La filosofia e le sue voci - 21 gennaio 2023, 09:00

Il pericolo del dogmatismo

Nuovo appuntamento con le riflessioni di Simone Vaccaro, per la rubrica "La filosofia e le sue voci"

Immagine elaborata da Arena Philosophika

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La cosa più insopportabile sarebbe un Dio che fosse come l'uomo se lo augura

Elias Canetti, La provincia dell'uomo

Quando Dio, inteso filosoficamente come principio unico cui convergono tutti i vettori di una molteplicità sparsa per il mondo, viene descritto da una congerie di espressioni, di immagini e di concetti, sorge sempre un pericolo: il pericolo di una ricaduta nel dogmatismo. Dogmatismo è l'elevazione di teorie a formula magica, a formula che conferma se stessa, che si rafforza in se stessa e che non dice altro che se stessa. Il dogmatismo si presenta come forma perentoria, affermazione chiara e limpida, sottratta alle impurità di una vacillante umanità. 

Elias Canetti (1905-1994), da studioso attento alle dinamiche del potere, a come si manifesta e a quali esisti conduce, non ha potuto che scorgere una criticità di fondo, quasi ontologica, di ogni pensiero che vuole porsi come assoluto: esso perde il suo ruolo di sprone, di stimolo, di Denken nel senso kantiano del termine, ossia di quello slancio al di là e oltre il sapere, per divenire ordine, parola d'ordine inconfutabile cui dover conferire la massima fede. Fede come possesso di un potere di cui si partecipa riconoscendone la grandezza e la verità; fede in un contenuto determinato, in una definizione che ammortizza ogni indicatore stonato, ogni intenzione di interrogazione ulteriore. Una fede partitica, per partito preso: potere politico. 

Ancora maggiori le conseguenze quando è il principio primo ad essere messo in gioco, quando la domanda si articola direttamente su Dio. L'errore più grave, però, non consiste nel difendere la propria fede (anzi, solo tra combattenti autentici, solo tra coloro che condividono autentica fede ci può essere vero dialogo, rispettoso e amoroso proprio perché rispettoso e amoroso della differenze reciproche), ma nell'escludere la possibilità dei dibattimenti, della messa in questione, dell'interrogazione. Insopportabile per Canetti non sarebbe la presenza del Dio cui inginocchiarsi, ma la perfetta adeguazione tra il Dio e la nostra predicazione, tra Lui e ciò che diciamo di lui. Tutto si esaurirebbe in ciò che si è affermato, impedendo lo spazio di manovra: il potere si accartoccerebbe su se stesso, si piegherebbe all'indietro per poi esaurirsi. Mancherebbe della capacità di rinnovamento, essendo già completo in partenza. Mancherebbe di propulsione, regredendo inesorabilmente. Mancherebbe della vitalità della fede, della fede filosofica (Karl Jaspers).

Simone Vaccaro

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