Economia e lavoro - 01 maggio 2020, 07:30

"Oggi è il 1° Maggio: con questa crisi drammatica e con questa precarietà, non c'è niente da festeggiare"

Mauro Zangola, per più di 30 anni direttore del Centro Studi dell'Unione Industriale di Torino, riflette sul lavoro, sul ruolo dei sindacati e su come rispondere a questa enorme crisi economica e lavorativa

Photo by Yunming Wang on Unsplash

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Anche la Festa dei Lavoratori 2020, che si celebra oggi 1° Maggio, si terrà nelle piazze "virtuali" dei social network e delle piattaforme di condivisione video streaming.

Anche ad Asti, infatti, i sindacati scenderanno nelle piazze virtuali dei social a partire dalle 9.30 con una trasmissione che affronterà il tema Il lavoro in sicurezza per costruire il futuro”. Ne discuteranno: Luca Quagliotti, Segretario generale CGIL Asti, Marco Ciani, Segretario Generale CISL Asti-Alessandria e Armando Dagna Segretario Generale UIL Asti-Cuneo. Interverranno con il loro saluto il sindaco di Asti, Maurizio Rasero, e il Presidente Provinciale dell’ANPI, Paolo Monticone. Verrà, inoltre, presentato il video “A(rti)STI 2020 per gli operatori sanitari”, già disponibile sui social, con un’introduzione di Fiorella Carpino, ideatrice del progetto A(rti)sti 2020. La giornata si concluderà con l’intervento di Alessio Ferraris, Segretario Generale CISL Piemonte, a nome di CGIL, CISL e UIL. Per conoscere tutti i dettagli CLICCA QUI.

Ma cos'è rimasto e, soprattutto, cosa rimarrà del lavoro, su cui si fonda l'Italia, come sancito dall'articolo 1 della Costituzione?

Ne abbiamo parlato con Mauro Zangola, per più di 30 anni direttore del Centro Studi dell'Unione Industriale di Torino, che di recente ha pubblicato un libro sui giovani dal titolo "SMARRITA OCCUPAZIONE" Giovani e territorio e il lavoro che non c'è, edito da SEB 27.

Cosa c'è da festeggiare, in questo 1° Maggio 2020? "Negli utimi 20 anni, con due recessioni che non si erano del tutto esaurite, non abbiamo mai festeggiato davvero. A maggior ragione oggi, nel pieno di una crisi molto grave, che non sappiamo dove potrà portarci", risponde.

Zangola, da sempre attento alle dinamiche lavorative soprattutto per quanto riguarda i giovani e le donne, evidenzia un ulteriore aspetto: "Il Coronavirus ha anche un merito. Quello di averci fatto scoprire - se mai ce ne fosse stato bisogno - che abbiamo un esercito di precari composto dai lavoratori "discontinui", che rischiano di  non vedersi rinnovati i contratti nel mezzo della crisi, e delle partite iva. Un esercito di 600.000 individui in larga parte giovani, vittime delle politiche del lavoro flessibili  perseguite dalle imprese con la complicità dei Governi che si sono succeduti negli ultimi vent'anni. Politiche sfociate nella precarietà, con costi personali e sociali crescenti a carico degli individui, delle famiglie e della comunità".

E il sindacato? Ha ancora senso, in un panorama generale privo di stabilità e diritti dei lavoratori? "A me sembra che la crisi da Coronavirus possa restituire al sindacato un ruolo molto importante da svolgere: un'occasione da non perdere per recuperare un ruolo di primo piano, capace di abbracciare tutto il mondo del lavoro a cominciare dai soggetti più deboli che sono i giovani e le donne".

Si continua a parlare di sicurezza sui posti di lavoro ma sono ancora tante le morti bianche, in particolare nel settore dell'edilizia e dell'agricoltura. Adesso, questa pandemia, crea insicurezza anche in ambiti occupazionali normalmente esenti da rischi reali. Come si può affrontare questo aspetto?

Per Zangola i lavoratori devono difendere i loro diritti alla tutela della salute nei  luoghi i di lavoro. "La sicurezza viene prima di tutto. Si riparte solo se ci sono le condizioni per farlo. Le imprese medie e grandi hanno i mezzi per garantire la sicurezza e ci sono esempi importanti da prendere a modello. Il problema si pone nelle piccole imprese, che devono essere aiutate coinvolgendo le Associazioni di categoria".

Un pensiero in prospettiva? Cosa vede, uno studioso del lavoro, nel prossimo futuro?

"Credo che, appena superata questa crisi, sarà necessario mettere in discussione tutte le politiche perseguite in questi ultimi ventanni. Bisognerà occuparsi seriamente dei problemi dei lavoratori precari, dei giovani, che fanno tanta fatica a realizzare un normale progetto di vita. In Piemonte sono 100.000 i giovani tra i 15 e i 29 anni in queste condizioni. Le ragazze sono più del 60%.

È assurdo parlare di futuro senza occuparsi di chi, del futuro, dovrebbe essere motore e protagonista: i giovani!"

Redazione

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