Cultura e tempo libero - 08 maggio 2021, 07:30

Viviamo in un posto bellissimo da quando si batteva moneta

Puntata dedicata al cogliere storia e ratio di tanti luoghi sparsi per l’Astigiano, oggi d’arte e d’emozione, sorti col favore economico del poter battere moneta

Grosso tornese, una delle antiche monete della Zecca di Asti

Grosso tornese, una delle antiche monete della Zecca di Asti

 

Tutti conosciamo l’incredibile crescita di Asti nel periodo medioevale. Periodo ricchissimo di testimonianze in città e nell’ampio territorio al tempo sotto controllo comunale, l’Astesana.

Testimonianze odierne tipo palazzi, torri, caseforti e castelli sorsero grazie al nuovo benessere, frutto non solo delle grandi capacità commerciali degli astigiani, ma anche dal poter battere moneta.

Per avere uno strumento di scambio stabile, Asti chiese ed ottenne dall'imperatore Corrado II, nel 1141, il diritto di battere una propria moneta, secondi, di pochi anni, solo a Genova. Diritto di produrre moneta, ad honorem et decorum civitatis et usum civium: ad onore e dignità della città e ad uso dei cittadini.

Bello, no? Il documento attestante la nascita della Zecca di Asti è riportato nel Codex Astensis, capolavoro custodito all’Archivio Storico Comunale, così come altri antichi documenti attestanti pagamenti con libras bonorum astensis, a conferma che la Zecca astigiana aveva cominciato subito a produrre; quello più datato è del maggio 1143 relativo all'acquisto di un gerbido a Quarto da parte della Chiesa di Asti, pagato otto lire e dodici soldi in moneta astense.

La Zecca di Asti continuò ad operare, con dovuti alti e bassi da cambio di reggenti, occupatori o regnanti, fino al 1590, anno in cui fu chiusa definitivamente per volere di Carlo Emanuele I di Savoia.

Anche in provincia spuntarono della Zecche, minori: Cisterna, Frinco, Incisa, Montafia, Passerano e Rocca d'Arazzo. Le loro sedi erano di solito all'interno del castello signorile. Non sempre erano a posto del tutto con le autorizzazioni; tipo Incisa che era verosimilmente una zecca completamente illegale. Per quanto riguarda Montafia e Rocca d'Arazzo, e per quanto ne sappiamo da documentazione ufficiale, il diritto di battere moneta non venne mai attuato.

Assai interessante è la storia della piccola Zecca di Frinco, gestita dai fratelli Mazzetti a fronte della concessione imperiale di battere moneta, dal 1487; dopo meno di un secolo fermati però dal Duca di Savoia per commercio e traffico di monete false. Fermati di brutto per l’attività di falsari anche da Venezia, con tanto di condanna a morte per decapitazione. L' Archivio Storico di Asti, sempre lui, conserva una Givstificatione del Sig.Giulio Cesare di Frinco al Sereniss. Senato Veneto, dove i Mazzetti cercano di negare l'evidenza e di dimostrare la propria innocenza.

Poco più a nord, a Passerano, ecco i conti Radicati che invece festeggiano, in una gioiosa notte del 1526, l’aver ottenuto dall'Imperatore Carlo V, in una botta sola, l’autonomia nella loro contea e il privilegio di battere moneta, in oro e argento. La Zecca di Passerano è l’unico edificio ancora esistente, alla sinistra della porta d’ingresso del recinto del castello. Uno dei suoi primi maestri di Zecca fu tal Tommaso Roglia, di Torino, e le lettere "T R" appaiono su diverse monete uscite da lì. Pochi anni e anche loro si fecero prendere dal gioco e iniziarono a sfornare in bassa lega monete delle grandi zecche lombarde, venete, svizzere, tedesche e francesi. Giochino interrotto nel 1598, dal duca di Savoia, per il perdurare dei conii contraffatti. Storia e storie che potrebbero essere più che utili ad attrarre visitatori e turisti: qualche cartello e un percorso tra le bellezze di capoluogo e territorio, da raccontare con un filone nuovo, ad alta differenziazione.

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