L’annuale appuntamento del colle dei Caffi in memoria dei 300 partigiani caduti tra le Valli Belbo e Bormida durante la guerra di Liberazione si è concluso con un “Bella ciao” cantato in coro sull’onda della voce solista di Alessia Porani accompagnata dalla chitarra di Luca Carillo.
Organizzata dal Comune di Cassinasco in collaborazione con l’Anpi di Asti e di Canelli, la cerimonia ha visto la presenza dei sindaci degli altri tre Comuni che si alternano nella cura dell’evento (per Canelli Paolo Lanzavecchia, per Loazzolo Claudia Demaria e per Bubbio il vicesindaco Fabrizio Bottero) e di altri numerosi centri della zona. La Provincia di Asti, medaglia d’oro della Resistenza, era rappresentata dall’assessore Angelica Corino e folta è stata la presenza di associazioni e di delegazioni dell’Anpi, tra cui quelle di Alessandria, Acqui Terme, Costigliole e Valle Bormida.
Nel suo saluto di apertura, il presidente provinciale di Anpi Paolo Monticone ha ricordato, tra l’altro, le figure di Giancarlo Scarrone e Pierino Testore, due personaggi che hanno fortemente contribuito alla realizzazione del Sacrario dei Caffi. La cerimonia è poi proseguita con un appassionato intervento di Angelica Corino ed il saluto, altrettanto sentito, del sindaco di Cassinasco, Sergio Primosig.
Subito dopo, la significativa novità di questa edizione: Marcello Manzo ha letto la testimonianza del canellese Franco Aliberti, raccolta a suo tempo da Gianna Menabreaz, che ricorda il sacrificio e la “resistenza” dei tanti deportati e internati nei campi di sterminio e di lavoro nazisti del sud astigiano.
Dino Scanavino, già sindaco di Calamandrana ed oggi presidente nazionale della Confederazione italiana agricoltori, ha tenuto infine con l’abituale lucidità e determinazione, l’orazione ufficiale, affrontando il tema del contributo delle campagne astigiane alla Resistenza, e soffermandosi in modo particolare sulla “nuova resistenza” che presenta chiari segni di continuità, eccezion fatta per l’uso delle armi, con quella partigiana di 76 anni fa: quella degli agricoltori che, restando “sulla terra”, continuano, tra mille difficoltà tra cui anche quella di una palese marginalità strutturale e tecnologica, a lavorare per assicurare, oltre ovviamente al proprio sostentamento, cibo sano, tutela dell’ambiente e sicurezza idrogeologica del territorio.