Sono passati 50 anni. Tante cose sono cambiate da quel lontano 11 ottobre 1970. La società, il mondo dello sport, abitudini che sembravano consolidate, modi di fare e di vivere. Eppure, nonostante il tempo sia passato in un lampo, le memorie restano vivide. Non si può dimenticare che quel giorno il mondo dello sport, soprattutto astigiano, si trovò di fronte a un bivio. Una sola partita, per cambiare tutto. E sì, quel giorno qualcosa cambiò. Il nostro Aldo Cerot Marello fu Campione d'Italia, insieme a una squadra unica, tutta da scoprire.
Come nelle migliori storie, però, è meglio far parlare il protagonista.
Cerot, cosa successe in quell'11 ottobre di 50 anni fa?
Successe che la SVAB di Castell'Alfero vinse il Girone finale di tamburello sconfiggendo in casa loro lo squadrone del Salvi di San Massimo di Verona, imbattuto da anni. Nonostante le streghe e le profezie dei tanti tifosi, sopratutto del Nord-Italia ci dessero sconfitti, in quel caldo pomeriggio, nonostante l'autunno inoltrato, contro ogni pronostico, riuscimmo a contrastare gli avversari e vincere meritatamente quella partita che, a mio parere, cambiò il corso del tamburello.
E quella partita, i tifosi e le reazioni delle panchine?
Nonostante gli anni trascorsi, ricordo ancora bene l'andazzo della gara che ci vide in difficoltà per gran parte della sfida. Il loro campo - o meglio la loro aia - aveva una parte controsole che sfruttavano a loro piacimento ma Sandro Vigna, coach e Presidente, a metà gara permise di rovesciare l'andazzo della gara spostandomi a fondo campo e grazie alla mia velocità di spostamento riuscimmo a recuperare due giochi su tre, grazie alle mie rimesse al "salto" che bastarono per superare e poi vincere quando fummo noi in posizione favorevole.
Al fischio finale successe di tutto: gioia, pacche sulle spalle, gente che piangeva, tifosi che ballavano sul campo; insomma qualcosa di mai visto nel variegato mondo tamburellistico. Devo aggiungere che noi avevamo preparato bene la partita, perché fummo capaci di creare un'atmosfera positiva: partimmo al sabato sera, il Presidente ci condusse nel miglior albergo di Verona, dotato di ogni confort. Eravamo consci che quella dell'indomani sarebbe stata la "partita" della vita, da vincere ad ogni costo.
E poi il ritorno a casa...
Dopo la partita, naturalmente, scaricammo tutta lo "stress" accumulato durante la settimana in laute libagioni, che prima del ritorno ci aiutarono a entrare nella normalità. Ripartimmo per Castell'Alfero "all'ora beata" e giungemmo in paese a tarda notte dove sulla piazza si erano radunate centinaia di tifosi, molti venuti dai paesi vicini, per non perdere neppur un attimo dei festeggiamenti già tramandati alla storia. Il parroco don Gagliardi, deceduto pochi mesi fa, pur essendo da poco tempo in paese, si adeguò all'avvenimento e fece suonare le campane fino all'arrivo del pullman: saluti, applausi, strette di mano e pianti. In fondo eravamo nel mondo degli eroi e gli avvenimenti di quella notte andarono di molto fuori dalla realtà.
Chi erano i tuoi compagni d'avventura?
Ne parlo con gioia immensa, anche perché siamo ancora vivi, nonostante la differenza di età tra me e gli altri. Angelo Uva, di Gabiano, rimettitore principe, uomo di pochi falli e di sana arguzia popolare, Armando Pentore, battitore d'altri tempi, dove furia e forza pura si univano in un rapporto non facilmente identificabile, Mario Riva, veneto di Breonio, ma da anni "piemontese" scala FIAT: intelligenza pura, Luigi Casalone, mancino, ponderato, killer non appena la pallina arrivava dalle sue parti. E alla fine c'ero io, il più giovane di molti anni che Sandro Vigna volle al suo fianco per "armonizzare" l'orchestra (così di dice in termine Jazzistico), l' estro, la volontà e la capacità dei singoli ma sopratutto per dare la carica agonistica dall'alto dei miei 21 anni. Le riserve erano Raviola, già mancato da anni e Giuseppe Caldera, tuttora in vita. Non mi resta che citare Sandro Vigna, il nostro "tuttofare" del quale si dice in modo molto confidenziale "che lui sta già tornando quando gli altri partono". Ogni commento sarebbe inutile!
Cosa resta oggi di quell'avvenimento?
Penso che rimanga ancora molto di quell'impresa alla luce dell'impegno che il paese ha profuso per ricordare ancora oggi quell'avvenimento: purtroppo, il Covid, ci ha "consigliato" di soprassedere. Un vero peccato ma, come si dice, "contro la forza la ragion non vale". Si potrà ritentare fra due anni quando a Castell'Alfero, 1972, ritornerà un altro titolo Italiano. Da parte mia, da allora sono sempre stato "simpaticamente" adottato dai Salvi che ancora oggi, a distanza di anni, mi invitano ad un Memorial dedicato a Bertagnoli, detto il "Bomba" uno dei principali responsabili del rinnovato "Salvi" dopo un periodo di oscurantismo. E ho deciso di trasfomare in positivo un detto di quelli zone "Il fuoco brucia ma il Castell'Alfero non si consuma". Fiero di essere come sono!