La Regione Toscana dal 24 aprile consente la “vendita del cibo da asporto” da parte degli esercizi di somministrazione, una vendita per asporto che potrà essere effettuata previa ordinazione on-line e/o telefonica , garantendo che gli accessi per il ritiro dei prodotti ordinati avvengano nel rispetto delle norme di sicurezza igienico sanitaria. In altra parole significa “Take Away”.
“In Piemonte , al momento, il Take Away non è consentito credo invece che questo tipo di vendita aiuterebbe i ristoratori , i bar e le pizzerie , del resto - sottolinea Claudio Bruno Direttore della Confcommercio di Asti – questo è un sistema di vendita ormai consolidato in molti paesi d’Europa, mentre noi ci troviamo di fronte ad interpretazioni e decisioni spesso diverse tra una Regione l’altra, dimenticando che stiamo parlando di un settore, quello della ristorazione in grandissima difficoltà, dove le preoccupazioni aumentano di giorno in giorno a fronte delle scarse garanzie che il Governo sta offrendo".
"Credo che proprio per questo l’impegno di tutti debba essere quello di mettere nelle migliori condizioni chi vuol riaprire - ribadisce Claudio Bruno - ci aspettiamo indicazioni e procedure snelle , semplici e funzionali perché, chi ha potuto stare aperto in questo periodo e mi riferisco in particolare all’agroalimentare , ha dimostrato di sapersi organizzare, avendo la consapevolezza che la tutela della salute è e deve essere di primaria importanza e che va tutelata, ma nello stesso tempo che il fattore economico non può stare fermo e che non serve la “burocrazia” .
Un categoria , quella della ristorazione , che vede già purtroppo compromessi i fatturati del 2020, basti pensare che le perdite in questi primi mesi superano già i 20 miliardi (dato FIPE - Federazione Italiana Pubblici Esercizi Confcommercio).
“Sottolineo ancora una volta che alle imprese non servono prestiti ma finanziamenti a fondo perduto per poter fare fronte a tutta una serie di spese ed oneri di gestione, ai mancati fatturati e ad una sicura riduzione del fatturato per il futuro , che stimiamo mediamente del 50% , perché quando le attività riapriranno dovranno far rispettare le distanze e prendere atto delle paure dei clienti".
“Nel frattempo e se vogliamo davvero aiutare la ristorazione– conclude Claudio Bruno - perché non consentiamo anche noi alla ristorazione di vendere piatti pronti take away? Siamo certi che i ristoratori siano in grado di garantire che gli accessi per il ritiro dei prodotti ordinati avvengano nel rispetto delle norme di sicurezza igienico sanitaria".