Cultura e tempo libero - 15 agosto 2020, 07:30

Viviamo in un posto bellissimo dove regna da sempre la Barbera

Ennesimo invito a prendere coscienza dell’ampio valore della nostra produzione vinicola, attrattore turistico per il suo profondo e storico legame con il territorio

Costigliole d'Asti, tra i comuni più vitati del Piemonte

Costigliole d'Asti, tra i comuni più vitati del Piemonte

L’Astigiano è magnificamente ricco di storia e di vini. Anche di tantissimo altro, ma non prettamente strumentale a questo articolo.

I vini maggiormente apprezzati sul mercato e sulla tavola sono spesso quelli che possono raccontare antiche origini, quelli, come gli uomini  o i cavalli di razza, che possiedono una bella genealogia. Vini finiti sulle mense di principi e pontefici, ricchi di secoli e di gloria, tanto da mettere quasi in soggezione. Tra i tanti vini dell’Astigiano, quello principe è oggi, senza dubbio, la Barbera. La storia di questo vino affonda nella certezza che l’Astigiano, è ed era, fino dall’epoca Carolingia, patria del vino e il nostro vitigno già coltivato abbondantemente sin dal Medioevo.

In un succoso libretto, edito anni fa dalla locale Camera di Commercio, “I vini storici di Asti” di Aldo di Ricaldone, è assai interessante scoprire una primissima citazione di vigne nell’Astigiano datata 755, in un documento di cessione di vari beni e terreni da tal Teodenando a tal Giovione. Vigne sono menzionate in vari atti pubblici a Montiglio nell’884 e a Rinco nell’875, e poco dopo Calliano, Isola, Scurzolengo e Montabone.  Nell’ampia disanima documentale, si arriva al Mille, 1018 per l’esattezza, con racconti di coltivazioni, ben estese, anche a Montaldo e Portacomaro (al tempo Cortecomaro dal romano Curtis Comaria). La chiesa di Asti, poi, era grande latifondista, con vigne sparse un po’ ovunque: nel suo cartario storico  evidenzia quantità, ma anche tipologie tra cui Barbera. Nell’affittare i terreni pretendeva un terzo del vino prodotto, puro. Puro nel senso di non mischiato, non tagliato: prodromo imprescindibile alla nascita di una denominazione vinicola, oggi docg.

A partire dal X secolo la Barbera si nascose nelle infinite attestazioni di vinum negrum, riscontrabili in tanti documenti, fino al ‘500 con le prime evidenze anche del suo nome. Interessante notare quanto fosse grande l’attenzione verso questo prodotto, che doveva essere valorizzato, già ai tempi, cercando di contrastare i prodotti d’importazione a favore di quelli del territorio. Certo non avrebbero mai e poi mai organizzato un concorso enologico con vini da tutta Italia.

E così fino al XVII secolo, quando, grazie ed estensioni vitate e quantità di prodotto, si iniziò ad esportare. Decine, massimo centinaia di km, ma comunque sempre d’espansione di mercato trattavasi, di commercio, che oggi rappresenta una bella fetta dell’economia provinciale. Da allora le evoluzioni in vigna e nel bicchiere sono state tantissime, così come quelle di mercato e di consumo. Evoluzioni che hanno recentemente portato la Barbera a vivere un momento magico, pur avendo perso nell’immagine e nell’immaginario diversi legami con il suo territorio d’origine. O meglio, diciamo che il suo stesso momento magico si potrebbe ritrovare anche nell’Astigiano, invaso piacevolmente da frotte di appassionati turisti, se la promozione del prodotto avesse promosso e promuovesse anche il territorio. Speriamo succeda al più presto, seguendo esempi come Nizza è Barbera o il recentissimo Noi di Costigliole d’Asti.

Davide Palazzetti

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