L'uomo libero a nessuna cosa pensa meno che alla morte; e la sua sapienza è una meditazione non della morte, ma della vita
Spinoza, Etica IV, proposizione 67
La difficoltà risiede nelle cose elementari. Sono le cose più semplici, meno roboanti ed eclatanti, ma quotidiane e costanti a fare la differenza. Questo sembra dirci il filosofo olandese Baruch Spinoza, vissuto nel corso del XVII secolo. Secolo di svolta, sotto differenti punti di vista: dalla rivoluzione scientifica delle scoperte galileiane alla codificazione di un metodo come operazione filosofica primaria con Cartesio; dal dramma delle guerre di religione ai primi vagiti, alla fine del secolo, di quello che sarà il XVIII secolo illuminista; dal razionalismo concettuale al ribollire politico dei regni europei… E costante, in questa intemperie culturale, tra una perdita di orizzonte e la scoperta di un nuovo terreno saldo su cui poggiare i piedi, la domanda più antica, connaturata probabilmente con l'esperienza stessa dell'essere vivente: dove risiede la nostra felicità?
Questione che ha tratto il giovane Spinoza a sposare la vita filosofica e a dedicarvisi integralmente. Che cos'è la felicità? Esiste un bene supremo, un Bene con la B maiuscola, qualcosa che sia immutabile e permanente? Come posso io, piccolo uomo piombato in questa vita a coglierlo, a contemplarlo, ad abbeverarmene?
Felicità, Bene supremo, il permanente: concetti piuttosto astratti. Tuttavia Spinoza ha saputo coglierne la concretezza e l'urgenza che contraddistingue questi concetti. Non voglio qui presentare uno Spinoza protoesistenzialista - l'esistenzialismo è una corrente filosofica che tra fine '800 e inizio '900 ha cercato di interrogare l'esistenza dell'essere umano a partire dall'esistenza stessa, con diramazioni che abbracciano la filosofia, letteratura, il teatro - ma uno Spinoza concreto, elementare: come posso io essere felice? Devo divenire saggio. E come posso essere saggio? Divenendo libero. E come posso esercitare la mia libertà? Vivendo. Saggezza, libertà, vita sono i tre risvolti concreti, tangibili delle tre domande astratte e concettuali prima evocate.
Come posso allora connettere l'astratto con il concreto, come posso rendere carne e sangue le altezze concettuali? Questo è opera della ragione che collega le altezze vertiginose del concetto con la forza dirompente della terra. L'uomo è terra e cielo: se vuole aumentare la propria potenza - che in Spinoza è ciò che esprime l'essenza di ognuno di noi - allora non può che riporre la propria attenzione su ciò che unisce terra e cielo, ovvero la ragione, e dunque la vita.
QUI un video esplicativo.