Venerdì è stato il quinto anniversario degli Accordi di Parigi, così le piazze principali di città in tutto il mondo si sono illuminate con la scritta “Fight for 1 point 5”, combatti per un grado e mezzo.
Gli obiettivi degli accordi, però, non si stanno avvicinando, anzi: l’iniziativa vuole ricordare che non si è fatto abbastanza per raggiungere gli obiettivi posti dalla famosa Conferenza internazionale sul clima tenuta nel 2015 che avrebbe dovuto dare il via a un piano sistematico e portato avanti da tutte le nazioni. Nonostante infatti quello tenuto nella capitale francese sia stato uno dei più importanti trattati sul clima essendo vincolante ha avuto diversi limiti. In primis l’uscita degli Stati Uniti tanto caldeggiata dall’amministrazione Trump, che doveva molto all’appoggio economico delle grandi aziende petrolifere e resa definitiva il 4 novembre scorso. Ora il neo eletto presidente Biden, il cui elettorato è più attento alle questioni ambientali e climatiche, ha espresso la volontà di rientrare negli accordi.
Sui social la campagna continua con gli hasthag mandati in tendenza #Fight for 1 point 5 e #non fossilizziamoci, in Europa si sta chiedendo che i fondi del Next Generation Ue, in Italia noto come Recovery Fund, vadano nella transizione ecologica e che si fermino gli investimenti alle aziende che utilizzano combustibili fossili.
"In Italia si sta scrivendo un Recovery Plan pensando agli anni ‘20, ma del secolo scorso" dice Elisa, 16 anni, attivista di Fridays for Future Asti. Nel piano di finanziamenti europei all’Italia sono destinati 209 miliardi. Secondo il piano del governo 12 miliardi saranno destinati all’Eni, l’azienda più inquinante d’Italia, per lo stoccaggio di idrogeno blu da fonti fossili. Nonostante infatti le pubblicità che dipingono Eni come l’ambientalista che abbraccia gli alberi, l’azienda destina solo circa il due per cento degli investimenti alle fonti rinnovabili.
In piazza le generazioni future chiedono di essere ascoltate perché saranno loro a pagare sulla propria pelle decennio di consumo scriteriato di combustibili fossili. Continuare a promuovere un’economia e una produzione basata sui combustibili fossili senza considerare le emissioni di Co2 significa condannare i propri figli.
Lumini accese davanti al grande albero di Natale illuminano piazza San Secondo, ma non sono l’ennesima decorazione natalizia.
I lumini formano una scritta “1,5°”, l’aumento di temperatura media globale entro cui dovremmo restare per non arrivare a un punto di non ritorno della crisi climatica. È quasi Natale. Le città sono appena inizia la sera si illuminano di luci colorate.
Decorazioni e festoni addobbano le strade e i negozi mentre è stato dato il via libera per gli acquisti natalizi: il Piemonte è zona gialla. Eppure proprio i più giovani non riescono a godersi questa atmosfera festiva. Vorremmo avere come preoccupazione i regali di Natale e il numero di parenti che si possono invitare o no al pranzo, emozionarci per la neve che è sempre più raro vedere scendere. Ma non possiamo, perché abbiamo il peso di una serie di crisi pandemica, economica, climatica, che non ci fanno vedere futuro e la consapevolezza che quella neve che rende così affascinante il paesaggio astigiano tra vent’anni non la rivedremo più.