Nell’ultimo anno i danni provocati da fauna selvatica, in particolare cinghiali e caprioli, sono aumentato a livello esponenziale. E’ quando denuncia “Asti Agricoltura”, sottolineando come le chiusure e limitazioni degli spostamenti abbiano favorito la proliferazione di questi animali, che rappresentano non soltanto un problema per le culture agricole, ma anche per la viabilità su strada, che negli ultimi anni è stata teatro di parecchi incidenti, talvolta anche mortali.
A questa situazione ha contribuito anche la sospensione dell’attività venatoria, compreso il contenimento. Mancanza cui ha parzialmente ovviato la Provincia di Asti organizzando oltre 1.000 battute di caccia specifiche, che hanno portato all’abbattimento di 1.431 cinghiali nel 2020 e di altri 297 nei primi mesi dell’anno corrente.
Un impegno che Gabriele Baldi, presidente di “Asti Agricoltura”, ha voluto elogiare: “Ringraziamo e ci complimentiamo con la Provincia per i risultati raggiunti e per altre iniziative atte a fronteggiare questo flagello, come ad esempio le gabbie per la cattura dei cinghiali di recente sperimentazione anche sul nostro territorio. Adesso non bisogna abbassare la guardia, ma anzi proseguire con quest'opera di abbattimento in modo ancora più massiccio e incisivo per riuscire a contenere questo problema e salvaguardare il nostro territorio”.
“Siamo di fronte a una vera e propria emergenza che richiede la collaborazione di tutti gli attori locali in modo tale da dare una risposta immediata sia al comparto agricolo che a tutta la collettività – ha aggiunto il direttore di Asti Agricoltura Mariagrazia Baravalle – Chiediamo adeguati indennizzi per i danni diretti e indiretti che subiscono le aziende agricole e auspichiamo una semplificazione delle procedure per la valutazione dei danni e del conseguente tempestivo ristoro”.
Filiera della carne di cinghiale
Nell'ottica di un eventuale coinvolgimento diretto dell’agricoltore, nei giorni scorsi si è parlato anche di filiera della carne di cinghiale. Durante un incontro in videoconferenza ci si è soffermati sulla necessità di coinvolgere anche macellai, agriturismi e ristoranti, tramite una promozione mirata prendendo spunto da altri progetti già preesistenti in Italia. Allo stato attuale permangono però ancora diversi ostacoli legati in parte alla difficoltà di fare rientrare l’attività di macellazione e vendita di carne di fauna selvatica nell'ambito di un'attività agricola o connessa e, dall'altra, all'assenza ad oggi di una filiera che sia in grado soprattutto di acquistare e/o utilizzare il prodotto.
“E’ evidente come siamo favorevoli ad ogni iniziativa che possa ridurre la pressione dei capi sul territorio portando nel contempo benefici agli agricoltori che, loro malgrado, sono coloro che 'sfamano' i cinghiali dal momento che questi ultimi si cibano del prodotto seminato dagli agricoltori medesimi”, ha affermato il presidente Baldi.
Referendum sulla caccia
Posizione molto critica, invece, in merito all'apertura da parte della Corte di Cassazione verso un eventuale iter che porterebbe alla promulgazione di un referendum abrogativo della legge sulla caccia (157/1992).
“Se malauguratamente venisse abrogata la legge, si creerebbe un preoccupante vuoto normativo – ha sostenuto il direttore Baravalle –. Le imprese agricole sarebbero invase da una fauna selvatica completamente fuori controllo, con una crescita di rischi anche per i cittadini. E' necessario mettere da parte una mentalità ambientalistica troppo radicale e poco ragionata e rimettere al centro l'interazione tra natura ed economia, valorizzando contemporaneamente la biodiversità e le attività produttive locali che coesistono da sempre”.