Economia e lavoro - 05 gennaio 2021, 17:02

I saldi sono un’opportunità, ma sono partiti con troppe incertezze e confusione

Lo sostiene Claudio Bruno, direttore di Confocommercio Asti, a pochi giorni dalla partenza dei saldi nella nostra Regione

Vetrina saldi

I saldi invernali 2021 sono partiti a singhiozzo nelle varie Regioni d’Italia, dove la confusione creata dalle date ed i colori che continuano a cambiare “di giorno in giorno” in base ai provvedimenti emanati dal Governo.

Secondo gli ultimi dati pubblicati dall’ufficio studi di Confcommercio la stagione dei saldi 2021 segnerà un calo del giro d’affari complessivo che passerà dai 5 miliardi del 2020 ai 4 miliardi di quest’anno ed inevitabilmente diminuirà anche il numero delle famiglie che acquisteranno circa 15,7 milioni con una spesa media che sarà di soli 111,00 euro e senza ombra di dubbio segnerà, il 2020,come il più “buio” degli ultimi 50’ anni.

Questi numeri, su scala nazionale, secondo il direttore della Confcommercio di Asti Claudio Bruno devono farci riflettere sulle conseguenze negative per le nostre imprese, che sempre secondo le stime dell’ufficio studi, ne cancellerà 300mila a fronte di 85 mila aperture con un calo, quindi, del 25% a livello nazionale, Piemonte compreso.

Per quanto riguarda Asti, vogliamo pensare con ottimismo - afferma Bruno – auspicando che il dato possa essere diverso e compareremo le rilevazioni che abbiamo fatto a novembre del 2019 (dati e studio fonte Confcommercio Asti – Università di Milano – CISE) con quelle del novembre 2020, ma e per, una maggiore attendibilità con i dati di febbraio/marzo 2021, per capire in quale modo ci si potrà e dovrà organizzare per una “resilienza” che tenga conto di tutti i cambiamenti che si sono generati (covid e vaccino permettendo)”.

Claudio Bruno sottolinea poi: ”I saldi restano quindi una opportunità, ma l’iniezione di liquidità è minima! Insistiamo nel dire che senza contributi a fondo perduto non si riusciranno a ripianare le perdite, che i “ristori” non sono sufficienti, ma soprattutto che non è giusto ne economicamente e politicamente corretto, far pagare il prezzo più alto alla piccola e media impresa, arricchendo le grandi catene del web”.

La “piccola e media impresa” è uno degli “attori” principali del nostro panorama economico sociale - continua Bruno - ci ha ripetutamente dimostrato disponibilità e adattamento nel rispetto delle regole e della vita umana e che pensa non possano più essere “accettabili” certi provvedimenti, perché non aiutano a ricreare quel necessario clima di fiducia e di serenità, ma al contrario rischiano di far venire meno la speranza. Molte cose sono cambiate, ma guardare al passato per non ripetere certi errori lo si può e lo si deve fare, cominciando magari ad avere un atteggiamento diverso nei confronti di quelle imprese che sono chiuse da 8 mesi , quelle che operano nel settore turistico alberghiero e della ristorazione e che sono fortemente collegate all’indotto commerciale”.

Redazione

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