Titolo: Fate presto: uscite dai social
Sommario: La tecnologia è sempre benedetta, diverso è farsi merce. È tempo di salvarsi e tornare padroni di noi stessi
Titolo e sommario sono del pezzo a firma Concita De Gregorio pubblicato su "La Stampa" di giovedì scorso. Pezzo dove si racconta una scelta personale e una altrettanto personale visione dei media social, di oggi e di domani. Sabba infernale con la trappola della reputazione e della popolarità, alternative a identità e autorevolezza.
Dal titolo, dal sommario e da alcune frasi ad effetto del testo arriva un forte profumo di crociata. Giusta? Sbagliata? Non sono certo io a poter rispondere, sarei troppo di parte, ma da tempo lo fanno fior fiore di esperti, psichiatri, educatori dell’infanzia e dell’adolescenza che allertano sui rischi dei social network quando usati malamente. E l’essere di parte mi porta a sottolineare il quando usati malamente.
Rischi non da poco, tra l’altro, ma per i più giovani. Non per noi boomer o giù di lì che stiamo negli anni trasformando i contenuti perlomeno del principale tra i social media: Facebook. Era nato per ritrovare amici di scuola ed era cresciuto nel rito di pochi di farsi vedere, di far crescere la popolarità con racconti non sempre forieri d’autorevolezza e comunque raramente utili se non a loro.
La tendenza di diventare una agorà, disordinata e rumorosa finché volete, ma aperta a tutti e di premiare contenuti informativi e formativi ha scombinato le carte. Capisco bene quegli opinionisti che ieri o oggi hanno detto ciaone ai social, anche se il loro contributo di contenuti sarebbe importante. Contributo che, ahimè, non porta reddito, ma ugualmente molto importante.
Tornando invece a giovani e giovanissimi, il problema c’è, ma è slegato dal valore dei contenuti, visto il loro uso predominante di relazione sociale, anche tramite chat. Un’ansia sociale con tanto di denominazione fobica: FOMO, acronimo per l'espressione inglese fear of missing out, la paura di essere tagliati fuori.
Ansia caratterizzata dal desiderio di rimanere continuamente in contatto con le attività che fanno gli altri e dalla paura di essere esclusi da eventi, esperienze, o contesti sociali gratificanti. Sempre connessi e reperibili, assillati dalla voglia, che può diventare ossessiva, di essere aggiornati. I numeri dalle nostre parti sono probabilmente accettabili o non sono stati ancora studiati approfonditamente, ma in Asia la maggioranza dei giovani ha segnalato di essersi sentita a disagio percepito il rischio di perdersi quanto stavano facendo amici e conoscenti.
La tecnologia ha collegato tra loro molti più adolescenti, contribuendo all’esigenza di socializzazione, mettendogli davanti un’edicola e una libreria dalle potenzialità indifferenti, ma senza una minima evoluzione storica. Tutto di botto. Senza un libretto di istruzioni che, da casa alla scuola, li istruisse ad un uso corretto e costruttivo.
Al netto di qualche abusante, sono certo che ci arriveranno da soli. Così come sono certo dell’importanza e del ruolo anche di opinionisti e influencer nel supportarli ad arrivarci prima. Nel supportarli con l’antitesi di FOMO, JOMO: joy of missing out, la gioia di perdersi qualcosa. Chiave educativa e culturale per contrastare il fenomeno, accettando la realtà per quello che è, nel vivere e godere del quotidiano senza l’ossessione di essere sempre sul pezzo, senza demonizzare niente, né starci alla larga, ma convivendoci in modo saggio ed equilibrato.