Al Direttore - 18 settembre 2020, 14:38

Ricominciamo dal confronto sulle idee per tornare con passione alla Politica

Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni referendarie firmate da Carlo Cerrato, giornalista già responsabile della TGR regionale

Ricominciamo dal confronto sulle idee per tornare con passione alla Politica

Il mio sara' un No convinto al Referendum sulla legge costituzionale che riduce il numero dei parlamentari. Un no convinto, forse piu' per le ragioni addotte dai promotori della legge e per il modo di intervenire, che per la portata e la sostanza della riforma introdotta.

Dopo oltre un quarto di secolo in cui l'antipolitica e' stata fomentata e blandita da potentati economici che hanno fatto di tutto per confondere le idee e delegittimare le Istituzioni, attraverso mezzi di comunicazione e tecnologie sempre più potenti e subdole, il cosiddetto "popolo" viene chiamato a scegliere di confermare o meno una legge che riduce il numero dei propri delegati in nome di un cosiddetto "risparmio", che non intacca i cosiddetti "privilegi",ma priva certi territori ( compreso il nostro ) di rappresentanti a favore di altri, creando ulteriori squilibri.

Ridurre il numero dei componenti il Parlamento potrebbe avere un senso. Ma non con queste motivazioni e in assenza di una riforma organica delll'intero sistema e della legge elettorale, che garantisca liberta' di scelta e rappresentanza proporzionale. E non si paragonino, in nome di un presunto "risparmio" risibile per un Paese di oltre 60 milioni di abitanti, i nostri numeri con quelli di Paesi non paragonabili. Non si sommano le mele con le pere, ci dicevano a scuola: non ha senso paragonare,ad esempio, l'Italia con gli Usa,che sono una Federazione di 51 Stati ciascuno con i propri organi legislativi.

Oggi votiamo, senza poter scegliere, su liste bloccate decise dalle segreterie centrali senza ascoltare la voce dei territori, ovvero quella che un tempo si definiva "la base", che selezionava la propria classe dirigente e decideva chi doveva essere candidato al Parlamento, dopo avere dato prova di se a vari livelli.

Oggi si diventa ministro con sessanta click sul telefonino. Si chiama "Premier" il Presidente del Consiglio che Premier non e', perche' non e' previsto dalla Costituzione e non ne ha i poteri. Si chiamano"Governatori" i Presidenti delle Giunte regionali,che Governatori non sono, perche' non e' scritto da nessuna parte e in Italia non esistono.

La confusione regna, ad arte. Alimentata da una informazione che disinforma e fa il gioco di pochi in nome del "popolo". Poi dicono di volere tagliare il numero dei rappresentanti per risparmiare e battere la cosiddetta "casta", ma di fatto la rafforzano aumentando il potere di nomina e di controllo di poche persone che scelgono chi deve essere eletto, che poi risponde a loro e non a noi ( la Costituzione dice che il parlamentare risponde solo agli elettori).

Risultato: sterilizzazione definitiva del potere di scelta dell' elettore.Il mio voto di cittadino era stato pensato forte dai costituenti: suffragio universale, rappresentanza proporzionale, eletti senza vincolo di mandato, garanzie economiche ( remunerazione e garanzia di mantenimento del posto di lavoro) per gli eletti indipendentemente dal censo per rendere reale il principio di uguaglianza.

Tutto questo, a partire dai primi anni Novanta, e' stato spazzato via nei fatti e l'ultima meschina riforma oggetto di referendum, concepita dall'incontro sciagurato tra due populismi e avallata in extremis dopo vari voti contrari per ragioni tattiche dal Pd( tatticamente comprensibili,per carita') rischia di essere il colpo di grazia.

Per queste e altre ragioni che sarebbe troppo lungo elencare penso che sia importante votare in massa no, anche se illustri costituzionalisti che ho sempre apprezzato, come,ad esempio, i professori Zaccaria e De Siervo o politici che stimo come Enrico Letta,affermano il contrario. Penso che anche questo referendum sia una occasione importante di confronto e mi auguro che il dibattito sia il più ampio. Abbiamo bisogno urgente di tornare al confronto sulle idee, sui contenuti, sui progetti.

Abbiamo bisogno di uscire dal ghetto della tecnologia che ci schiavizza e di ritrovare la strada della Politica come ricerca se non del "bene" almeno dell' "interesse" comune, ripartendo dai valori e dalle idee per tradurli in decisioni atte a risolvere i problemi( vorrei che il consenso fosse calcolato sui risultati, non sulle dirette facebook).Il confronto politico non puo' essere ridotto ad una accozzaglia di slogan contrapposti o ad uno scambio di figurine di capi e capetti che sbraitano sul display del telefonino.

Ma la Politica ha bisogno di pensiero. E un giro se ne incontra troppo poco. Per questo dico NO. Poi se vince il Si, vorrà dire che la maggioranza la pensa in modo diverso. Ma domani e' un altro giorno. E bisognera' ricominciare. Ma per davvero.

Carlo Cerrato

Al direttore


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