferzata dagli inclementi numeri piemontesi dell’emergenza Covid.
Un’operazione finora riuscita solo in parte considerato che, dei 160 posti-letto che il Governo regionale avrebbe voluto vedervi operativi entro la metà di aprile, ad oggi ne è stata attivata una sessantina – 55 di degenza ordinaria e altri 6-7 nella terapia semi-intensiva –, quasi completamente occupati da pazienti che qui vengono a trascorrere la fase post acuta della malattia, liberando così le affollate terapie intensive di tutta l’area subalpina.
"A ranghi ridotti, ma l’ospedale sta rispondendo in pieno a quella che era la sua missione", spiega il 73enne Monchiero, dirigente di lungo corso della sanità locale, dalla quale si era congedato per concedersi alla parentesi politica vissuta con l’elezione a senatore (per Scelta Civica) nella legislatura 2013-2018, ora richiamato sul campo per mandare in porto la non banale operazione di mettere rapidamente in funzione la struttura in corso di realizzazione da quindici anni sulle colline albesi. "Tutto funziona come previsto, direi. In questi venti giorni abbiamo già dimesso 25 pazienti, e ogni giorno ne arrivano di nuovi. L’attività finora è proceduta correttamente, senza problematiche di sorta, ma certamente i posti potevano essere di più, se solo avessimo avuto più personale su cui far conto".
Il problema, appunto, è quello della carenza di medici e infermieri, peccato originale ora aggravato dall’incidente che ha riportato Verduno sotto i riflettori. "E’ successo che tra quelli reclutati per poter aprire ci fosse anche una compagine inviata dalla Protezione Civile nazionale: personale in servizio presso altre Asl italiane, venuto ad aiutarci in maniera quasi volontaria. Peccato che lo stesso sia stato ingaggiato per appena 21 giorni. Un periodo che, tra il tempo di arrivare e quello di prendere confidenza con la squadra e la struttura, si è presto esaurito".
Il reparto Covid del nuovo ospedale di Alba e Bra ha così perso 6 medici e 5 infermieri, mentre della stessa squadra inviata da Roma altri due anestesisti hanno chiesto di poter rimanere, in forza a un team di sanitari – quello guidato dai dottori Massimo Perotto e Roberto Gioachin – composta da 7 medici di maggiore esperienza, altri 15 giovani medici, in buona parte alla prima prova sul campo e ingaggiati per un periodo di sei mesi, e da una trentina di infermieri.
"Il problema è quello con cui hanno fatto i conti tutte le regioni colpite dall’emergenza: questo personale non si trova – riprende il dottor Monchiero -. Infermieri in loco non ne abbiamo. qui ad Alba avevamo una scuola dedicata, che l’università decise di chiudere già anni addietro. Peggio ancora sul fronte medico, un problema annoso, diffuso in tutto il Paese. Abbiamo dovuto formare un gruppo di ragazzi freschi di laurea, parte dei quali non ha nemmeno ancora sostenuto l’esame di Stato. Eppure si è messa insieme una bella équipe, in ogni turno è presente un medico anziano insieme a due giovani, lavoriamo con grande affiatamento…".
VERSO IL TRASLOCO
Intanto, anche se con grande lentezza, i numeri della crisi ospedaliera si fanno meno asfissianti. A ieri i ricoverati nelle terapie intensive piemontesi erano 301, contro i 458 dello scorso 31 marzo. E così sembrerebbe allentarsi anche l’esigenza di ampliare la capacità di accoglienza di Verduno. "Questo è vero solo in parte. Noi abbiamo altri spazi già praticamente allestiti, dove mancano solo i materassi e le lenzuola. Utilizzarli consentirebbe di dare ulteriore fiato agli ospedali, consentendo di riprendere più rapidamente le loro normali attività, in questo momento limitate. I cardiologi ad esempio lamentano un incremento degli infarti dovuti al venire meno delle visite di prevenzione che normalmente vengono fatte negli ambulatori ospedalieri. Sono aspetti secondari dell’emergenza, che forse però non vengono debitamente presi in considerazione, in questo momento".
E mentre l’emergenza allenta la morsa, anche a Verduno si inizia a ragionare di una fase 2 che da queste parti potrebbe assumere le fattezze di quel trasloco che Alba e Bra attendono da anni. Un tema non prematuro, per Monchiero, che giovedì mattina ne parlerà nel corso di un incontro già fissato col governatore Cirio e con l’assessore alla Sanità Icardi: "Sentiamo cosa dice chi ha la responsabilità di questa scelta – dice ancora il commissario –, ma certo non è presto per affrontarlo. Procedere prima sarebbe ovviamente pericoloso, anche perché, se è vero che coi primi di maggio verranno riaperte molte attività, c’è da attendersi una possibile ripartenza dei contagi. Ma per l’estate tutti i virologi prevedono un rallentamento dell’epidemia, e in questo senso già luglio potrebbe il momento giusto per pensare di spostare qui i due ospedali".
Questo – è il ragionamento - consentirebbe anche di riorganizzare la sanità locale in vista della possibile seconda ondata dell’epidemia, attesa per l’autunno. "Molti trascurano il fatto che siamo di fronte a una malattia complicata, complicata e lunga. Fortunatamente in una buona parte dei casi se ne guarisce, ma la cura è lunga e richiede spazi adeguati. Per ottobre e novembre saremo certamente organizzati meglio di quanto i nostri sistemi sanitari regionali siano stati ora, presi di sorpresa da un fenomeno per molti versi completamente nuovo".
"NESSUNA PRIVATIZZAZIONE"
Un’ultima battuta il commissario la riserva a smentire le voci arrivate nei giorni scorsi a ventilare, per il nuovo ospedale, possibili ipotesi di privatizzazione. "Verduno è stato finalmente ultimato per diventare uno dei vanti della Regione. Quello di affidarlo ad altri che non siano il pubblico è un’ipotesi che davvero non è mai stata presente su nessun tavolo".